Sulla restituzione | On Restitution

Africa e Mediterraneo n. 100 (1/24)

Sulla restituzione | On Restitution
di Lucrezia Cippitelli e Donatien Dibwe dia Mwembu

Questo numero ha raccolto idee e dibattiti sulla questione delle “restituzioni”. Diversi campi di sapere vengono attraversati per sollecitare un ripensamento che riguarda solo gli oggetti e la loro storia di provenienza e fa ripensare la genealogia delle istituzioni, delle classificazioni, del significato di opere e oggetti. Più radicalmente, dei dispositivi – come il Museo – costruiti a partire dall’età moderna, della forma mentis che li ha costruiti, della colonialità eurocentrica che li informa, oggi, e che è ancora presente in ogni atteggiamento sociale e politico riguardante la relazione tra Occidente e culture post-coloniali, tra cittadini bianchi e cittadini non bianchi. La questione cruciale al centro dei saggi qui raccolti è rispondere al desiderio delle comunità di origine africana di recuperare e riappropriarsi di ciò che è stato loro sottratto ieri.

Il tema della restituzione è infatti diventato di grande e recente attualità perché le istituzioni occidentali, in possesso di oggetti che non hanno provenienza chiara e che testimoniano una storia oggi difficile da salvaguardare, hanno mostrato un disagio e un bisogno di liberarsi della pesante eredità coloniale e affrancarsi dalla definizione di “ultimi baluardi del colonialismo”.

La ricerca della verità storica ha avviato progetti di ricerca e collaborazioni tra i ricercatori dei paesi diseredati e quelli dei paesi possessori, nonché negoziati tra Stati, ex capitali ed ex colonie. Ma le necessità delle istituzioni bianche dovrebbero essere messe in secondo piano e il dibattito dovrebbe finalmente privilegiare le necessità delle comunità derubate, a partire da una serie di studi che riabilitino (o finalmente raccontino secondo epistemologie non occidentali) il significato umano di quegli artefatti. In Occidente ci chiediamo come operare dal punto di vista legale e istituzionale. O privilegiamo l’aspetto storico: quali epistemologie e tensioni politiche hanno portato alla nascita del Museo coloniale? Alcune voci, che sono permeabili a pratiche accademiche aperte che vedono la ricerca artistica come spazio epistemologico non disciplinare da cui proporre modelli di complessificazione della storia, si rivolgono a una ricostruzione storica che faccia luce per esempio sulle collezioni private di oggetti arrivati in Europa a partire dal Rinascimento.

Cosa ci dicono queste storie spesso non affrontate sulla costruzione di un paradigma di inferiorizzazione degli africani, a partire dall’avvio, un secolo dopo, della Tratta Transatlantica? Se le relazioni culturali asimmetriche proprie del colonialismo hanno portato al saccheggio di oggetti culturali, come abbiamo costruito i dispositivi coloniali? In che modo essi agiscono ancora oggi? In che modo dobbiamo decostruire il nostro sguardo per denaturalizzarli e denaturalizzarne l’impatto sulle nostre società contemporanee? In che modo è possibile riparare?

Ma soprattutto: dovremmo ascoltare le prospettive delle comunità derubate. La colonizzazione ha inibito il patrimonio culturale africano, ha disconnesso le comunità di origine dalla comunione con i propri antenati, ha costretto le popolazioni colonizzate, private della loro cultura, ad aprirsi a valori culturali occidentali scarsamente assimilati, per riempire un vuoto. Il dibattito sulla restituzione, sulle ricostituzioni, sul riparare, attraverso la riappropriazione dei valori culturali, permette di ricollegare il passato precoloniale, consapevolmente sepolto e dimenticato, a un presente postcoloniale amputato. Cosa viene restituito? Qual è il valore degli oggetti culturali restituiti alle comunità di origine? Queste domande sono l’humus di un dibattito che dovrebbe essere speculare a quello delle società occidentali e interno al continente africano cosiddetto moderno, tra i membri delle comunità di origine, per creare uno spazio di dialogo e di sensibilizzazione sull’importanza dei valori culturali africani in generale e sul loro mantenimento e conservazione.

Ripristinare tutti i valori tradizionali distrutti sembra essere la risposta alle domande: “Qual è il futuro delle nostre lingue madri, soprattutto all’interno delle famiglie intellettuali? Come manteniamo i nostri cimiteri? Come conserviamo i nostri documenti d’archivio?” Queste mettono a nudo i nostri atteggiamenti nei confronti dei valori culturali del continente, contribuendo a valutare l’importanza e la legittimità degli oggetti culturali restituiti o da restituire e del rimpatrio di resti umani alle popolazioni africane.

Cover: Unknown author, Uhum welao 73.1997.14.1, Nigeria – Culture Edo, between XV century and XVI century, brass. Musée du Quai Branly. Photo by Sailko

Africa e Mediterraneo n. 100 (1/24); Lingua: Contiene articoli in italiano, inglese e francese; Codice ISSN: 1121-8495; Formato: 120 pp., 21×28 cm, brossura filo refe.

SOMMARIO ABSTRACT

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