I membri della società civile sollevano importanti criticità nella tutela dei diritti fondamentali dei soggetti migranti minori e vulnerabili
Di Eleonora Ghizzi Gola
Sullo sfondo di una fase cruciale nell’implementazione del Sistema Comune di Asilo (CEAS) a seguito dell’adozione nel giugno del 2024 da parte della Commissione Europea del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, si è svolta il 14 e 15 ottobre 2024 a Malta la Terza Plenaria del Consultative Forum dell’EUAA, l’Agenzia per l’Asilo dell’Unione Europea.
L’EUAA assume un ruolo rilevante nell’implementazione del nuovo pacchetto di riforme legislative, avendo un mandato specifico di supporto della Commissione Europea nonché direttamente degli Stati Membri nell’elaborazione dei piani di attuazione nazionali. A cadenza annuale, EUAA è tenuta altresì ad elaborare il piano di attività del Consultative Forum, un organismo consultivo composto attualmente da 118 organizzazioni della società civile con comprovata esperienza nel settore del diritto d’asilo e dell’accoglienza, operanti a livello locale, regionale, nazionale o sovranazionale. Lai-momo è membro attivo del Consultative Forum e dello specifico Gruppo di Consultazione tematico sulle persone in una situazione di vulnerabilità, che conta ad oggi 62 membri.
I lavori della plenaria sono stati aperti dalla Dott.ssa Ana Ciuban dell’Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali – AMMI, attuale Presidente del Consultative Forum, che ha descritto le attività svolte nel corso dell’anno 2024, riportando un resoconto del proprio primo mandato di attività. Le organizzazioni della società civile sono state coinvolte in specifiche consultazioni in riferimento a documenti prodotti dall’agenzia, sono state invitate a partecipare a sessioni informative e incontri tematici previsti dal piano annuale di attività, nel rispetto del mandato di EUAA di mantenere un canale di stretto dialogo con gli enti maggiormente rappresentativi della società civile nell’ottica dello scambio di informazioni e condivisione delle specifiche competenze di cui sono portatori in materia di diritto d’asilo e accoglienza.
Nella prima sessione della plenaria sono intervenuti i referenti delle diverse unità che compongono l’Agenzia, fornendo un aggiornamento rispetto alla situazione dell’asilo in Unione Europea ed illustrando le attuali attività e azioni implementate dall’EUAA. L’Operational Support Centre dell’Agenzia ha lo scopo di supportare operativamente gli Stati Membri affinché il sistema nazionale di asilo e di accoglienza sia conforme alla normativa europea. Attualmente EUAA ha dislocato circa 1,300 unità di personale in 160 sedi all’interno di quegli 11 Stati Membri individuati come maggiormente bisognosi di supporto, tra cui rientra l’Italia. Sono state altresì presentate le più recenti pubblicazioni in materia di Country of Origin Information (COI) e l’Asylum Report 2024, prima di condividere le incrementate attività dell’agenzia nell’attuale e complessa fase preparatoria all’entrata in vigore del nuovo Sistema Comune Europeo per la gestione della migrazione e l’asilo, che avverrà nel giugno del 2026, a distanza di due anni dall’adozione del piano di attuazione comune varato dalla Commissione Europea.
Un affondo specifico è stato effettuato dal Fundamental Rights Officer (FRO), garante della conformità delle azioni dell’Agenzia con i diritti fondamentali delle persone. Figura istituita nel maggio del 2023 e che è tenuta ad operare in stretto raccordo con il Consultative Forum, i cui membri sono chiamati ad essere consultati nella preparazione, adozione e implementazione del piano strategico di EUAA in materia di diritti fondamentali, così come nella revisione del codice di condotta applicabile agli esperti EUAA facenti parte dei team di supporto del diritto d’asilo.
La seconda giornata, in cui si è svolto l’incontro che ha visto coinvolto un gruppo ristretto di membri del Consultative Forum in relazione alle persone in situazioni di vulnerabilità, è stata introdotta da una presentazione a cura della Commissione Europea focalizzata sull’impatto del Regolamento Screening, uno degli strumenti legislativi adottati nell’ambito del Patto Europeo sulla Migrazione e l’Asilo, sui soggetti vulnerabili. Nonostante sia stato sottolineato dalla Commissione Europea come siano previste garanzie procedurali e sostanziali in tutela dei soggetti vulnerabili, la discussione con i membri del Consultative Forum ha sollevato importanti criticità in termini di tutela dei diritti fondamentali dei soggetti migranti, in particolare dei minori stranieri non accompagnati e delle persone portatrici di quelle vulnerabilità più “nascoste”, quali le vittime della tratta degli esseri umani, a causa del ristretto termine previsto dalla normativa per l’individuazione delle condizioni di vulnerabilità. Inoltre, si teme una compressione dei diritti dei/lle cittadini/e dei Paesi Terzi nell’esercizio del diritto di presentare domanda di asilo e del rispetto del principio di non-refoulement.
I lavori si sono conclusi con la votazione del piano dei lavori del Consultative Forum per l’anno 2025, le cui specifiche tematiche saranno definite nel corso delle prossime consultazioni.
Parole chiave : asilo, EUAA, Immigrazione, politiche europee, Rifugiati
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Lampedusa si è riempita anche quest’anno di studenti e studentesse provenienti da diverse regioni d’Italia, per ricordare il naufragio del 2013 in cui morirono 368 persone.
Il programma messo in campo dall’associazione Comitato 3 ottobre è stato particolarmente ricco, con diversi incontri, concerti, un commovente spettacolo teatrale con Yong Di Wang, attore di origine cinese non vedente e Amadou Diouf un giovane senegalese sordo arrivato solo un anno prima a Lampedusa (a cura di Raizes teatro di Alessandro Ienzi) e un musical realizzato dagli studenti del Liceo coreutico-musicale di Pesaro, ispirato al libro di Enaiatollah Akbari e Fabio Geda, “Nel mare ci sono i coccodrilli”, che narra il drammatico percorso migratorio di un bambino afghano fuggito al regime dei Talebani.
Gli spettacoli e gli incontri si sono tenuti nella centrale via Roma, accanto al museo archeologico, e sono stati sempre molto partecipati.
Quest’anno è stato organizzato dall’amministrazione comunale anche un cartellone parallelo che ha voluto colmare una certa frattura tra le celebrazioni ufficiali, che coinvolgono soprattutto personalità politiche e del mondo associativo nazionale e internazionale, e la cittadinanza di Lampedusa, che le percepisce a volte come un “festival arrivato dall’esterno”. Il 2 ottobre le realtà culturali e sociali dell’Isola coinvolte hanno aperto le loro porte in piccole iniziative di dialogo e racconto, e il 3 si è proseguito con alcuni momenti molto intensi. Innanzitutto, la veglia silenziosa con i sopravvissuti e i parenti alle 3:20 del mattino, ora in cui la grande barca colma di 500 persone si ribaltò 11 anni fa.
Questo commovente incontro si svolge dal 2019 ogni anno attorno al memoriale con i nomi delle persone morte realizzato da Vito Fiorino, il “pescatore” che con 7 amici e amiche dette l’allarme e quella notte salvò sulla sua piccola barca 47 persone. Alle 18 si è svolta una cerimonia interreligiosa in chiesa e alle 19 l’inaugurazione del Giardino dei Giusti, realizzato dall’amministrazione grazie a un progetto FAMI, e patrocinato da Fondazione Gariwo.
I primi Giusti di Lampedusa riconosciuti dai grandi ulivi, piantati in un’area riqualificata accanto al Museo Archeologico delle Pelagie affacciata sul Porto Nuovo, sono I pescatori di Lampedusa, rappresentanti di una comunità che nel corso degli anni ha salvato centinaia di vite in mare, e Alexander Langer, politico e attivista che ha dedicato la sua vita alla pace e al dialogo tra culture. “Questi pescatori, soccorrendo delle persone in mare, non hanno solo salvato delle vite umane, hanno scosso le coscienze dell’Europa. E questo Giardino dei Giusti a loro dedicato vuole insegnare che tutti siamo chiamati a prenderci delle responsabilità”, ha detto Gabriele Nissim, presidente della Fondazione Gariwo. Oltre a Vito Fiorino sono intervenuti i pescatori Pietro Riso (“È un istinto naturale che mettiamo in campo, perché, noi diciamo che in mare non ci sono taverne, bisogna far salire chiunque sia in difficoltà. Ma questo è un fenomeno che perdura dagli anni 90.”) ed Enzo Partinico (“un giorno del del 2021, erano le 5 di mattina e si è avvicinata una barchetta. In quel momento, la prima cosa a cui si pensa è solo di salvarle, e come fare a mettere queste persone sulla barca, ma è difficilissimo… li guardavo negli occhi e pensavo al loro padre e alla loro madre… c’era uno che contava le persone: erano 24”) e Alexander, un giovane eritreo salvato la notte del 2013 che ora vive in Olanda.
La serata è proseguita con il musical “Sotto lo stesso cielo”, interpretato da studentesse e studenti della Compagnia del Kintsugi del Liceo di Pesaro, ispirato alla vicenda del naufragio come raccontata dai superstiti e dal gruppo di 8 persone che dettero l’allarme e quella notte salvarono sulla loro piccola barca 47 persone. Al termine si è svolta la proiezione del documentario “A Nord di Lampedusa”, diretto da Davide Demichelis e Alessandro Rocca, che sono andati a vedere come vivono alcune persone sopravvissute al naufragio del 3 ottobre nelle loro vite attuali in Olanda, Svezia e Norvegia, e come non si è mai interrotto il rapporto con i pescatori che li hanno salvati, tra questi Vito Fiorino.
Queste iniziative hanno forse riallacciato un legame e coinvolto le persone che nell’isola vivono, e che hanno vissuto in ottobre 2013 un trauma terribile che non è ancora passato, e dato spazio alla voce di questo piccolo territorio che all’estremo sud dell’Italia continua a essere il luogo di approdo di centinaia di persone. In questi giorni, tra l’altro, non sono mancati approdi e salvataggi di barche di migranti, e il 3 ottobre nell’hotspot di contrada Imbriacola, nonostante i continui trasferimenti, erano accolte 732 persone.
Parole chiave : 3 ottobre, accoglienza, Comune di Lampedusa e Linosa, Lampedusa, Memoriale 3 ottobre, naufragio 2013, pescatori
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Le cooperative sociali Lai-momo, Abantu e l’associazione Africa e Mediterraneo hanno attuato una ristrutturazione del loro spazio di lavoro di Via Boldrini 14G a Bologna, con l’intento di aprirlo anche ad un utilizzo per eventi culturali e formativi indirizzati al pubblico.
Assieme alle lavoratrici e lavoratori, è stato scelto per questo spazio il nome di Stazione Boldrini.
Questa definizione, da un lato, valorizza l’abitudine consolidata – di chi vi lavora e di chi vi arriva – ad utilizzare il riferimento al nome della via, dall’altro lato, suggerisce la vicinanza alla Stazione Centrale.
Inoltre, questo nome evoca i concetti del viaggio, della migrazione, dell’arrivo a una meta, delle fermate (della vita), del ritorno, degli incontri: idee che definiscono l’impegno sociale che da 30 anni il nostro gruppo di lavoro sta portando avanti.
Martedì 26 marzo alle 18.30 Stazione Boldrini verrà inaugurata insieme con i partner istituzionali, del Terzo Settore e delle aziende con cui Lai-momo, Abantu e l’associazione Africa e Mediterraneo collaborano da lungo tempo.
Al taglio del nastro saranno presenti:
Erika Capasso – Delegata alla Riforma dei Quartieri, Immaginazione civica, progetto Case di Quartiere, politiche per il terzo settore, bilancio partecipativo, inchiesta sociale, sussidiarietà circolare del Comune di Bologna
Luca Rizzo Nervo – Assessore al Welfare del Comune di Bologna
Stefano Brugnara – Amministratore unico di ASP Città di Bologna (TBC)
Andrea Marchesini Reggiani – Presidente Lai-momo cooperativa sociale
Parole chiave : accoglienza, Bologna, migrazione, Stazione Boldrini
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Il 21 marzo, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, il Comune di Bologna, in collaborazione con le Associazioni della Rete SPAD, presenterà i risultati del secondo anno di lavoro dello Sportello Antidiscriminazioni pubblicati all’interno del Rapporto dell’Osservatorio 2023. L’evento si terrà a partire dalle ore 16:30 presso la Sala Polivalente della Casa di quartiere Katia Bertasi (via Fioravanti 18/3).
Si inizierà con un momento di approfondimento e dibattito, a partire dai dati e dai focus tematici contenuti nel Rapporto, a cui parteciperanno Emily Marion Clancy, Vicesindaca del Comune di Bologna con delega alle Pari opportunità e al contrasto alle discriminazioni, e Sara Accorsi, Consigliera delegata al Welfare metropolitano e lotta alla povertà, Politiche per la casa, Politiche per la pianura bolognese.
Gli interventi dei relatori e delle relatrici saranno moderati da Daro Sakho, Diversity Manager del Comune di Bologna, e rifletteranno sul contesto attuale, su quello che è stato fatto e sulle sfide future.
Nella seconda parte dell’evento, gli studenti e le studentesse di due scuole secondarie di primo grado della città, Farini e Gandino, presenteranno il lavoro realizzato nell’ambito del progetto “Le immagini dell’accoglienza” condotto dall’associazione Dry-Art in partenariato con le associazioni Sophia e Black History Month Bologna.
A seguire, si terrà un dialogo-incontro musicale con Amir Issaa, rapper e attivista da anni impegnato in progetti sociali e di sensibilizzazione contro il razzismo, testimonial UNAR e attualmente in Tour negli Stati Uniti in occasione del Black History Month 2024.
Saranno presenti interpreti LIS per tutta la durata dell’evento.
È gradita registrazione utilizzando il modulo al seguente link: https://forms.gle/ijVu6biKRFdRiZMu7
L’evento va ad arricchire il programma di iniziative realizzato dalla Città Metropolitana nell’ambito della XX edizione della Settimana di azione contro il razzismo promossa da UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.
Parole chiave : 21 marzo, antirazzismo, Comune di Bologna, Rapporto dell’Osservatorio 2023, Sportello Antidiscriminazioni
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“Acqua e Africa | Water and Africa” è il dossier numero 98 di Africa e Mediterraneo, appena pubblicato. Uno dei fondamenti epistemologici del pensiero sul continente, l’acqua è un filtro che racchiude molti degli aspetti asimmetrici del rapporto del Nord con questa parte del Sud globale. Dopo aver orientato saperi e narrazioni occidentali nei secoli del colonialismo, oggi è un significante dell’agenda politica globale attorno al quale si coagulano il nuovo linguaggio securitario nel Mediterraneo e le risposte alla crisi climatica. Quest’ultimo un tema attualissimo che interessa tutto il continente, dove le mutazioni del clima stanno già avendo effetti massicci sulla qualità della vita e la sopravvivenza di milioni di esseri viventi.
Diverse sono le angolazioni e i posizionamenti geografici da cui i contributi del dossier affrontano il tema dell’acqua, a partire dall’approccio letterario dei primi quattro articoli: Francesca Romana Paci fa una panoramica del tema dell’acqua dolce nelle opere in inglese e francese di autori di romanzi e studi scientifici provenienti da diversi paesi africani, Marco Fazzini presenta uno studio monografico sul sudafricano Douglas Livingstone, poeta e scienziato che ha studiato per tutta la vita l’inquinamento delle acque a largo di Durban; Jessica Falconi guarda alla letteratura lusofona, in particolare ai romanzi degli angolani Pepetela e Luandino Vieira e del mozambicano João Borges Coelho, e Mina M. Đurić propone una lettura dell’acqua, e più precisamente della pioggia, in Africa nella produzione letteraria degli anni ’30 del Novecento.
Seguono tre articoli che inquadrano l’acqua attraverso le lenti della sostenibilità e della comunità. Elena Giacomelli e Pierluigi Musarò esaminano i rapporti tra mare, crisi climatica e migrazioni in Senegal, Mattia Fumagalli descrive l’inaridimento del lago Turkana e i suoi effetti sulla convivenza, sempre meno pacifica, tra i pastori nomadi Turkana e i Dassanech che vivono in prossimità del confine tra Kenya ed Etiopia e Mohamed Sacko presenta un caso studio sul degrado ambientale del fiume Niger in Guinea.
Seguono alcuni contributi storici. Luigi Gaffuri descrive i resoconti di viaggio dei missionari italiani in Sudan Angelo Vinco e Stanislao Carcereri, soffermandosi sulla funzione strategica dell’acqua nell’evangelizzazione, Monica Labonia e Mamadou Lamine Sané esaminano le somiglianze tra i siti geografici dei santuari musulmani Keñekeñe jáaméŋ di Gunjur e Kafountine – entrambi sorti in prossimità di acque dolci – introducendo un nuovo elemento analitico nello studio della confraternita senegalese della Tijâniyya, Emanuele Oddi descrive la storia della Great Ethiopian Renaissance Dam, una delle maggiori infrastrutture idroelettriche in Africa, Ettore Morelli ricostruisce l’esperienza della 2a Guerra Mondiale attraverso i componimenti lirici dei membri degli African Auxiliary Pioneer Corps che hanno combattuto per l’Impero Britannico, soffermandosi sul naufragio dell’Erinpura avvenuto al largo delle coste libiche nel 1943 nel quale morirono centinaia di ausiliari provenienti dai moderni Botswana, Lesotho ed eSwatini.
Nella sezione “Cantieri” Jama Musse Jama denuncia l’indifferenza del mondo alla siccità che si è abbattuta sul Corno d’Africa in questi ultimi anni e che sta provocando insicurezza alimentare e spopolamento, il collettivo artistico keniano Kairos Futura, intervistato dalla redazione, illustra “Nairobi Space Station”, un progetto di educazione alla responsabilità ecologica intrapreso presso alcuni quartieri informali di Nairobi dove la popolazione attinge acqua da fonti inquinate, Paolo Agostini descrive invece un progetto nelle oasi della Tunisia dove la desertificazione minaccia la sopravvivenza socioeconomica ed ecologica.
Infine, nella sezione “Musei” Claudio Arbore presenta il progetto del Memorial da Escravatura e do Tráfico negreiro di Cacheu, in Guinea-Bissau, avviato da una ONG locale e sostenuto da programmi di cooperazione allo sviluppo dell’Unione Europea.
Info: https://www.africaemediterraneo.it/it/numeri-rivista/acqua-africa_water-and-africa/
Acquisti: Il volume può essere acquistato qui: https://www.laimomo.it/prodotto/acqua-e-africa-rivista-98/
Fotocover: Artist and activist Stoneface Bombaa standing atop a pile of trash in Nairobi wearing one of his Tree Helmets, part of his Nomadic Forest Installation. Bombaa created the installation as part of his Future Forest Ritual meant to engage his community around the issue of deforestation and regreening the community he lives in, Mathare, an informal settlement in Nairobi. © Kairos Futura
Parole chiave : Acqua, Africa, Ambiente, cooperazione internazionale, dossier 98, Rivista Africa e Mediterraneo
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Quattro donne, quattro vite, quattro ritratti provenienti da diverse parti del mondo, con l’obiettivo di sensibilizzare sulla crisi ambientale e sostenere la giustizia sociale delle comunità in cui vivono. È la serie “Wonder Women – Storie di donne ordinarie che fanno cose straordinarie”, il nuovo format prodotto da WeWorld – organizzazione impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambine e bambini in 27 paesi del mondo – con la firma di Unknown Media, casa di produzione indipendente berlinese.
Viaggiando tra Germania, Italia, Tunisia e Kenya nella serie con la regia di Carlotta Piccinini, Mario Piredda e Shira Kela, si racconta l’impegno di quattro giovani donne in prima linea nell’affrontare emergenze ambientali, economiche, sociali e culturali, alla ricerca di alternative originali di vita e che con le loro azioni, non solo hanno un impatto significativo sul clima e sugli ecosistemi del pianeta, ma portano al superamento dello stereotipo di genere, del razzismo, del sessismo e del classismo. Protagoniste Paula Pröbrock, Carola Farci, Sereti Nabaala, Thowaiba Ben Slema che, nel corso delle puntate, affrontano un tema specifico in parallelo alla crisi climatica: dalla sensibilizzazione sulle mutilazioni genitali femminili, alla danza e la musica come strumento di emancipazione per chi viene costretto ai margini della società. Con arte, musica, spettacolo, sport, scuola, lavoro, scienza ed ecologia, attraverso piccoli gesti quotidiani, le giovani attiviste contribuiscono, non solo a migliorare la qualità della vita delle loro comunità, ma a sensibilizzare la propria generazione ad attivarsi e chiedere cambiamenti concreti. Per queste giovani donne la giustizia ambientale e quella sociale sono due facce della stessa medaglia.
“La serie mette al centro le storie di quattro giovani donne che raccontano il loro quotidiano fatto di piccole ma potenti azioni, capaci di sensibilizzare la propria comunità e per questo portatrici di grandi cambiamenti – spiega Rachele Ponzellini, coordinatrice comunicazione EU & Mondo di WeWorld – Quando si parla di cambiamento climatico sappiamo che le singole azioni non sono più sufficienti ma sono necessarie politiche ambiziose capaci di mitigare e prevedere gli effetti della crisi climatica in corso. Eppure, l’eco delle azioni messe in campo dalle singole persone mostra come le comunità – in tutto il mondo – siano consapevoli degli impatti della crisi ambientale e come le popolazioni siano disposte a cambiare stile di vita. Un racconto corale che dà voce ad ampio spettro alle nuove generazioni per ribadire che il cambiamento climatico ci riguarda tutte e tutti e non c’è più tempo da perdere”.
“Puntare su storie di donne apparentemente ordinarie che però con il loro agire rispecchiano valori necessari ed universali è per noi doveroso, in un periodo in cui le produzioni audio-visive, soprattutto di vasta scala, prediligono prodotti commerciali, macchiettistici e molto stereotipati dimenticando il valore e la forza delle piccole persone ordinarie, che con le loro storie di vita ci raccontano lo sforzo di mettersi in gioco per proteggere i nostri valori comuni e i diritti umani universali tentando di costruire un futuro migliore per tutti. Per una società di produzione puntare anche su queste eroine ordinarie e portare sul grande schermo le loro storie è importante non solo da un punto di vista produttivo ma anche etico”, spiegano da Unknown Media.
La serie è stata presentata in anteprima nazionale al WeWorld Festival durante un evento in programma sabato 27 maggio alle 16.30. Alla proiezione è seguito un dibattito con le protagoniste e i registi Carlotta Piccinini, Mario Piredda e Shira Kela, con la moderazione di Laila Bonazzi, giornalista e sustainability editor.
La serie è stata realizzata nell’ambito della campagna di comunicazione europea #ClimateOfChange, guidata dall’Organizzazione e cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma DEAR (Development Education and Awareness Raising Programme), che mira a sviluppare la consapevolezza dei giovani, cittadine e cittadini dell’UE sul nesso tra cambiamento climatico e migrazioni.
Wonder Women: le storie delle donne protagoniste
Carola Farci, Cagliari, Italia – Carola, ha trentadue anni ed insegna storia ed italiano in un liceo di Cagliari. Soffre di una “malattia” che lei definisce “ansia ecologica”. Ha iniziato da piccola a pulire la spiaggia davanti casa e col tempo è diventata la sua attività quotidiana, un bisogno di fare qualcosa per il Pianeta.
Il 17 ottobre dello scorso anno si è lasciata tutto alle spalle, si è presa un anno sabbatico e insieme al suo cane Polly ha intrapreso un viaggio on the road per ripulire le spiagge d’Europa. Appena tornata dal suo lungo viaggio ha organizzato un’asta mettendo in vendita alcuni degli oggetti trovati sulle spiagge. Con il ricavato progetta di piantare 2000 alberi in tutto il mondo.
È sempre stata appassionata di immersioni subacquee ed è orientata esclusivamente alla pulizia dei fondali: impiega il suo tempo sott’acqua portando in superficie nasse, reti da pesca, plastica e ogni genere di materiale. Il suo sogno è sensibilizzare le altre persone, i giovani, i suoi studenti sulle tematiche ambientali rendendo la virtuosa ‘patologia’ ecologica, contagiosa!
Sereti Nabaala, Narok, Kenya – Sereti, ha ventiquattro anni ed è un’attivista keniota Maasai del villaggio di Aitong a Narok West. L’obiettivo di Sereti è quello di sensibilizzare le donne delle comunità Maasai a opporsi alle mutilazioni genitali femminili e diventare spose bambine. Con la sua Associazione “Save Our Girls”, di cui è capogruppo, fornisce alle donne dei villaggi assorbenti riciclabili, un bene difficile da ottenere per le donne del villaggio. Molte devono recarsi in grandi centri abitati per ottenerli. Viaggiare dalla campagna ai centri urbani per le giovani donne è estremamente pericoloso, a causa di rapimenti e violenze sessuali.
Le conseguenze del cambiamento climatico stanno ostacolando l’uso diffuso del materiale riciclabile e il fiume del suo villaggio, dove le donne possono lavare gli assorbenti, si sta prosciugando. Sereti e il suo gruppo di donne Maasai hanno ideato un progetto per piantare alberi e riforestare l’area a ridosso del fiume, il “Mara”, la riserva nazionale Maasai, per riportare l’acqua. La dedizione di Sereti sui diritti delle donne della sua regione proviene dalla sua esperienza complicata e dolorosa di giovane Maasai: a 10 anni, come ogni ragazza Maasai della sua età, Sereti ha subito la mutilazione genitale femminile. Dopo un lungo periodo di sofferenza e studio, decide di fondare l’Associazione “Save Our Girls”.
Paula Pröbrock, Berlino, Germania – Paula ha ventisette anni ed è un’attivista ambientale tedesca, coreografa e ballerina. È nata nell’area rurale di Brandeburgo, la regione più arida della Germania. Sin dall’infanzia Paula è stata consapevole del problema climatico e si è dedicata alla cura del suo territorio, che oggi accusa una grande crisi idrica. Dopo gli studi di danza ad Amsterdam, ha subito un incidente che l’ha costretta ad abbandonare il suo sogno di diventare una ballerina professionista e si è trasferita a Berlino per lavorare come insegnante di danza. Paula sfrutta le sue conoscenze per creare un ponte tra la danza e il volontariato sociale contro la crisi climatica. Nei suoi progetti di danza coinvolge anche i gruppi più fragili, quelli che subiscono maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico: figli di immigrati, donne, le comunità LGBTQIA+ e persone con disabilità. E’ vicina a realizzare il suo sogno e debuttare con Tanzwekstatt, uno show ambizioso, basato sulla visione armonica che la Natura riesce a creare tra esseri differenti e dove ballerini professioni e figli disabili di cittadini migranti danzano insieme.
Thowaiba Ben Slema, Tunisi, Tunisia – Thowaiba ha venticinque anni ed è la presidente dei “Giovani per il clima” in Tunisia. Il suo impegno contro il cambiamento climatico è connesso ad un trauma ed ad una violenza subita nel passato, che la fa sentire insicura di sé stessa e dell’ambiente che la circonda. Nel 2018, quando realizza che il suo Paese sta cadendo a pezzi, politicamente e socialmente, a causa della corruzione e della cattiva gestione, diviene un’attivista climatica: comprende che per salvarsi deve agire e spronare le persone accanto a lei. Ha attivato diversi progetti di sensibilizzazione di empowerment femminile e progetti di giustizia climatica, sociale e di gender equality. Tra i suoi tanti progetti c’è “FeMENA”, uno spazio sicuro dove poter praticare djing, storytelling e podcasting, digital art, content creation. FeMENA rappresenta uno spazio per incoraggiare le donne a riprendere in mano la propria vita e a non sottostare alla dominazione maschile, creando nuove formule di lavoro e di green jobs. Thowaiba è riuscita a fare della sua tragica esperienza personale un problema globale, aiutando gli altri ad affrontare il proprio trauma e ad avere una visione diversa del mondo.
#ClimateOfChange
#ClimateOfChange è la campagna di comunicazione europea – guidata dall’italiana WeWorld e cofinanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma DEAR (Development Education and Awareness Raising Programme) – che mira a sviluppare la consapevolezza dei giovani cittadini e cittadine dell’UE sul nesso tra cambiamento climatico e migrazioni e coinvolgerli per creare un movimento pronto non solo a cambiare il proprio stile di vita ma anche a sostenere la giustizia climatica globale.
Ad unire le forze per raggiungere lo scopo sono 16 organizzazioni europee – tra organizzazioni della società civile, università e ONG – che dal 2020 sono al lavoro per progettare in sinergia, non solo ricerche e dibattiti nelle scuole e nelle università, ma anche una campagna paneuropea di comunicazione e sensibilizzazione, online e offline, che interesserà milioni di ragazzi e ragazze dai 16 ai 35 anni che vivono in 23 stati membri dell’UE. Per saperne di più è possibile visitare il sito www.climateofchange.info.
WeWorld
WeWorld è un’organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne e bambini in 27 Paesi, compresa l’Italia.
WeWorld lavora in 129 progetti raggiungendo oltre 8,1 milioni di beneficiari diretti e 55,6 milioni di beneficiari indiretti. È attiva in Italia, Siria, Libano, Palestina, Libia, Tunisia, Afghanistan, Burkina Faso, Benin, Repubblica Democratica del Congo, Burundi, Kenya, Tanzania, Mozambico, Mali, Niger, Bolivia, Brasile, Nicaragua, Guatemala, Haiti, Cuba, Perù, Tailandia, Cambogia, Ucraina e Moldavia.
Bambine, bambini, donne e giovani, attori di cambiamento in ogni comunità sono i protagonisti dei progetti e delle campagne di WeWorld nei seguenti settori di intervento: diritti umani (parità di genere, prevenzione e contrasto della violenza sui bambini e le donne, migrazioni), aiuti umanitari (prevenzione, soccorso e riabilitazione), sicurezza alimentare, acqua, igiene e salute, istruzione ed educazione, sviluppo socio-economico e protezione ambientale, educazione alla cittadinanza globale e volontariato internazionale.
Mission – La nostra azione si rivolge soprattutto a bambine, bambini, donne e giovani, attori di cambiamento in ogni comunità per un mondo più giusto e inclusivo. Aiutiamo le persone a superare l’emergenza e garantiamo una vita degna, opportunità e futuro attraverso programmi di sviluppo umano ed economico (nell’ambito dell’Agenda 2030).
Vision – Vogliamo un mondo migliore in cui tutti, in particolare bambini e donne, abbiano uguali opportunità e diritti, accesso alle risorse, alla salute, all’istruzione e a un lavoro degno. Un mondo in cui l’ambiente sia un bene comune rispettato e difeso; in cui la guerra, la violenza e lo sfruttamento siano banditi. Un mondo, terra di tutti, in cui nessuno sia escluso.
Per informazioni:
Ufficio Stampa WeWorld
Greta Nicolini – Responsabile Ufficio Stampa, 347 5279744 – greta.nicolini@weworld.it
Irene Leonardi, 389 1642500 – irene.leonardi@weworld.it
Ufficio stampa Eprcomunicazione
Chiara Comenducci, 3343124974, comenducci@eprcomunicazione.it;
Paola Garifi, 328 9433375, garifi@eprcomunicazione.it;
Laura Fraccaro, 347 4920345, fraccaro@eprcomunicazione.it;
Elisabetta Amato, 3341062933, amato@eprcomunicazione.it;
Parole chiave : Donne, serie, WeWorld
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Il progetto studentesco LEDS for Africa dell’Università degli Studi di Padova si appresta alla prima missione per l’installazione di impianti fotovoltaici nel villaggio rurale di Ponta Cabral, in Guinea Bissau.
L’iniziativa nasce nel 2018 dalla sinergia tra l’associazione LEDS, fondata da studenti di Ingegneria dell’Energia, e il missionario Padre Michael, direttore della missione francescana di Quinhamel.
Dopo quattro anni di lavoro, dedicati alle progettazioni e a un sopralluogo, è in partenza a gennaio 2023 la prima spedizione, con lo scopo di installare i primi impianti fotovoltaici, grazie ai quali si doteranno di illuminazione ed energia più di 30 famiglie.
Nel complesso il progetto aspira a conseguire l’installazione di 100 impianti fotovoltaici domestici autonomi, un sistema di pompaggio solare e un impianto in corrente alternata che andranno ad apportare significativi miglioramenti alla vita di circa 100 famiglie.
L’energia elettrica è un servizio essenziale per gli abitanti del villaggio, con immediati benefici dal punto di vista sanitario e di accesso all’istruzione.
Il progetto, conformato ai criteri ispiratori della sostenibilità ambientale e sociale, va nella direzione di molti degli obiettivi globali delineati nell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, a partire dal SDG7, atto a garantire l’accesso a un’energia economica, affidabile, sostenibile e moderna per tutti.
I privati possono sostenere l’iniziativa partecipando a una campagna di crowdfunding inaugurata sul portale Eppela e vengono coinvolti sotto forma di aggiornamenti sull’avanzamento dei lavori e di reward pensati quali ringraziamenti ad hoc per il supporto ricevuto.
Affiancano LEDS for Africa nel proprio operato importanti realtà accademiche quali il Centro Studi Levi Cases, il Dipartimento di Ingegneria Industriale UNIPD e l’IEEE – Institute of Electrical and Electronics Engineers.
CONTATTI
Studenti referenti:
Lara Gloder, lara.gloder@studenti.unipd.it 3404597643
Amedeo Ceccato, amedeo.ceccato@studenti.unipd.it 3466771378
Facebook e Instagram:
@leds4africa
Linkedin:
leds-4-africa
Email: leds.forafrica@gmail.com e leds4africa@ledspadova.eu
Siti web:
https://www.leds4africa.ledspadova.eu/
https://www.dii.unipd.it/didattica/ progetti/leds-africa
Pagina campagna crowdfunding:
https://www.eppela.com/projects/9066
Parole chiave : energia elettrica, fotovoltaici, Guinea Bissau, LEDS for Africa, ONU
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Ecco alcuni dati emersi durante la presentazione regionale del Dossier Statistico Immigrazione IDOS/Confronti organizzata in Salaborsa a Bologna dall’associazione Africa e Mediterraneo, cooperativa Lai-momo e Abantu in contemporanea con regioni e provincie autonome di tutta Italia.
I dati regionali sono stati presentati da Valerio Vanelli: Al 1° gennaio 2022 le persone con cittadinanza straniera residenti in Emilia-Romagna sono 566.687 (12,8% della popolazione complessiva), in leggero incremento rispetto alla stessa data dell’anno precedente (+4.400; +0,8%). In Italia sono quasi 5,2 milioni (8,8%). L’Emilia-Romagna è da diversi anni la regione italiana con la più alta incidenza, seguita dalla Lombardia.
Se si considerano i soli cittadini di paesi non Ue, l’incidenza sul totale della popolazione residente in Emilia-Romagna risulta pari al 10,0% (in Italia 6,4%).
Si conferma prevalenza di donne, che in Emilia-Romagna sono la maggioranza dal 2009 (in Italia dal 2008). Al 1° gennaio 2022 sono il 52,2% del totale dei residenti stranieri in regione (in Italia 51,3%).
L’età media delle persone con cittadinanza straniera nella nostra regione è 35,7 anni mentre per gli italiani è 47,8 anni. Anche per la popolazione straniera, però, aumenta soprattutto la popolazione adulta e anziana: fra gli stranieri residenti, quelli di almeno 50 anni nel 2008 erano il 10,0%, oggi sono il 23,1%; quelli di meno di 30 anni erano il 45,5%, oggi sono il 36,3%.
I minori stranieri residenti in Emilia-Romagna sono oltre 120mila, oltre un quinto (20,8%) del totale degli stranieri, così come in Italia (20,3%).
Anche nell’area metropolitana di Bologna i minori sono oltre un quinto del totale dei cittadini stranieri residenti (20,1%), mentre nel comune capoluogo sono il 18,8%.
I minori stranieri costituiscono il 17,4% del totale dei minori residenti in Emilia-Romagna.
I bambini stranieri nati nel 2020 (ultimo dato disponibile Istat) in Emilia-Romagna sono stati 7.312, quasi un quarto (24,5%) del totale dei nati nell’anno (in Italia 14,8%, nell’area metropolitana di Bologna 22,4%, nel comune capoluogo 23,9%). In realtà, anche le nascite di bambini stranieri in Emilia-Romagna sono in flessione da oltre un decennio.
Fra i cittadini stranieri residenti in Emilia-Romagna il 17% circa è nato in Italia. Se si considerano i soli minorenni, circa tre quarti sono nati in Italia, e in particolare lo è la quasi totalità dei residenti con meno di 6 anni. Infatti, nell’a.s. 2020/21 il 68,8% degli alunni stranieri è nato in Italia.
Ecco i primi quattro Paesi di cittadinanza dei residenti stranieri in Emilia-Romagna: Romania (17,5%), Marocco (10,9%), Albania (10,3%), Ucraina (5,9%).
In Italia i paesi sono: Romania (20,8%), Albania (8,4%), Marocco (8,3%), Cina (6,4%).
Alcuni dati per l’area metropolitana di Bologna, presentati da Maria Adele Mimmi capo area welfare del comune di Bologna.
Nell’area metropolitana di Bologna le prime nazionalità sono: Romania (22,5%), Marocco (9,9%), Pakistan (6,8%), Albania (6,4%).
Nel comune di Bologna sono: Romania, Bangladesh, Filippine, Pakistan.
I primi comuni dell’area metropolitana di Bologna per presenza straniera sono: Galliera 17,9 Crevalcore 15,9 Bologna 15,8 Vergato 15,4.
Ogni anno a Bologna arrivano 14.000 persone immigrate da fuori, di cui 10.000 dall’Italia e 4.000 dall’estero, ed è solo grazie a questo flusso migratorio la città mantiene la dinamicità demografica, perché i nati non sono sufficienti.
A Bologna i posti per l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo sono 3137. Nel progetto SAI dell’Area metropolitana di Bologna sono coinvolti 41 comuni, 13 enti del terzo settore come gestori, l’AUSL e ASP-Città di Bologna, per un totale di 2110 posti finanziati su 40.000 circa del SAI a livello italiano.
L’emergenza Ucraina ha portato 3916 richieste di protezione temporanea nell’area metropolitana di cui 1695 solo per la città di Bologna.
Andrea Facchini (Regione E-R) ha annunciato che la regione proprio ieri ha approvato in Assemblea Legislativa il nuovo Piano Triennale per l’Inclusione dei cittadini di origine straniera. Ha poi spiegato il progetto Common ground per l’attuazione di interventi rivolti all’integrazione sociale, sanitaria, abitativa e lavorativa di cittadini di paesi terzi vittime e potenziali vittime di sfruttamento lavorativo, in corso di realizzazione assieme alle Regioni Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia.
L’incontro è stato aperto dall’assessore del Comune di Bologna Luca Rizzo Nervo “Voglio sottolineare l’adozione della direttiva 55 per le persone arrivate dall’Ucraina, che ha consentito la regolarizzazione in pochi mesi : essa è giusta ma per essere inclusiva fino in fondo dovrebbe essere applicata a tutti, altrimenti rischia di essere discriminatoria. La mia delega è alle “Nuove cittadinanze”, non all’“Immigrazione” ed è questa la nostra direzione, anche per questo abbiamo messo lo jus scholae nello statuto del Comune.
Vari interventi si sono succeduti, tra cui la spiegazione da parte di Marie Paul N’guessan, dell’associazione Universo dello SPAD – Sportello antidiscriminazione del Comune di Bologna, ora allargato con lo SPAD mobile per andare nei quartieri con 12 giornate informative.
Parole chiave : dossier 2022, Dossier statistico immigrazione, Regione Emilia-Romagna
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Africa e Mediterraneo anche quest’anno organizza la presentazione regionale per l’Emilia-Romagna dell’edizione 2022 del Dossier Statistico Immigrazione, che si terrà giovedì 27 ottobre 2022, h 11-13 presso la Sala Conferenze di Biblioteca Salaborsa, Piazza del Nettuno 3 a Bologna, in contemporanea con la presentazione nazionale di Roma e tutte le regioni e province autonome d’Italia.
Come ogni anno, l’ingresso è libero, fino a esaurimento posti, e a ciascun partecipante sarà distribuita una copia cartacea gratuita del Dossier Statistico Immigrazione 2022.
Dopo un saluto dell’assessore Luca Rizzo Nervo, la prima parte della presentazione sarà dedicata a un focus per la stampa con la presentazione dei dati regionali e cittadini a cura di Valerio Vanelli (Università di Bologna) e Maria Adele Mimmi (Capo Area Welfare del Comune di Bologna). Seguiranno gli approfondimenti da parte di Pietro Pinto, della Redazione del Dossier Statistico, Maurizio Braglia (Regione Emilia-Romagna, Settore Politiche Sociali d’Inclusione e Pari Opportunità) e Marie-Paule N’Guessan (Progetto SPAD del Comune di Bologna). Concluderanno l’incontro Daniele Massa (Diaconia Valdese), Alda Germani (CGIL E.-R.), Fatima Mochrik (CISL E.-R.) e Paula Benea (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Coordinerà i lavori Sandra Federici, direttrice di Africa e Mediterraneo.
Con il supporto di una ricca gamma di dati statistici aggiornati, che ogni anno IDOS raccoglie da una pluralità di fonti ufficiali ed elabora in maniera rigorosa e originale, il Dossier Statistico Immigrazione analizza ad ampio raggio tutte le dimensioni fondamentali dell’immigrazione in Italia.
Nell’edizione 2022, in particolare, vengono trasversalmente analizzati, con il contributo di vari esperti, gli effetti sociali, economici e occupazionali della crisi pandemica e della guerra in Ucraina sul quadro migratorio italiano e sulle condizioni di vita dei migranti che vivono nel Paese.
Parole chiave : 2022, Dossier statistico immigrazione, Idos, Immigrazione, pandemia, Ucraina
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Da metà marzo 2022, il servizio Punto Migranti, gestito dalla Cooperativa Sociale Abantu, attivo in ognuno dei 15 Comuni del Distretto Pianura Est di Bologna, è stato potenziato con consulenze specifiche in supporto all’Emergenza Ucraina. I nuclei presenti sul territorio sono stati incontrati ed orientati verso i servizi in ambito normativo, scolastico e sociale. A Bentivoglio le donne arrivate dall’Ucraina sono state invitate ad unirsi al corso di lingua italiana, attivo dal 2001, patrocinato dal Comune e organizzato dal Centro Sociale “Il Mulino”. Vedendo la massiccia partecipazione e il desiderio di condivisione con le altre studentesse dei propri sentimenti e vissuti, è nata l’idea di raccogliere in una piccola brochure le voci delle donne sfuggite alla guerra che, a loro volta, hanno coinvolto anche alcuni uomini venuti dal conflitto. In occasione del 77° anniversario della liberazione di Bentivoglio, il 22 aprile durante la cerimonia commemorativa, sono state lette pubblicamente queste riflessioni. E’ stato un momento denso di emozione, un monito perentorio contro la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti. I testi sono stati raccolti in questa preziosa brochure che pubblichiamo.
Angela Bortolotti