Presentazione dell’articolo “Il vudù al cuore del processo di creazione e patrimonializzazione in Bénin” pubblicato sul numero 67 di Africa e Mediterraneo a firma di Dominique Juhé Beaulaton, storico che da molti anni lavora sulla storia delle relazioni socio-ambientali in Africa dell’ovest (Togo- Bénin).
Nel sud del Bénin, la produzione artistica contemporanea investe i luoghi di culto vudù e i palazzi dei capi, essendo ereditaria dell’arte di corte dei regni tradizionali del Dahomey, Porto Novo, Ouidah, Allada, conosciuti dagli europei giunti sulla costa del golfo di Guinea.
Ogni corte reale aveva i suoi artisti-artigiani e il potere politico era legato ai poteri religiosi che si manifestavano negli antenati e nelle divinità.
Questi artigiani specializzati costruivano i palazzi e li decoravano ispirandosi ai simboli propri di ciascun re e alle gesta compiute dai guerrieri che si sono succeduti nel corso di questi regni. Allo stesso modo, ogni divinità poteva essere rappresentata attraverso una produzione simbolica iconografica, musicale o materiale concorrente alla sua identificazione e alla sua influenza.
Oggi, artigiani locali e artisti di fama mondiale contribuiscono alla rivalutazione culturale di questi luoghi sempre più frequentati dai turisti e al riconoscimento del loro valore patrimoniale da parte dello Stato, quindi dell’UNESCO.
In Bénin si sta verificando uno spostamento nella rappresentazione delle divinità vudù dagli elementi naturali (essenzialmente alberi e formazioni vegetali) al patrimonio edificato e decorato, sempre più monumentale.
Questo trasferimento si inscrive in un contesto caratterizzato da una forte pressione demografica sull’ambiente, che comporta l’abbattimento degli alberi e il dissodamento di oasi forestali, generalmente sacre, per soddisfare il crescente bisogno di legna da ardere e terre coltivabili.
Dopo la trasformazione democratica degli anni ’90, la rivalorizzazione delle religioni tradizionali e del vudù in particolare, ha reso possibile la rivalutazione di numerosi luoghi di culto la cui riattivazione ha favorito lo sviluppo architetturale e artistico, fenomeno particolarmente visibile nella foresta sacra di Ouidah.
Questo processo di costruzione patrimoniale, che integra produzioni artistiche contemporanee, risponde meglio ai criteri di patrimonio culturale occidentale, e le creazioni che ne derivano sono sempre più valorizzate a fini di sviluppo economico, in particolare attraverso il turismo.
Tutte queste trasformazioni sociali si verificano tanto negli ambienti urbani che in quelli rurali, in un contesto politico che vede i poteri tradizionali nuovamente riconosciuti dallo Stato come intermediari con la popolazione.
La “museificazione” dei luoghi di culto, secondo gradi diversi, accompagna questo processo di patrimonializzazione favorendo la ricostruzione di palazzi e santuari, il riconoscimento dei capi “tradizionali” politici e religiosi e, appunto, l’emergere di un patrimonio nazionale, all’interno del quale i siti sacri del vudù occupano un posto di fondamentale valore identitario.
[Foto | Porto-Novo, pittura murale nel tempio di Kissi Holou. Di Juhé Beaulaton]