Il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università della Calabria sta organizzando un importante convegno internazionale sul rapporto tra la trasmissione dei messaggi religiosi e l’arte plastica popolare urbana in Congo. Considerata un interessante punto di osservazione di processi sociali e culturali per uno studio delle interrelazioni fra testo sacro, evangelizzazione e iconografia (devozionale e non), l’arte popolare merita riconoscimento e legittimazione come fonte storica e, in modo più incisivo, quale modalità di rappresentazione performativa. Un riconoscimento che il Dipartimento ha mostrato digitalizzando la preziosa collezione di pittura popolare congolese raccolta da Bogumil Jewsiewicki tra il 1968 e il 2005, rendendola disponibile nel sito http://www.congoartpop.unical.it/
Il Convegno propone di dibattere questi temi in un’ottica interdisciplinare e in una prospettiva comparativa, estendendo lo sguardo ad altre aree storico-culturali, coloniali e non, e alle più generali dinamiche di scambio tra cultura ‘alta’ e cultura ‘popolare’. In tal senso, vuole essere un’occasione di approfondimento di problemi nodali, secondo due ambiti tematici: I) Immagini e trasmissione del sacro; II) Saperi-poteri-rappresentazioni. Un confronto aperto che aggiunge una tavola rotonda tesa a consentire un più diretto scambio di idee e a fare il punto delle esperienze guardando a nuove prospettive di ricerca.
Il Convegno, di cui pubblichiamo la call for papers, si propone inoltre di volgere lo sguardo anche alle dinamiche di un presente caratterizzato da un’accelerazione dei processi migratori e della convivenza tra persone di diverse culture; dal coesistere di forme di identità fluide accanto a sovranismi e nazionalismi; da sradicamenti obbligati, materiali e culturali; dalle sfide della secolarizzazione. In un tale quadro di riferimento la riconsiderazione dei processi di trasmissione delle conoscenze e delle categorie religiose appare utile anche per aprire la strada a forme nuove di inclusione e coesistenza.
CALL FOR PAPERS:
CALL ITA – CONVEGNO UNIV CALABRIA 4-6 GIUGNO 2024
CALL FR. – COLLOQUE UNIV. CALABRIA – 4-6 JUIN 2024
CALL INGL. – CONFERENCE UNIV CALABRIA 4-6 JUNE 2024
Parole chiave : Congo, Convegno, pittura, Rosario Giordano, Università di Calabria
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29 novembre 2022
Etiopia: il Tigray dimenticato. Mostra fotografica di Coralie Maneri
A Firenze dal 7 al 13 dicembre si terrà la mostra fotografica dal titolo Etiopia: il Tigray dimenticato di Coralie Maneri con scatti sul tema dell’approvvigionamento idrico delle popolazioni nella regione del Tigray. Le immagini in mostra, antecedenti alla guerra civile iniziata nel novembre 2020, sono la testimonianza vissuta sul campo della quotidianità di un popolo che vive con grande fierezza ed umiltà in un territorio estremamente aspro e difficile.
L’inaugurazione della mostra si terrà presso la Fondazione Robert F. Kennedy Human Rights Italia, via Ghibellina 12, Firenze, il giorno mercoledì 7 dicembre dalle ore 18 alle 20.30.
Orari mostra:
Giovedì 8, venerdì 9, sabato 10, domenica 11 dicembre: 11.00 – 20.30
Lunedì 12, martedì 13 dicembre: 16.00 – 20.30
PATROCINI E SPONSOR
Con il patrocinio di: Regione Toscana, Comune di Firenze, IAH-BGID, IAH-SHG, ECHN-Italy, Società Geologica Italiana, Consiglio Nazionale dei Geologi, Università di Firenze e Museke Onlus.
Con il contributo di: Acquifera APS e IAH-Italy.
Coralie Maneri, fotografa autodidatta italo-svizzera, si dedica ad oggi soprattutto a progetti sociali nei paesi in via di sviluppo come fotografa freelance. In Etiopia documenta da più di 10 anni la realizzazione di pozzi d’acqua, scuole rurali ed health post, in particolar modo nel territorio del Tigray tramite la Fondazione Butterfly onlus.
Queste immagini sono la testimonianza vissuta sul campo della quotidianità di un popolo che vive con grande fierezza ed umiltà in un territorio estremamente aspro e difficile. Gli scatti si fermano a novembre 2020, momento nel quale, ong, giornalisti e fotografi sono stati interdetti dalla zona di guerra che dura da più 2 anni.
Viene da chiedersi il perché alcune notizie di guerra e di crimini contro l’umanità siano più degne di attenzione rispetto ad altre. Giornalisticamente sembrerebbe essere importante il concetto di “morto chilometrico” in quanto i media sembrano attribuire importanza alle vittime di una tragedia in base alla distanza che le separa dallo spettatore, dall’ascoltatore o dal lettore.
Il dizionario definisce la parola Umanità come “l’insieme di uomini” in quanto sottoposti alle limitazioni della natura umana; oppure ancora “l’intero genere umano” senza fare alcuna allusione al colore della pelle.
È necessario che l’intera società occidentale non cada nel tranello dei media e dei poteri forti che, per ovvi interessi economici, distolgono l’attenzione da guerre lontane dai nostri occhi (59 guerre in corso sul pianeta nel 2022), e inizi ad occuparsi realmente di “crimini contro l’umanità” al di fuori delle barriere che ci vogliono separare dalla realtà che ci definisce tutti, indistintamente “esseri umani”.
Parole chiave : Acqua, Coralie Maneri, Etiopia, fotografia, Tigray
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È uscito il dossier 96 di Africa e Mediterraneo intitolato Il grado zero del razzismo. Nell’introduzione i curatori Vincenzo Fano e Matteo Bedetti osservano che la propensione a suddividere la popolazione umana in razze a cui sono attribuite caratteristiche omogenee ed essenziali è tutt’oggi diffusa e supportata non solo da comportamenti sociali e attitudini culturali, ma anche da una pericolosa pseudoscienza che trova spazio e anzi alimenta il dibattito su questo tema.
Partendo dal lavoro del genetista Richard Lewontin, che ha dimostrato come la variazione genetica tra “razze” sia minima in confronto a quella all’interno delle popolazioni, il dossier offre alcune chiavi di lettura del pensiero razzista, raccogliendo contributi che spaziano dalla disamina antropologica, al pensiero filosofico, ai più recenti studi di genetica. Presenta infatti articoli di Guido Barbujani, genetista da sempre interessato alla storia delle popolazioni umane, dei filosofi della scienza Giovanni Boniolo, Federico Boem, Ivan Colagè e Stefano Oliva e della psicologa Valeria Vaccari, che si concentra sulla psicologia del pensiero razzista. Alla luce del momento storico che sta attraversando il nostro paese va evidenziato il contributo di Erika Grasso e Gianluigi Mangiapane sulla strumentalizzazione dell’archeologia durante il fascismo e sugli usi politici delle istituzioni museali – in particolare il Museo di Antropologia ed Etnografia nell’Università di Torino che ebbe un ruolo molto importante nella diffusione della propaganda razzista di regime. A chiudere la sezione di articoli scientifici c’è il ricordo, firmato da Bogumil Jewsiewicki, del professor Carlo Carbone, insigne studioso dell’Africa dei Grandi Laghi e membro del comitato scientifico di Africa e Mediterraneo, scomparso di recente.
Il dossier è corredato da una selezione di scatti che riproducono alcune opere esposte ai padiglioni africani della Biennale di Venezia 2022 di cui Mary Angela Schroth ha scritto una recensione. Della stessa autrice c’è anche un articolo sul progetto “SEDIMENTS. After Memory” promossa da Roma Culture e Azienda Speciale Palaexpo e co-prodotta e organizzata da SPAZIO GRIOT in collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, un’iniziativa ambiziosa e la prima nel suo genere in Italia a proporre una riflessione ampia e complessa sulle criticità del presente lasciando la parola ad artist* e performer afrodiscendenti e africani.
La rivista è acquistabile sul sito https://www.laimomo.it/editoria/
Parole chiave : afrodiscendenti, Biennale di Venezia, Mary Angela Schroth, Razzismo genetico, Rivista Africa e Mediterraneo
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17 gennaio 2019
I proverbi africani. Un viaggio tra antropologia e fotografia
I proverbi appartengono a tutti i continenti e a tutte le culture, e possono essere utilizzati per diversi motivi sociali, culturali, etici: ad esempio, possono essere formule verbali per risolvere discussioni collettive, moniti che richiamano alla consuetudine, oppure possono avere una semplice valenza narrativa. I proverbi sono, infatti, strutture del linguaggio che hanno una potente forza oratoria e arricchiscono il discorso, introducendo immagini dalla forte carica espressiva e metaforica. Le fotografie di Marco Aime, uno dei maggiori e più influenti antropologi italiani e docente all’Università di Genova, sono accompagnate, infatti, da queste brevi forme linguistiche appartenenti alle culture africane, e sono raccolte nel libro Il soffio degli antenati. Immagini e proverbi africani (Einaudi, Torino 2017).
Durante i suoi viaggi in Mali, Ghana, Benin, Malawi, Tanzania, Congo e Algeria, Aime ha realizzato una serie di immagini che evocano alcuni aspetti fondamentali del mondo africano: la vecchiaia, la solidarietà, la famiglia, l’amicizia. Il titolo del libro, ispirato ai versi di Birago Diop, poeta senegalese che aderì al movimento della negritudine, indica la volontà di catturare e reinterpretare una tradizione antica attraverso l’icastica saggezza dei proverbi. Al Museo Africano di Verona è ospitata invece una sua mostra fotografica (27 dicembre 2018 – 31 gennaio 2019, organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova) intitolata Afriche: volti e proverbi, che racconta gli incontri del fotografo con i luoghi e le persone che rimangono ancorati a simboli, leggende e storie che scandiscono le loro esistenze da millenni.
Aime fa compiere al visitatore un viaggio nella complessità e diversità del continente attraverso settantasette scatti in bianco e nero, tentando di restituirne la vitale bellezza attraverso il patrimonio culturale orale delle tradizioni africane. Si sviluppa così poeticamente una narrazione di microstorie, spesso riassunte nel volto di un bambino o in un luogo carico di mistero, dove i proverbi, come spiega l’antropologo, «vengono dal passato e forse rappresentano l’ultimo soffio di una storia che finisce, ma la cui forza evocativa sopravvivrà ancora, se sapremo ascoltarli».