27 settembre 2011

Rachid Koraïchi: vincitore del Jameel Prize 2011

Il Jameel Prize è il premio per l’arte e il design internazionale del valore di 25.000 sterline, assegnato a un artista contemporaneo che si ispira alla tradizione e al design dell’artigianato islamico. Quest’anno, tra i dieci artisti e designer selezionati, la mostra presenta le opere vincitrici dell’artista algerino Rachid Koraïchi.

Rachid Koraïchi ha vinto il Premio Jameel grazie al suo originale lavoro intitolato Les Maitres invisibles, che consiste  in un pannello di stoffa ricamato, con incisi simboli e cifre arabe.

Il lavoro di Koraichi si combina appieno con gli obiettivi del Premio Jameel, in cui convivono sia  qualità e innovazione nella progettazione che profondo rispetto dell’arte tradizionale.

La giuria incaricata di eleggere il vincitore, ha premiato la capacità di Koraichi di rendere accessibile e comprensibile a tutti la complessa tradizione spirituale e intellettuale araba, attraverso il linguaggio grafico contemporaneo.

Koraichi ha utilizzato la calligrafia araba unitamente ad un insieme di simboli caratteristici di una serie di altre lingue e culture, per esplorare la vita e le eredità di quattordici grandi pensatori dell’Islam. Il lavoro mira a dimostrare che il mondo islamico, in contrasto con la contemporanea percezione di violenza e durezza che spesso a questo è associata, ha un altro lato, pienamente evidente negli scritti di questi pensatori musulmani e di alcuni importanti poeti come Rumi e Ibnul Arabi, che mostrano al contrario la raffinatezza e la tolleranza dell’ideologia islamica.

Lo stesso Koraichi ha affermato che la sua vittoria, accolta con grande sorpresa e piacere, rappresenta più in generale l’immenso talento e la creatività degli artisti del mondo arabo contemporaneo, all’insegna dei valori della tolleranza e del patrimonio artistico culturale tradizionale.

Per maggiori informazioni: www.vam.ac.uk

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07 settembre 2011

LondonBamako – a collaborative exhibition of exchanges 17-25 maggio 2011 (Londra) 20-30 settembre 2011 (Bamako)

Immagini da Bamako & London. © Alioune Bâ and Diane Patrice

“Bamako&London” è una mostra fotografica itinerante nelle due città: a Londra è stata esposta dal 17 al 25 maggio 2011 e a Bamako sarà presentata dal 20 al 30 settembre 2011. I lavori esibiti, soprattutto fotografie e filmati, provengono da entrambe le città e hanno la volontà di mostrare scene di vita quotidiana a confronto, stimolando riflessioni di carattere interculturale. Il team di curatori della mostra è composto da Alioune Bâ e Diane Patrice, entrambi noti fotografi rispettivamente di Bamako e Londra, e Sophie Mew, antropologa inglese. Le opere selezione presentano momenti della quotidianità come partite di calcio, conducenti di taxi, persone che bevono te, famiglie e musicisti. Le immagini sono accompagnate da brevi testimonianze, in francese e in inglese, scritte da persone inglesi e maliane, allo scopo di mettere in relazione aspetti simili delle vite nelle due città.

Grazie all’intento di promuovere temi d’inclusione sociale e di testimoniare momenti di vita reale, la mostra è ormai considerata un progetto di carattere interculturale ed educativo. Inoltre è parte della politica della mostra favorire il più possibile le visite attraverso ingressi gratuiti e programmi di accompagnamento offerti alle comunità locali e alle scuole.

Per maggiori informazioni: www.bamakoandlondon.com

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30 agosto 2011

António Ole nella pelle di Luanda

Il sito Art Africa del Centro de Estudos Comparatistas dell’Università di Lisbona inaugura un ciclo di riproduzioni virtuali di mostre reali, pubblicando una serie di opere del grande artista e videomaker angolano António Ole. La mostra, dal titolo “Na Pele da Cidade”, è quasi una retrospettiva delle principali opere dell’artista, visto che presenta le famose installazioni Margem da zona limite, presentate alla Biennale di Johannesburg nel 1995, i Township Walls costruiti in Germania e alla Biennale di Venezia e le bellissime foto dei muri degradati (Urban Choices I). Lo sguardo poetico di Ole si posa con compassionevole e lucida attenzione sui muri della sua città, che ne sono la “pelle”, e continua a consegnarci opere straordinarie, raccolte qui come rappresentazioni di frontiere mutevoli, indefinite, porose, dove il tempo e la storia lasciano i loro segni stratificati.

La mostra è visitabile all’indirizzo www.artafrica.info/html/expovirtual/expovirtual.php?ide=24

António Ole, Township Wall, Africa Remix, Dusseldorf, 2004 ©António Ole

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01 agosto 2011

Inkanyiso solo exhibition by Zanele Muholi
Stevenson, Johannesburg, 7 luglio – 5 agosto 2011

Inkanyiso è il titolo della mostra monografica di Zanele Muholi che include tre nuovi cicli fotografici – nuovi ritratti delle serie ancora aperte Faces and Phases (2010-11), Beulahs (2007-10) e Transfigures (2010-11) – più il documentario Difficult Love (2010). Con questa mostra l’“attivista visuale” Muholi – come lei stessa ama definirsi – continua il suo lavoro sulle minoranze sessuali presentando nuove serie di ritratti in bianco e nero dedicati alle comunità omosessuali nere di Sudafrica, Botswana e Svezia. Il documentario Difficult Love, che ha già collezionato diverse partecipazioni a festival di tutto il mondo ma che per la prima volta viene presentato in una galleria d’arte, offre inoltre una prospettiva personale sulle sfide che devono affrontare le donne omosessuali nel Sudafrica d’oggi.

Zanele Muholi è nata a Umlazi, Durban nel 1972 e vive a Città del Capo. Ha studiato fotografia al Market Photo Workshop in Newtown, Johannesburg. Nel 2009 è stata la Ida Ely Rubin Artist-in-Residence al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e ha vinto il Casa Africa and Fondation Blachère awards ai Rencontres de Bamako – Biennale africana di fotografia.

Vredehoek, Cape Town, 2011 Silver gelatin print Image size: 76.5 x 50.5cm Paper size: 86.5 x 60.5cm Edition of 8 + 2AP. © Muholi/Stevenson

Gaborone, Botswana, 2010 Silver gelatin print Image size: 76.5 x 50.5cm Paper size: 86.5 x 60.5cm Edition of 8 + 2AP. © Muholi/Stevenson

Makhaza, Khayelitsha, Cape Town, 2011 Silver gelatin print Image size: 76.5 x 50.5cm Paper size: 86.5 x 60.5cm Edition of 8 + 2AP. © Muholi/Stevenson

Constitution Hill, Johannesburg, 2010 Silver gelatin print Image size: 76.5 x 50.5cm Paper size: 86.5 x 60.5cm Edition of 8 + 2AP. © Muholi/Stevenson

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29 luglio 2011

Impressions from South Africa, 1965 to now
MoMA, 23 marzo – 29 agosto 2011

Conrad Botes, Secret Language II

Conrad Botes. Secret Language II. 2005. Lithograph, composition: 17 11/16 x 14 15/16" (45 x 38 cm). Publisher and printer: The Artists’ Press, White River, South Africa Edition: 30. The Museum of Modern Art. General Print Fund. © 2011 Conrad Botes

Il MoMA di New York ospiterà fino al 29 agosto Impressions from South Africa, 1965 to now, mostra collettiva di artisti sudafricani che presenta opere di vario genere quali poster, copertine di fumetti, serigrafie, elaborazioni fotografiche, ecc. La scelta di dedicare la mostra a una produzione artistica più vicina al mondo delle arti applicate che ai media canonici non è però casuale e rispecchia invece la situazione degli ambienti artistici sudafricani all’epoca dell’Apartheid, quando le opportunità nel mondo dell’arte non erano le stesse per tutti.

In questo contesto il printmaking e i settori ad esso collegati, grazie alla disponibilità di formati flessibili, trasportabili e relativamente economici, ha rappresentato un punto fondamentale nello scambio di idee e nella promulgazione della resistenza politica.

Tra le opere incluse nella mostra sono esposti alcuni lavori di William Kentridge, Conrad Botes e Anton Kannemeyer.

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26 febbraio 2011

Breve ricordo dell’artista Goddy Leye

Il 19 febbraio 2011 l’artista camerunese Goddy Leye è morto dopo una breve malattia all’ospedale di Bonassama a Douala.

Era uno dei più conosciuti artisti africani, presente in numerose mostre e progetti sull’arte contemporanea africana e internazionale, e promotore lui stesso di iniziative artistiche importanti, punto di riferimento per tanti artisti, non solo in Camerun. Nel 2003 aveva iniziato il progetto Art Bakery, un programma di residenze artistiche ospitato nel suo studio di Bonendale, vicino a Douala.

Goddy Leye realizzava soprattutto video e video installazioni.

Il suo lavoro si concentra sui temi della memoria, della costruzione della storia, dell’identità, del postcolonialismo, sulle trasformazioni urbane.

Oltre che per la sua importanza nell’arte contemporanea, lo ricordiamo come un intellettuale colto, intelligente e gentile.

Alcune frasi dal suo sito (http://goddyleye.lecktronix.net/):

My work is about MEMORY. I am interested in stories and histories, myths and mysteries lying underneath the surface of things, events , places, people.

Having been born and bred in an environment where the past was either forbidden or intentionally distorted in order to create a schizophrenic mind in the post-colony, I guess there has always been/there is still, the need to rewrite HISTORY.

For a decade now, I have been busy exploring my memory


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22 febbraio 2011

Il sangue non è acqua: a proposito di Saif el-Islam Gheddafi

E’ stato impressionante vedere in televisione il figlio di Gheddafi, Saif el-Islam, dire con aria serissima che è in atto un «complotto» contro la nazione da parte di un non meglio precisato «movimento separatista», e che «questi scontri possono portare alla guerra civile», che i libici combatteranno fino all’ultimo uomo.

Impressionante perché 8 anni fa abbiamo pubblicato sulla nostra rivista Africa e Mediterraneo (n. 43-44, Arte contemporanea del Nord Africa, vedi http://laimomo.it/front-end/detail_new.php?p=94&c=5&a=0&pd=N) delle opere d’arte contemporanea realizzate da lui, e una scheda su Saif el-Islam Gaddafi come artista.

Avevamo fatto un numero sull’arte dei cinque paesi del Nord Africa e tra questi erano incluse anche le poche informazioni che eravamo riusciti ad avere dalla Libia. La fonte principale era stato il materiale della mostra “Il deserto non è silente”, ospitata nel 2002 a Castel Sant’Angelo Roma e in seguito a Milano al Palazzo della Ragione, e promossa proprio dalla , di cui Saif el-Islam è presidente.

E pensare che alcune opere non erano neanche male. Lui è un architetto, ed è stato sempre visto a livello internazionale come la speranza della modernizzazione e del buon governo in Libia, interessato a puntare sui rapporti euro-mediterranei, sulla cultura e il turismo. Ad esempio ultimamente aveva presentato un bel progetto per la creazione di un parco naturalistico ed archeologico presso Cirene.

Insomma, sembrava una persona normale. Invece, si vede che il sangue non è acqua, e di fronte al pericolo di perdere il potere si è fatto sentire.

Comunque… questa è una foto di quando inaugurava la mostra a Roma, a fianco di Massimo D’Alema. Forse si divertiva di più che a guidare la repressione del suo popolo in rivolta. Chissà.

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20 gennaio 2011

L’Africa delle meraviglie – Arti africane nelle collezioni italiane

Palazzo Ducale e Castello d’Albertis, Genova 31 dicembre – 5 giugno 2011

Finalmente un “grande evento” è dedicato all’arte africana. E’ in corso infatti a Genova presso il Palazzo Ducale e il Castello d’Albertis una esposizione di opere d’arte africana tradizionale che è stata inaugurata il 31 dicembre e sarà aperta fino al 5 giugno 2011.

Curata da Ivan Bargna e Giovanna Parodi da Passano con la collaborazione di Marc Augé, la mostra offre la possibilità di apprezzare oltre 350 opere provenienti da prestigiose collezioni private italiane, in gran parte inedite.

Frutto della collaborazione fra vari antropologi e l’artista Stefano Arienti, tale progetto consente di effettuare un avvincente percorso all’interno della cultura e dell’arte dell’Africa subsahariana: dalla Liberia al Camerun, dal Mali al Congo.

Con l’allestimento di maschere, statuette di legno, feticci e altre affascinanti sculture l’artista pone l’accento sulla tattilità e sulla materialità degli oggetti d’arte africana, evocando magistralmente la realtà di questi Paesi.

A creare quest’atmosfera, contribuiscono ancor di più i tre colori dominanti dell’arte africana tradizionale, ossia bianco, rosso e nero.

www.palazzoducale.genova.it

www.africadellemeraviglie.it


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21 giugno 2010

6/7/2010- Esposizione d’arte di Ann Mary Gollifer a Londra

Gollifer_July_2010_B_Exhibition_ImageEvento: Mostra “What am I doing here? Ke dirang ha?”

Dove: Bicha Gallery, Londra.

Quando: Dal 6 al 18 luglio 2010.

Informazioni: La Bicha Gallery di Londra presenta un’esposizione d’opere di Ann Mary Gollifer, artista britannica trasferitasi in Botswana. L’esposizione affronta la tematica dell’esotismo e i lavori esposti sono ispirati alla questione della condizione umana, della storia e dell’identità, sia personale che collettiva. Le opere includono vignette fotografiche, autoritratti e rappresentazioni di oggetti personali d’uso quotidiano. Info.

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04 febbraio 2010

Tre grandi africani ad Arte Fiera 2010, Bologna

Da giovedì 28 gennaio a domenica 31 gennaio 2010 a Bologna c’è stata Arte Fiera.

Ho fatto un giro all’inaugurazione, purtroppo in fretta e senza poter vedere molto, e annoto qui tre importanti artisti africani che erano presentati da gallerie di riferimento per il mercato dell’arte.

Innanzitutto c’era Pascale Martin Tayou alla Galleria Continua di San Gimignano. Vendevano pezzi della grande installazione Human Being 2007-2009 presentata dall’artista all’ultima Biennale di Venezia, nell’esposizione internazionale “Fare Mondi // Making Worlds” curata da Daniel Birnbaum.

A Venezia era una delle opere che colpivano di più i visitatori, che si fermavano a osservare le diverse parti di questa complessa costruzione. L’artista aveva voluto evocare l’architettura di un villaggio africano, con rappresentazioni video della vita e del lavoro, creando collegamenti tra forme, storie e rumori del Nord e del Sud del mondo. L’opera appariva come un disorganico reportage di contesti locali collegati in una dimensione globale, che era difficile cogliere in maniera unitaria, simultanea: per capire era necessario fermarsi e osservare, video per video, installazione per installazione, dedicandovi del tempo.
Questo spazio allo stesso tempo vitale e misterioso era abitato da piccoli gruppi di strani, piccoli personaggi, realizzati in diversi materiali, decorati con spillette, cauri e collanine. La Galleria Continua, che da tempo rappresenta Tayou in Italia, ha portato ad Arte Fiera alcuni degli abitanti di questo strano villaggio.
Tayou
Pascal Marthine Tayou è nato in Camerun e ora vive in Belgio, ma viaggia continuamente nel mondo ed è uno dei vip della comunità di artisti africani rappresentati nelle principali biennali ed esposizioni.

L’importante James Cohan Gallery di New York esponeva un’installazione di Yinka Shonibare, Girl, Girl on Globe, 2009. Due bambini senza testa, vestiti con abiti tagliati in stile vittoriano ma realizzati con i tessuti “wax” tanto diffusi in Africa, si rincorrono su un piccolo pianeta terra. Hanno poco spazio per correre ma lo fanno in maniera molto sicura, sembra quasi che si muovano. Un’opera molto meno graffiante e inquietante rispetto a tante altre opere realizzate da questo brillante artista, nato a Londra da genitori nigeriani, cresciuto in Nigeria con i privilegi della classe alta a cui appartiene la sua famiglia, ritornato poi a Londra a completare gli studi.

Shonibare

Lui parla Yoruba e Inglese e si definisce “truly bicultural”. Nel suo lavoro, che ha avuto grandi riconoscimenti di pubblico, critica e mercato (tra l’altro, è stato nominato nel 2004 tra i finalisti del Turner Prize), esplora i temi della razza, dell’identità, delle differenze di classe, mescolando forme diverse come la scultura, la fotografia, la pittura e soprattutto l’installazione. Il tema della mescolanza tra culture e dell’ambiguità del concetto di “purezza” culturale si concentra tutto nell’uso di questi tessuti: africani nello stile e nel senso comune, ma realizzati altrove (infatti Shonibare li compra a Londra). In più, l’artista li taglia e cuce in modelli tipici dell’Inghilterra coloniale: un modo per ribadire che la cultura è una costruzione artificiale.

Infine, entrando nello stand della galleria Lia Rumma di Napoli, si poteva vedere un’opera meravigliosa di William Kentridge: un arazzo largo tre metri e mezzo e alto due e mezzo, che riproduceva una complessa costruzione dal titolo Noah: Porter Series (Géographie des Hebreux ou Tableau de la dispersion des Enfants de Noë), 2001-2005. L’opera fa parte di una serie di arazzi in cui l’artista rappresenta ombre in processione proiettate su mappe d’epoca. Tutte opere realizzate dal 2001 in poi, nelle quali Kentridge sceglie come protagoniste ombre di cavalli e cavalieri “in cerca di una terra promessa piuttosto che della Terra Promessa”, simbolo di una crociata senza speranza attraverso la storia degli uomini e dei popoli.

Camminate che si svolgono su sfondi che rappresentano la “cartografia biblica” (Egitto e Palestina). Qui la cartina, realizzata come per gli altri in lana mohair con un bellissimo punto di beige (veniva voglia di accarezzarlo per sentire la morbidezza e il calore di quel tessuto luminoso), rappresentava tutto il Mediterraneo e parte dell’Egitto. In basso era riprodotta, sempre nel tessuto (intrecciato a mano in laboratori di Johannesburg diretti da Margherite Stephens) la genealogia dei tre figli di Noè: Sem Cam e Japhet. Un’opera coltissima e profonda, preziosa e unica per la fattura e senza quelle che io chiamo facili “furberie etniche”, con un contenuto profondo e tormentato che arriva dalle origini ebraiche dell’artista sudafricano. Radici di famiglia che Kentridge sa sempre reinterpretare nell’universale disgraziata storia degli uomini sulla terra, costretti a fuggire, a migrare, a subire sopraffazioni. Una storia che Kentridge riesce sempre a fare sentire come condizione che riguarda tutti gli uomini e ogni uomo.

kentridge
Dal 1997, anno della sua partecipazione alla X edizione di Documenta a Kassel, le personali di William Kentridge (Johannesburg, 1955) ospitate nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo si sono moltiplicate, a cominciare dal MCA di San Diego (1998) e dal Museum of Modern Art di New York (1999). Nel 1998 il Palais des Beaux-Arts di Bruxelles ha presentato una retrospettiva delle sue opere. Una nuova antologica, curata da Carolyn Christov-Bakargiev, è stata ospitata nel 2004 nel Castello di Rivoli e poi in molti altri musei in Europa, Canada, Australia e Sudafrica. Il 2009 ha segnato l’avvio di una nuova, grande mostra itinerante, che è partita da San Francisco e ha toccato vari musei del Texas, della Florida, il MoMA di New York, prima di passare in Europa.

Insomma, Kentridge si conferma un grandissimo dell’arte africana e su quell’arazzo ci ho proprio lasciato gli occhi.
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