28 maggio 2010
Rundle e il ritorno. La tigre ibrida della moda sudafricana
Presentazione dell’articolo “Rundle e il ritorno. La tigre ibrida della moda sudafricana”, pubblicato sul numero 69-70 di Africa e Mediterraneo a firma di Erica de Greef, Head of Research presso il LISOF di Johannesburg.
Nel processo di creazione dei “personaggi”, delle “identità”, raffigurate nelle passerelle sudafricane, si notano i segni di un lavoro complesso circa la ricostruzione della memoria e delle identità. Nella società del post-Apartheid, che ha sperimentato radicali trasformazioni e profonde esplorazioni del passato, come quella della Commissione per la verità e la conciliazione, la moda
porta con sé tratti del passato che il presente sta rinegoziando. Attraverso l’esplorazione del lavoro degli stilisti sudafricani, si possono analizzare i vari livelli di questa trasformazione.
Walter Benjamin ha ideato il concetto di “tigersprung”, il balzo di tigre, che si riferisce alle tracce del passato e alla loro relazione col presente.
In particolare, Benjamin definisce “tigersprung”, quegli strumenti (tracce) atti a produrre cambiamenti nella struttura delle esperienze della vita moderna, caratterizzata da balzi violenti, alienazione, dislocazione.
Nel caso del Sudafrica, il concetto di “tigersprung” è utilizzato per cercare nella moda quelle tracce storiche che rimandano al trauma della recente storia del Paese.
Clive Rundle, stilista sudafricano, usa la moda come “palinsesto”, inteso, in senso filologico, come una pagina scritta, cancellata e riscritta nuovamente. La sua collezione Estate 2009, presentata durante la Settimana della moda sudafricana a Johannesburg, confonde il passato col presente attraverso l’uso del bianco e nero e d’indumenti e oggetti che rimandano indietro nel tempo: calze (in bianco o nero), reggicalze (in nudo) e slip che si rifanno ai modelli del secolo scorso. La modernità prende così i toni seppia del ricordo.
Clive Rundle, tra gli stilisti sudafricani è forse quello il cui approccio evidenzia meglio la nozione di moda come strumento per la narrazione sociale e luogo della negoziazione del ricordo. Ma non è il solo. Molti artisti sudafricani si son dovuti confrontare col passato e rinegoziarlo, esplorando la storia materiale del Sudafrica come un archivio di memorie e ripresentando periodi noti in nuove forme.
A chi, come Pierre Nora, sostiene che quest’esplorazione del passato non sia ascrivibile al rango di “storia”, che per definizione è impersonale, ma a quella del ricordo, bisogna fare presente che gli stilisti sudafricani inseriscono queste tracce della memoria nel contesto storico più che nel ricordo personale dello shock.
È in questo senso la moda può farsi metafora della “Storia” della trasformazione del Sudafrica, proprio per la sua abilità nel rappresentarne la precarietà e l’instabilità.
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