25 giugno 2009
Berlusconi e le città africane
Stamattina al Campus di Maputo si è parlato di Migrazione e cultura nel contesto euroafricano.
Moderava Benigna Zamba, direttrice del Dipartimento di Storia dell’Università Eduardo Mondlane del Mozambico. Sono intervenuti: Eugene Campbell, dell’Università di Botswana; Simao Souindoula, vicepresidente del Comitato scientifico internazionale del progetto La ruta de los esclavos dell’UNESCO e assessore del Ministero della cultura dell’Angola; e Christian Kravagna, professore di Studi postcoloniali dell’Accademia di Belle Arti di Vienna.
Hanno parlato del contributo delle rimesse dei migranti africani nella lotta contro la povertà. I migranti hanno preso la decisione di partire assieme alla famiglia, dunque c’è un legame fortissimo tra gli Africani in diaspora e i loro parenti. C’è la fuga dei cervelli, che è un fatto negativo. Ma la diaspora trasferisce conoscenze, modi di vita, costumi e stili.
I politici europei hanno reso difficile per gli Africani venire in Europa, molti sono morti nel tentativo di attraversare il mare. Tutti questi sforzi e investimenti per regolare l’immigrazione, accompagnati da accordi con stati africani, non hanno fermato questa migrazione.
E’ importante lavorare sugli stereotipi attraverso l’arte e la cultura. Kravagna ha mostrato immagini da una mostra interessante fatta in Austria su Angelus Solimanus, schiavo nero alla corte dell’imperatore austriaco.
Alla fine c’era lo spazio agli interventi del pubblico e sono intervenuta.
Ho posto l’accento sulla grande quantità di progetti di educazione interculturale che sono stati messi in campo in Europa negli ultimi anni, molti finanziati dalla UE, molti da altri finaziatori, ad esempio le Regioni europee, e le fondazioni private.
Tutto questo con un grande impegno delle associazioni della società civile nel favorire l’integrazione, ma anche dei singoli operatori dei servizi pubblici: hanno capito da tempo che i loro utenti non sono più gli stessi, e che devono cambiare il modo di lavorare. Molte associazioni come la nostra lavorano con la cultura contemporanea africana, partendo dai progetti di cooperazione culturale, per mostrare nelle scuole come le culture si influenzano a vicenda.
Ora in Italia abbiamo un governo che porta avanti una linea politica razzista, basata sull’accostamento immigrazione-problema di sicurezza. Su questo accostamento hanno vinto le elezioni nel 2008, e su questo accostamento tanti partiti di estrema destra hanno vinto nei paesi europei le ultime elezioni per il Parlamento UE. Le ultime elezioni hanno mostrato che respingimenti delle barche nel mare Mediterraneo hanno avuto grande successo tra gli italiani.
Il nostro premier e i suoi ministri pronunciano continuamente frasi razziste: “Roma è sporca come una città africana”; “è intollerabile che Milano sembri africana dalle tante facce nere che ci sono”.
Il presidente Giorgio Napolitano ha denunciato il mese scorso questa retorica politica, che fomenta l’intolleranza e il razzismo e può causare esclusione sociale.
Noi persone attive nell’azione interculturale non ci capacitiamo di come la situazione sia sempre peggio, e proviamo vergogna.
Ho concluso trasmettendo una nota positiva. A parte l’azione di noi persone impegnate, c’è una grande quantità di persone normali che vive l’integrazione nella quotidianità e con grande naturalezza: con colleghi, con i compagni dei loro figli nelle scuole, con i negozianti… Così come ci sono tanti insegnanti che senza mezzi e senza fondi lottano ogni giorno per integrare i bimbi stranieri e non farli sentire diversi.
Mi hanno applaudito e in tanti si sono complimentati, con una solidarietà un po’ compassionevole.
Però Simao Souindoula, nel rispondere alle domande del pubblico, dopo avermi dato ragione, mi ha detto “mais moi, j’aime bien Berlusconì, il est simpa…” E lo ha anche ripetuto. Non per niente ci chiamiamo Repubblica delle Banane. E non per niente certi africani hanno i leader che gli piacciono. Come noi italiani, del resto.