04 agosto 2009

Globalizzazione e culture della salute. Corpi migranti e società plurale

africa-medicinaPresentazione dell’articolo “Globalizzazione e culture della salute. Corpi migranti e società plurale” a firma di Stefano Allievi, pubblicato sul numero 64 di Africa e Mediterraneo.

La de-territorializzazione e ri-territorializzazione di culture lontane, favorita dai fenomeni di globalizzazione e migratori, ha prodotto in Occidente, fra l’altro, una riapertura a forme e credenze “tradizionali”, che vanno ad affiancarsi al sapere medico “ufficiale”.

Le migrazioni, da un lato, hanno reso disponibili, in Occidente, saperi, mentalità e visioni del mondo “altre” e dall’altro hanno favorito il radicamento di “saperi condivisi”, ossia conoscenze e pratiche socio-culturali diffuse e condivise all’interno delle comunità immigrate. L’articolo mostra che il pluralismo o sincretismo culturale si manifesta in modo preponderante soprattutto lì dove sono in gioco gli elementi fondamentali del benessere: il sapere sul corpo e il richiamo ai valori ultimi che esso comporta.

In medicina, l’affiancarsi di forme alternative al sapere ufficiale ha modificato le idee tradizionali di salute, corpo, malattia, guarigione e morte.

Il processo di pluralizzazione culturale si nutre di un duplice movimento di innesto, dall’esterno, della cultura “altra” e di gemmazione, interna, di quella nella cultura autoctona. Incrociati, questi due cambiamenti producono un cambiamento ulteriore il cui schema ideal-tipico, nel campo della salute, potrebbe essere così descritto:

il malato straniero pone il suo diverso modo di intendere il corpo dinanzi al medico autoctono che riflette sulla diversità e arriva a una nuova concettualizzazione, includente elementi eteroctoni. Questa può tradursi in una riflessione collettiva con colleghi e giungere fino all’ elaborazione di un nuovo paradigma interpretativo, di rottura o di mediazione rispetto a quello della scienza ufficiale.

E’ evidente come la salute sia il campo di “negoziazione” (concetto che non esclude il conflitto) tra visioni diverse. I processi di “negoziazione culturale” non solo sfumano i confini tra le discipline ma rendono ambigua la stessa nozione di confine culturale. Confine è cum finis: ciò che separa diventa, al contempo, ciò che condividiamo con l’altro; dove c’è un confine c’è anche chi lo transita.

Ora, con le nuove generazioni che non sono più immigrate ma prime generazioni di neo-autoctoni, si aprono nuovi interrogativi sulle trasformazioni culturali relative alle concezioni del corpo, della salute e della medicina. E’ sempre più facile trovare disponibilità nei confronti di forme di mescolanza culturale e gli stessi autoctoni stanno cambiando il modo di interagire con la pluralità culturale, pluralità che sempre più diventa condizione normale.

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