I membri della società civile sollevano importanti criticità nella tutela dei diritti fondamentali dei soggetti migranti minori e vulnerabili
Di Eleonora Ghizzi Gola
Sullo sfondo di una fase cruciale nell’implementazione del Sistema Comune di Asilo (CEAS) a seguito dell’adozione nel giugno del 2024 da parte della Commissione Europea del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, si è svolta il 14 e 15 ottobre 2024 a Malta la Terza Plenaria del Consultative Forum dell’EUAA, l’Agenzia per l’Asilo dell’Unione Europea.
L’EUAA assume un ruolo rilevante nell’implementazione del nuovo pacchetto di riforme legislative, avendo un mandato specifico di supporto della Commissione Europea nonché direttamente degli Stati Membri nell’elaborazione dei piani di attuazione nazionali. A cadenza annuale, EUAA è tenuta altresì ad elaborare il piano di attività del Consultative Forum, un organismo consultivo composto attualmente da 118 organizzazioni della società civile con comprovata esperienza nel settore del diritto d’asilo e dell’accoglienza, operanti a livello locale, regionale, nazionale o sovranazionale. Lai-momo è membro attivo del Consultative Forum e dello specifico Gruppo di Consultazione tematico sulle persone in una situazione di vulnerabilità, che conta ad oggi 62 membri.
I lavori della plenaria sono stati aperti dalla Dott.ssa Ana Ciuban dell’Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali – AMMI, attuale Presidente del Consultative Forum, che ha descritto le attività svolte nel corso dell’anno 2024, riportando un resoconto del proprio primo mandato di attività. Le organizzazioni della società civile sono state coinvolte in specifiche consultazioni in riferimento a documenti prodotti dall’agenzia, sono state invitate a partecipare a sessioni informative e incontri tematici previsti dal piano annuale di attività, nel rispetto del mandato di EUAA di mantenere un canale di stretto dialogo con gli enti maggiormente rappresentativi della società civile nell’ottica dello scambio di informazioni e condivisione delle specifiche competenze di cui sono portatori in materia di diritto d’asilo e accoglienza.
Nella prima sessione della plenaria sono intervenuti i referenti delle diverse unità che compongono l’Agenzia, fornendo un aggiornamento rispetto alla situazione dell’asilo in Unione Europea ed illustrando le attuali attività e azioni implementate dall’EUAA. L’Operational Support Centre dell’Agenzia ha lo scopo di supportare operativamente gli Stati Membri affinché il sistema nazionale di asilo e di accoglienza sia conforme alla normativa europea. Attualmente EUAA ha dislocato circa 1,300 unità di personale in 160 sedi all’interno di quegli 11 Stati Membri individuati come maggiormente bisognosi di supporto, tra cui rientra l’Italia. Sono state altresì presentate le più recenti pubblicazioni in materia di Country of Origin Information (COI) e l’Asylum Report 2024, prima di condividere le incrementate attività dell’agenzia nell’attuale e complessa fase preparatoria all’entrata in vigore del nuovo Sistema Comune Europeo per la gestione della migrazione e l’asilo, che avverrà nel giugno del 2026, a distanza di due anni dall’adozione del piano di attuazione comune varato dalla Commissione Europea.
Un affondo specifico è stato effettuato dal Fundamental Rights Officer (FRO), garante della conformità delle azioni dell’Agenzia con i diritti fondamentali delle persone. Figura istituita nel maggio del 2023 e che è tenuta ad operare in stretto raccordo con il Consultative Forum, i cui membri sono chiamati ad essere consultati nella preparazione, adozione e implementazione del piano strategico di EUAA in materia di diritti fondamentali, così come nella revisione del codice di condotta applicabile agli esperti EUAA facenti parte dei team di supporto del diritto d’asilo.
La seconda giornata, in cui si è svolto l’incontro che ha visto coinvolto un gruppo ristretto di membri del Consultative Forum in relazione alle persone in situazioni di vulnerabilità, è stata introdotta da una presentazione a cura della Commissione Europea focalizzata sull’impatto del Regolamento Screening, uno degli strumenti legislativi adottati nell’ambito del Patto Europeo sulla Migrazione e l’Asilo, sui soggetti vulnerabili. Nonostante sia stato sottolineato dalla Commissione Europea come siano previste garanzie procedurali e sostanziali in tutela dei soggetti vulnerabili, la discussione con i membri del Consultative Forum ha sollevato importanti criticità in termini di tutela dei diritti fondamentali dei soggetti migranti, in particolare dei minori stranieri non accompagnati e delle persone portatrici di quelle vulnerabilità più “nascoste”, quali le vittime della tratta degli esseri umani, a causa del ristretto termine previsto dalla normativa per l’individuazione delle condizioni di vulnerabilità. Inoltre, si teme una compressione dei diritti dei/lle cittadini/e dei Paesi Terzi nell’esercizio del diritto di presentare domanda di asilo e del rispetto del principio di non-refoulement.
I lavori si sono conclusi con la votazione del piano dei lavori del Consultative Forum per l’anno 2025, le cui specifiche tematiche saranno definite nel corso delle prossime consultazioni.
Parole chiave : asilo, EUAA, Immigrazione, politiche europee, Rifugiati
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21 gennaio 2021
Uganda e la sfida della democrazia
Il regime di Museveni in Uganda corrompe e tortura chiunque cerchi di ostacolarlo. Nel 2017 la parlamentare Betty Nambooze, che aveva cercato di bloccare una proposta di legge che avrebbe permesso a Museveni di governare a vita, fu portata dalle forze speciali in una stanza senza telecamera. Ne uscì con due vertebre rotte. Nel 2018 il cantante ugandese Bobi Wine, dopo la sua elezione in parlamento, fu arrestato insieme ad altri suoi colleghi con l’accusa di aver lanciato pietre durante un comizio del presidente. Uscirono dal carcere che dovevano appoggiarsi alle stampelle per camminare. Lo scorso autunno, in piena emergenza sanitaria causata dalla pandemia, 16 persone sono state uccise e altre 65 sono state ferite durante due giorni di violente manifestazioni di protesta in seguito all’ennesimo arresto di Bobi Wine, candidato dell’opposizione per le presidenziali.
Yoweri Museveni, 76 anni, è l’uomo forte dell’Uganda dal 1986. Quest’anno ha vinto il suo sesto mandato nonostante le accuse di irregolarità durante la campagna elettorale del 14 gennaio 2021, ottenendo il 59% dei voti contro Bobi Wine, che ha ottenuto il 35%. Museveni è anche uno dei più stretti collaboratori africani degli Stati Uniti in materia di sicurezza: gli ugandesi hanno prestato servizio militare sotto il comando statunitense in Iraq e in Somalia, e in cambio ogni anno il Paese riceve da Washington miliardi di dollari destinati al sistema sanitario e soprattutto all’efficienza dell’esercito ugandese. Come scrive Helen Epstein, nell’articolo Vietato criticare pubblicato sul numero 1392 / anno 28 dell’Internazionale, si tratta di «una forma moderna di colonialismo, anche se Washington preferisce parlare di “partenariato” (…) Per riempire le tasche di un dittatore, e far sì che i suoi soldati combattano le guerre degli stranieri, è necessario pensare che le vite degli africani siano sacrificabili».
Attualmente Bobi Wine è agli arresti domiciliari dal giorno del voto presidenziale, ma continua a denunciare il furto elettorale, le intimidazioni e le aggressioni degli alleati al regime. Il suo attivismo poltitico gli è valso il soprannome di “presidente del ghetto” e la sua ascesa ha infiammato i giovani ugandesi, anche tra chi non aveva mai mostrato interesse per la politica. Nei testi delle sue canzoni, un misto di rap e reggae, Bobi Wine parla della disoccupazione giovanile, della povertà delle baraccopoli e della repressione del dissenso. Il cantante, dunque, si inserisce sulla scia dell’azione di protesta di diversi giovani africani che sfidano le vecchie élite al potere e aspirano al rinnovamento sociale e politico. Lo scrittore, drammaturgo e poeta nigeriano Wole Soyinka, premio Nobel per la letteratura, è intervenuto sulle elezioni ugandesi del 14 gennaio, dichiarando che «Bobi Wine, per me in questo momento, rappresenta il volto della democrazia per l’Uganda».
Segnaliamo questo documentario interessante pubblicato per DWDocumentary:
https://www.youtube.com/watch?v=9YMu55BN3Ns
Parole chiave : Bobi Wine, elezioni, Museveni, pandemia, Uganda, Wole Soyinka
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Mentre si sta ancora cercando un accordo sulla regolarizzazione ed emersione dei cittadini stranieri lavoratori in Italia, insieme ad altre organizzazioni e professionisti del settore immigrazione e asilo abbiamo sottoscritto un documento congiunto con una presa di posizione sul tema.
250 persone, rappresentanti della diaspora migrante, ricercatrici/ori dell’immigrazione, giornaliste/i, imprenditrici/ori, esperte/i del diritto del lavoro e dell’immigrazione, membri del sindacato, dell’Università, del mondo cooperativo si sono riunite nel Gruppo di Riflessione su Regolarizzazione e Inclusione (GREI-2.5.0). Siamo di fronte a un’emergenza dalla triplice dimensione: sanitaria, sociale ed economica. Ad esempio, numerosi medici dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e italiani confermano di ricevere giornalmente domande di aiuto da parte di cittadini irregolari che hanno timore a recarsi in ospedale, a meno che non siano costretti a rivolgersi al pronto soccorso.
La regolarizzazione non è un’opzione, ma una necessità – si afferma nel Position Paper del GREI-2.5.0 – e non può essere limitata alle categorie dell’agricoltura e del lavoro domestico, ma anche ad altri settori come l’artigianato e la logistica, che è irragionevole escludere dal processo di emersione. La regolarizzazione non può essere effettuata sulla base di un permesso di pochi mesi, mentre è necessario che anche gli stranieri lavoratori in possesso di un titolo di soggiorno regolare (ad es. per richiesta d’asilo o ricorso) possano ottenere un permesso di soggiorno per lavoro, accedendo al provvedimento di regolarizzazione.
Il documento propone i termini giuridici che dovrebbero essere applicati, aderendo sostanzialmente alla proposta dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI).
Nell’arco di poche ore, il testo ha raccolto moltissime adesioni di una parte sostanziale della società civile impegnata sul fronte dell’immigrazione.
Leggi il Position Paper completo con firma degli aderenti qui
Leggi il Comunicato Stampa completo qui
Parole chiave : ASGI, GREI-2.5.0, Lavoro
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Resilienza è diventata, negli ultimi anni, una parola particolarmente fortunata, che, grazie alla sua forza evocativa e metaforica, risuona negli ambiti più diversi. Termine che trae le sue origini nell’ambito della fisica, dove è usato per descrivere la capacità di un materiale di resistere a un urto assorbendo energia, è poi transitato in diversi ambiti disciplinari: in psicologia, nello studio del trauma e delle sue conseguenze (Cyrulnik 2002; Bonanno et al. 2004; Masten, Cicchetti 2012; Vanistendael, Lecomte 2000), ma anche in urbanistica, spesso in relazione alla sostenibilità ambientale, in sociologia, antropologia, economia…per poi proliferare nel mondo della comunicazione di massa, dal giornalismo ai social.
Questa molteplicità di usi (e abusi) ha sollevato anche molti dubbi sulla sua reale capacità esplicativa: si tratta di un’utile parola-chiave, di uno strumento analitico per meglio comprendere la contemporaneità, o di una semplice moda? Resilienza, insomma, è un termine che rischia di logorarsi, di perdere significato – o anche, in un riflesso uguale e contrario, di diluirsi e allargarsi, fino a significare troppo.
Nella consapevolezza di questa possibile dispersione semantica, e cercando di valorizzare il concetto di resilienza in termini di ricaduta socio-culturale reale, il Dossier di Africa e Mediterraneo in programma vuole affrontare il tema da un punto di vista molto specifico: la stretta connessione tra la costruzione di comunità e territori resilienti e l’inclusione dei cittadini più vulnerabili.
Da un lato, infatti, è assodato che un tessuto sociale coeso potrà resistere meglio di fronte alle emergenze (Colucci, Cottino 2015), e si diffonde la consapevolezza di dovere adottare strategie di community-based disaster risk reduction (CBDRR) (Shaw 2016); d’altro lato bisogna constatare che la maggior parte degli abitanti più vulnerabili rimane esclusa dalle infrastrutture della resilienza, o perché vive in zone disagiate, o a causa di barriere linguistiche o culturali.
Creare comunità resilienti significa allora, necessariamente, creare comunità più eque (si veda anche il progetto “100 resilient Cities”). In quest’ottica, in una società caratterizzata da un multiculturalismo crescente, una comunità resiliente cresce riconoscendo le differenze e valorizzando gli elementi di coesione, sia in tempi di normalità sia in fasi di emergenza (per calamità naturali e/o provocate dagli esseri umani).
Ci interessa quindi ragionare sulla resilienza come competenza della comunità, per costruire le condizioni per affrontare l’emergenza senza escludere nessuno. In questo ambito però la resilienza è da considerare anche come competenza dell’individuo, approccio fondamentale per favorire processi di empowerment, in cui i singoli possano sviluppare una propria linea di azione e reazione rispetto alla catastrofe e alla difficoltà improvvisa, ricostruendo e ripristinando un, seppur precario, orizzonte simbolico (Lecomte 2002; Luthar, Cicchetti, Becker 2000; Manetti et al. 2010).
Le proposte potranno trattare, i seguenti temi, ma non solo, secondo vari approcci disciplinari:
- Gestione delle emergenze in contesti multiculturali;
- Disaster management e disaster preparedness nei conflitti;
- Cambiamenti climatici: emergenze ambientali e multiculturalismo / multilinguismo;
- Costruzione di città resilienti con l’integrazione di cittadini di Paesi terzi: l’attività di prevenzione del rischio coinvolgendo le comunità non native;
- Per una concezione transculturale di resilienza (Ungar 2008): punti di vista delle comunità minoritarie;
- Aspetti normativi e legislativi: quali sono gli ostacoli normativi per una resilienza democratica e inclusiva?
- Approccio di genere alla gestione dell’emergenza, verso la costruzione della resilienza femminile;
- Migranti come individui resilienti: le capacità di resilienza possono essere considerate competenze individuali, di gruppo, di comunità e culturali possedute dai migranti già dal momento in cui decidono di lasciare il loro paese, o sviluppate col tempo, in risposta alle condizioni di vita sfavorevoli.
- Resilienza ed educazione: importanza dell’educazione interculturale per la resilienza di bambini/e, ragazzi/e con background migratorio (Vaccarelli 2016)
Scadenza per l’invio:
Le proposte (400 parole al massimo) dovranno pervenire entro il **25 novembre 2019** agli indirizzi s.federici@africaemediterraneo.it e s.saleri@laimomo.it.
Le proposte saranno esaminate dal comitato di redazione. In caso di accettazione la consegna del contributo, completo di abstract (100 parole, preferibilmente in inglese, ma è possibile inviarlo anche in italiano) e bionota, dovrà avvenire entro il **20 dicembre 2019**.
Africa e Mediterraneo si avvale di peer reviewers. Gli articoli e le proposte potranno essere inviate nelle seguenti lingue: italiano, inglese e francese.
Bibliografia
Ballarin, M. Bignami, et al. (a cura di), Emergenze e intercultura: l’esperienza del sisma in Emilia-Romagna nel 2012, Lai-momo, Sasso Marconi 2014;
G.A. Bonanno, Loss, Trauma, and Human Resilience: Have we Underestimated the Human Capacity to Thrive after Extremely Aversive Events?, in «American Psychologist», vol. 59, n° 1, 2004, pp. 20-28;
Colucci, P. Cottino (a cura di), Resilienza tra Territorio e Comunità. Approcci, strategie, temi e casi, Collana “Quaderni dell’Osservatorio” Fondazione Cariplo, n. 21, Anno 2015;
Cyrulnik, Un Merveilleux malheur, Éditions Odile Jacob, Paris 2002;
Lecomte, Qu’est-ce que la résilience? Question faussement simple. Réponse nécessairement complexe, in «Pratiques Psychologiques (La résilience)», n. 1, Editeur L’Esprit du temps, Le Bouscat 2002;
S.S. Luthar, D. Cicchetti, B. Becker, The construct of resilience: A critical evaluation and guidelines for future work, in «Child Development», n. 71, 2000, pp. 543–562;
Manetti, A. Zunino, L. Frattini, E. Zini, Processi di resilienza culturale: confronto tra modelli euristici, in B. Mazzara (a cura di), L’incontro interculturale tra difficoltà e potenzialità, Unicopli, Milano 2010, pp. 97-106;
A.S. Masten, D. Cicchetti, Risk and Resilience in Development and Psychopathology: The Legacy of Norman Garmezy, in «Development and Psychopathology», n° 24, 2012 pp. 333-334;
Shaw, Community Based Disaster Risk Reduction, Oxford University Press USA, Oxford 2016;
Ungar, Resilience across Cultures, in «British Journal of Social Work», vol. 38, n° 2, 2008, pp. 218-235;
Vaccarelli, Le prove della vita. Promuovere la resilienza nella relazione educativa, Franco Angeli, Milano 2016;
Vanistendael, I. Lecomte, Le bonheur est toujours possible. Construire la résilience, Bayard Culture, Paris 2000;
Project “Amare-EU. A multicultural approach to resilience”, www.amareproject.eu/about-the-project/.
Di seguito è possibile leggere e scaricare la call for papers (in italiano e inglese):
English version
Parole chiave : Amare-Eu, resilienza, Rivista Africa e Mediterraneo
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21 novembre 2018
Ripensare il partenariato culturale euro-mediterraneo
Johaness Hann, Commissario europeo delle Politiche di Vicinato, in una lettera di invito ai partecipanti alla Conferenza “Rethinking the Euro-Mediterranean cultural partnership” (Tunisi, 16-18 novembre 2018), pubblicata sul sito dell’Unione Europea, scrive che:
«The relationship with our Southern Mediterranean neighbours can only be sustainable if we see eye to eye with each other. […] This is precisaly why I am convinced that it is so important to interweave culture and world politics. In other words: politics needs more culture and culture needs more politics.»
Oggi il Mediterraneo presenta un grado di frammentazione e conflittualità elevato, inoltre l’Europa è stata scossa da una grave crisi economica e si trova ora ad affrontare nuove sfide interne ed esterne, tra le quali l’instabilità del vicinato meridionale costituisce una delle principali criticità. Appare quindi urgente interrogarsi su quali strumenti l’Unione europea possa predisporre per rendere la sua azione esterna più adeguata a uno scenario mediterraneo in continua evoluzione. In tutto ciò, lo sguardo sulla produzione culturale passata e contemporanea può essere un supporto fondamentale. Questa conferenza, che si è svolta alla Cité de la Culture di Tunisi, ha offerto un’occasione di confronto internazionale per affrontare le problematiche culturali, socio-economiche e politiche che interessano l’area del Mediterraneo. È stata sottolineata l’importanza del rafforzamento della cooperazione euro-mediterranea attraverso il nesso costante di politica e cultura: la cultura è un terreno privilegiato per sviluppare i valori del dialogo, della ricchezza e dell’integrazione, e la prassi politica si nutre di una cultura che si fa critica, ispirando l’azione e suggerendo idee e modelli. La conferenza è stata così una piattaforma in cui i diversi ospiti e interlocutori della regione e dell’UE, provenienti da diversi settori, da quello politico ed economico a quello accademico, artistico e mediatico, si sono ritrovati per scambiare opinioni, discutere idee e coordinarsi per creare proficue reti di collaborazioni. Il programma della conferenza si è svolto in tre giornate e ha affrontato temi diversi riguardanti la geografia e il patrimonio culturale, il ruolo dell’arte e degli artisti nella società mediterranea, il ruolo delle donne come motore del cambiamento, la mobilità giovanile e l’imprenditoria. Il Mediterraneo è fra le aree geopoliticamente meno integrate a livello mondiale, per questo occorre con urgenza cogliere ogni opportunità di crescita comune.
Per maggiori informazioni: www.euneighbours.eu
Parole chiave : Cité de la Culture, euro-mediterraneo, Johannes Hann, Tunisi
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29 dicembre 2017
Liberia: la democrazia mette radici
Parole chiave : Ellen Johnson Sirleaf, Liberia; George Weah; democrazia
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06 ottobre 2017
Il fumettista Ramón Nsé Esono Ebalé arrestato a Malabo
La repressione e la censura colpiscono ancora una volta chi usa la propria arte e creatività per denunciare ingiustizie e disuguaglianze.
Ramón Nsé Esono Ebalé, conosciuto come Jamón y Queso, è stato arrestato a Malabo, capitale della Guinea Equatoriale, suo Paese d’origine, nel quale era di ritorno per il rinnovo del passaporto. Attualmente infatti vive a El Salvador, dopo anni di permanenza in Paraguay. Le autorità nazionali lo hanno prelevato in un ristorante la sera del 16 settembre, e da allora Ramón è rinchiuso nel tristemente noto carcere di Black Beach.
Artista, fumettista e attivista per i diritti umani, coraggioso nel denunciare i crimini del regime guineiano, le opere di Esono sono state esposte in vari Paesi africani e non.
Bersaglio principale della sua satira pungente è Teodoro Obiang Nguema, il presidente più longevo di tutta l’Africa, che dal colpo di stato del 1979 esercita un dominio dittatoriale in Guinea Equatoriale. Corruzione, povertà e ingiustizia sociale dominano nel piccolo Paese, mentre i membri del governo hanno accumulato fortune personali sui giacimenti minerari e di petrolio di cui il territorio è ricco.
L’ultima opera di Ramón, La Pesadilla de Obi (“L’incubo di Obi”), è una graphic novel incentrata su un personaggio ispirato a Nguema. Proprio quest’opera sarebbe stata oggetto di accusa durante l’interrogatorio seguito all’arresto del fumettista, “colpevole” di diffamazione e calunnia nei confronti del presidente.
Noi di Africa e Mediterraneo abbiamo conosciuto di persona Ramón, in occasione della premiazione di Africa Comics 2005-2006, per il quale è stato vincitore del Primo premio ex aequo, con il fumetto Votez… encore et encore, che si concludeva con un’amara constatazione: “Es difícil ser demócrata en un país dictatorial”. Con orgoglio possiamo annoverare la sua opera nel nostro catalogo, e denunciamo con forza l’ingiustizia di cui è vittima, a causa del coraggio del suo impegno di artista e di uomo.
Tutu Alicante, presidente di EG Justice, ONG che monitora la situazione dei diritti umani in Guinea Equatoriale, ha dichiarato a tal proposito che “il governo della Guinea Equatoriale ha ancora una volta dimostrato la sua ostilità verso ogni forma di espressione critica che sfugga alla sua censura opprimente”.
Africa e Mediterraneo e Lai-momo esprimono vicinanza agli amici e alla famiglia di Ramón e aderiscono alla petizione che ne chiede a gran voce la liberazione.
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15 dicembre 2016
RAPPORTO IMMIGRAZIONE E IMPRENDITORIA 2016
Il “fare impresa” da parte di migranti residenti in Italia continua a espandersi, nonostante gli ostacoli sempre più numerosi e complessi che i lavoratori di origine straniera devono affrontare. Il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2016 curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS e realizzato in un’edizione bilingue, illustra questo fenomeno complesso attraverso un’analisi organica dell’iniziativa imprenditoriale immigrata, imperniata su vari aspetti, con un ampio supporto di dati statistici: il contesto internazionale; i principali settori di attività; il ruolo nella crisi economica; la distribuzione territoriale delle imprese; le difficoltà riscontrate nell’accesso alle informazioni necessarie e nel soddisfare i requisiti economici e amministrativi previsti dalle procedure, che spesso presuppongono strutturati percorsi di inserimento. I dati descrivono uno scenario sociale di crescente importanza, in cui si ritrovano e si trasformano le esigenze occupazionali e di promozione socio-economica dei lavoratori immigrati, le quali, se adeguatamente valorizzate e sostenute, possono innescare interessanti processi di sviluppo per l’intero sistema economico-produttivo nazionale ed internazionale. La consolidata collaborazione di IDOS con la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa e con MoneyGram, infatti, si inserisce in questo specifico percorso di supporto e di attenzione all’universo della piccola e media imprenditoria immigrata, segnalandone e valorizzandone le eccellenze in un’ottica comunitaria.
Per visualizzare in sintesi il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria clicca qui: scheda-rapporto-imprenditoria-2016
Parole chiave : AIDOS, Immigrazione, Imprenditoria
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30 novembre 2016
Rajkamal Kahlon. Tra antropologia e violenza politica.
Vetruvian Man, or how I learned
to love the bomb (2013)
Il 23 novembre la Fondazione Boghossian, in collaborazione con il Goethe-Institut Brüssel, ha svolto una conferenza a Villa Empain, Centre of art and dialogue between the culture of the East and the West a Bruxelles, e si è intitolata When you’re the Indian in a country of John Waynes’. Si è approfondito il tema della criminalizzazione e della violenza sulle alterità, ed era presente l’artista americana Rajkamal Kahlon con i suoi lavori artistici, tra cui il ritratto, riportato sopra, de “Vetruvian Man, or how I learned to love the bomb”, che muove tra antropologia e violenza politica propria del terrorismo. Basandosi su un continuo lavoro di studio e ricerca negli archivi coloniali istituzionali, Kahlon riflette sulle attuali forme di rappresentazione, e ci offre corpi di nativi moderni, soggetti quindi non europei, primitivi e barbari, armati di bombe ed ordigni esplosivi letali. Attraverso l’umorismo ed un’estetica critica, Kahlon racconta il razzismo intrinseco a queste immagini, che sono proprie dei regimi del potere, che seminano la violenza politica e sociale con rappresentazioni distorte dell’alterità. L’atto della visione cambia, però, a livello concettuale quando le icone di questi soggetti muti e passivi sono estrapolati e liberati dal racconto terroristico: ne deriva un processo di resistenza poetica a una storia di discriminazione e repressione.
Parole chiave : discriminazione, razzismo
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17 dicembre 2015
Salviamo Samandal dalla censura
L’organizzazione non-profit libanese Samandal chiede aiuto alla comunità di lettori e del web per combattere la censura. Samandal pubblica dal 2007 antologie di fumetti, e ospita eventi legati al mondo del fumetto.
Nel 2009, tre dei quattro editori sono stati accusati dallo Stato libanese di incitare al conflitto settario, di denigrare la religione, di pubblicare false notizie, e di diffamare “personalità cristiane”, in riferimento a pannelli pubblicati nel numero 7, intitolato “Revenge”.
Samandal ricorda però che i pannelli sono stati letti fuori dal loro contesto, e interpretati attraverso il filtro di una lettura strettamente settaria. Dopo cinque anni di causa, Samandal è stato condannato a pagare 30 milioni di Lire libanesi.
Questa somma rappresenta una dura prova per l’ONG, che ha annunciato che il numero “Geography”, pubblicato recentemente, potrebbe essere l’ultimo.
Per saperne di più, guardate il video realizzato da Samandal per la campagna di crowdfunding e visitate la loro pagina su Indiegogo!