03 settembre 2013

Il progetto “Screens – Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio visti dal Sud” continua con i laboratori di fotografia realizzati dai nostri partner del Sud

Primo giorno di workshop a Vittoria, in Sicilia

Baudouin Mouanda viene dalla Repubblica del Congo ed è uno dei fotografi più attivi nella documentazione della situazione del suo paese. In questi giorni sta lavorando in tre luoghi europei “di frontiera”, per scattare foto e raccontare nuove storie, lavorare con i fotografi locali e i giovani delle associazioni, e consegnare una sua visione della “terra dei sogni” che è l’Europa per gli africani. È stato invitato da Africa e Mediterraneo nell’ambito del progetto europeo “Screens – Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio visti dal Sud”, per il ciclo di incontri e seminari di scambio Nord- Sud previsti nei tre paesi partner: Ungheria, Malta e Italia.

Baudouin Mouanda, che è presidente del Collettivo di fotografi Génération Elili, è accompagnato nel suo tour europeo da Jeanne Mercier, co-fondatrice di Afrique in visu, prima piattaforma partecipativa dedicata alla fotografia di autori africani. Insieme stanno realizzando dei laboratori fotografici rivolti ai cittadini delle tre municipalità che ospitano gli incontri: Mátészalka (Ungheria), Siġġiewi (Malta) e Vittoria (Sicilia). I workshop offrono ai partecipanti una conoscenza teorica sulla fotografia per poi guidarli nella realizzazione di un reportage e di un lavoro collettivo sui luoghi di interesse visitati durante le uscite in programma.

I workshop vogliono anche essere un’occasione di incontro e confronto tra i partecipanti e gli esperti del Sud, chiamati ad affrontare diversi temi, dagli Obiettivi del Millennio alle tematiche più spinose dell’immigrazione e dell’emigrazione, un’occasione per riflettere e condividere le proprie esperienze esplorando il linguaggio artistico dell’immagine e della fotografia.

Le attività, infatti, si concluderanno con la visita dei centri di accoglienza per rifugiati che hanno sede nei tre paesi partner del progetto. L’obiettivo è di cogliere gli aspetti più salienti della vita dei rifugiati, ponendo al centro del servizio il loro viaggio e le esperienze di vita degli stessi. I fotografi cercheranno di mettere a confronto le storie dei rifugiati arrivati a Pozzallo (Sicilia) con quelle dei rifugiati arrivati a Mátészalka e Malta, oltre a quelle dei campi africani già incontrati da Jeanne Mercier e Baudouin Mouanda.

I laboratori si concluderanno il 4 settembre con l’ultima tappa siciliana dei due fotografi. A breve potremo condividerne i risultati, per ora vi proponiamo le foto dei “lavori in corso” pubblicate sulla nostra pagina Fb “Mdg Screens”.

Per avere maggiori informazioni sul progetto vi invitiamo a consultare il sito di riferimento www.mdgscreens.eu e la sua pagina Facebook: Mdg Screens.

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22 novembre 2012

“Per scelta, non per caso. Pianificazione familiare, diritti umani e sviluppo” – Il rapporto di UNFPA

Il 14 novembre, presso la Sala Stampa Estera in Roma, AIDOS (Associazione Italiana donne per lo sviluppo) e UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione), hanno presentato il Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo 2012: “Per scelta, non per caso. Pianificazione familiare, diritti umani e sviluppo”.

Il rapporto si concentra sul diritto di ogni coppia alla pianificazione familiare esortando tutti i Governi che ancora stentano a garantirla a promuovere, entro il 2015, l’accesso universale a metodi affidabili di pianificazione familiare e ai servizi di salute riproduttiva.

Alla base vi è la priorità di difendere il diritto fondamentale dell’individuo di poter scegliere responsabilmente il numero dei figli da avere e quando averli, esercitando così i propri diritti riproduttivi.

Come specificato nel rapporto, la tutela della salute sessuale e riproduttiva richiede, però, la messa in campo di una serie di servizi integrati: l’assistenza sanitaria (assistenza pre-natale, durante il parto e post-natale); prevenzione e cure adeguate per l’infertilità; la possibilità di praticare l’aborto in modo sicuro; trattamento delle infezioni dell’apparato riproduttivo; prevenzione e cura delle infezioni a trasmissione sessuale e dell’HIV/AIDS; educazione alla sessualità e la salute riproduttiva; prevenzione in materia di violenza contro le donne e assistenza alle vittime di violenza nonché azioni volte alla prevenzione di alcune pratiche lesive del corpo femminile come le mutilazioni dei genitali.

Nei Paesi in via di sviluppo la pianificazione familiare è un diritto ancora da tutelare e l’obiettivo del rapporto risiede proprio nel fornire risposte esaustive relative a questa materia, con l’auspicio che ogni Governo si doti di strutture adeguate che ne garantiscano il rispetto e il monitoraggio.

Sul piano internazionale, anche l’agenda post- MDGs ha focalizzato la sua attenzione sulla necessità di investire nella pianificazione familiare, ponendola come fondamento per la tutela di altri diritti ad essa connessi.

Le traduzioni italiane dei rapporti di UNFPA sono pubblicate da AIDOS, puoi scaricare la versione italiana dei rapporti nella sezione “pubblicazioni” – “rapporti UNFPA”

Per un approfondimento sull’argomento vedi anche www.mdgscreens.eu nella sezione dedicata all’obiettivo del millennio n.5 “Migliorare la salute materna” o scarica la pubblicazione del progetto Screens nella sezione download del sito.

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10 maggio 2011

Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio a quattro anni dal loro traguardo. Intervista a Giorgia Giovannetti sul Rapporto Europeo di Sviluppo del 2010

in: Politica

Nonostante il 2015 sia sempre più vicino, anno in cui è stato previsto il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM), la maggior parte dei paesi a basso reddito e in via di sviluppo sono ancora in preda a fragilità ed emergenze, e c’è ancora molto da fare per avvicinarsi agli otto obiettivi dichiarati nel 2000.

I progressi economici, umani e sociali compiuti fin ora in direzione del raggiungimento degli OSM sono continuamente messi in difficoltà non solo dalle continue crisi e shock (alimentare, dei carburanti, e ora economica e finanziaria) che coinvolgono i paesi fragili, in particolare quelli dell’Africa Sub Sahariana, ma anche dai costi di una governance debole e poco autonoma. Questi shock stanno minando il raggiungimento degli OSM, e fanno crescere la domanda di nuovi e più efficienti programmi di protezione sociale in molti paesi africani. La protezione sociale – che è sempre più riconosciuta come un efficace strumento per proteggere le persone dai rischi e ridurne la vulnerabilità – sta quindi rapidamente diventando una priorità nei programmi di sviluppo, sia per i donatori sia per i governi locali.

Il Rapporto europeo sullo sviluppo del 2010 (ERD) esamina la necessità e la possibilità di espandere la protezione sociale nell’Africa Sub Sahariana; ne analizza altresì la fattibilità e il probabile impatto sullo sviluppo. In contrasto con l’opinione secondo cui l’Africa Sub Sahariana non può permettersi protezione sociale, i paesi africani hanno promosso, e attuato con successo in tutta la regione, approcci innovativi alla realizzazione di programmi in materia. L’incertezza che ha seguito le recenti crisi, d’altro canto, acuisce il bisogno di misure in grado di proteggere la popolazione africana dai rischi e dagli shock e misure che riducano la povertà e promuovano lo sviluppo umano.

In questo contesto, l’ERD offre l’opportunità di fare un bilancio della situazione, imparando dalle esperienze passate, e di suggerire all’Unione Europea e ai suoi Stati membri le priorità da adottare. La protezione sociale, che è il fondamento stesso del modello sociale europeo, dovrebbe diventare parte integrante delle politiche di sviluppo dell’UE e del suo impegno verso una dimensione sociale della globalizzazione.

Durante l’ultima presentazione dell’ERD in occasione del Day of Action on Social Protection qui a Bruxelles, abbiamo avuto modo di discuterne con Giorgia Giovannetti, professoressa ordinaria all’Università di Firenze e all’European University Institute, dove è direttrice scientifica del Rapporto Europeo sullo Sviluppo.

Ecco le sue risposte alle nostre domande:

Qual è il nocciolo del Rapporto Europeo sullo Sviluppo del 2010?

L’ERD 2010 è incentrato in modo particolare sulla protezione sociale. A nostro parere infatti avere sistemi di protezione sociale anche nei paesi poveri dell’Africa Sub Sahariana è possibile se vi è la volontà politica di farlo. I costi di alcuni programmi non sono alti e i benefici sono molti, soprattutto perché si possono avere degli effetti moltiplicatori molto importanti. Si possono sostituire i programmi più complicati che richiedono un apparato burocratico estremamente efficiente (come i conditional cash transfers- trasferimenti condizionali), con programmi più semplici, come le pensioni universali, o trasferimenti dove sia semplice individuare i beneficiari (come i child benefits ad esempio).

È importante mettere in evidenza che avere protezione sociale è possibile anche nei paesi poveri, nonostante questo in un certo senso vada contro l’opinione comune che tende ad accentuare il problema dei costi e della sostenibilità nel tempo. Naturalmente i governi e i donatori devono porsi il problema della sostenibilità, eppure, come dimostrato nel rapporto attraverso una serie di calcoli e di ipotesi, le pensioni o la sanità nazionale sono alla portata.

La conditio sine qua non è però che i governi si convincano dell’importanza della protezione sociale, devono essere loro a “impadronirsi” dei programmi e deciderli a livello nazionale, non possono essere imposti dai donatori, altrimenti sono destinati a fallire. Le nostre parole chiave infatti sono ownership (proprietà) dei programmi e partnership fra donatori e governi nazionali. I donatori dovrebbero avere un ruolo solo in fase di transizione, ma nel lungo periodo i programmi di protezione sociale devono fare conto solo sulle risorse interne dei paesi e non sugli aiuti, spesso poco affidabili.

Ci sono stati dei progressi rispetto all’ERD del 2009?

Il rapporto del 2009 si occupava per lo più di paesi in situazione di conflitto o fragilità. Sono proprio questi i paesi per i quali la protezione sociale è più necessaria, ma anche molto più difficile da progettare… i progressi sono lenti, si tratta di un’area dove c’è ancora molto da fare.


Perchè il rapporto del 2010 è stato focalizzato sulla social protection?

Ci sono molte motivazione e tutte molto importanti.

Sicuramente ha contato il clima di incertezza prevalente a livello economico (le tre crisi), politico, ambientale. Nelle situazioni di incertezza si avverte maggiore necessità di misure che da un lato proteggano gli individui (le famiglie, le comunità, i paesi e i continenti) contro il rischio, ma dall’altro aiutino a promuovere lo sviluppo e a ridurre la povertà. La protezione sociale ha proprio questi molteplici obiettivi: aiuta le famiglie a reagire agli shock e ad evitarne le conseguenze di lungo periodo. Grazie a misure di protezione sociale le famiglie possono continuare a mandare i bambini a scuola, non vendere le attività, gli animali che danno loro da vivere, ecc… e quindi limitano i danni di quelle situazioni nelle quali le reti di sicurezza sociale private, come le rimesse o l’assicurazione informale sono insufficienti.

Non solo, la protezione sociale aiuta le società ad uscire da circoli viziosi di povertà e vulnerabilità e a costruire quella resilienza necessaria per uscire dalle trappole della povertà.

Infine, anche se su questo non c’è un’evidenza empirica, la protezione sociale aumenta la coesione sociale e, in linea di massima, fa aumentare la legittimazione dei governi che fanno vedere di avere a cuore i propri cittadini. Come dicevo, c’è poca evidenza empirica, ma ci sono aneddoti e alcune situazioni dove la protezione sociale è stata usata per smussare situazioni difficili: in Kenya dopo le elezioni, in Sierra Leone con dei programmi di public works per ex combattenti, in Colombia dove Familias en accion ha avuto un impatto positivo sul capitale sociale.


Può fare una valutazione sullo stato di avanzamento del percorso per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio?

La situazione è molto diversa sia tra paesi sia tra obiettivi. Sicuramente però si può dire che passi avanti sono stati fatti, nonostante la crisi economica e la crisi dei prezzi delle materie prime alimentari. Purtroppo i dati sono vecchi ed esistono solo delle proiezioni per il 2010, comunque la povertà sembra essere diminuita ovunque meno che nei paesi in situazione di fragilità e conflitto dove invece è aumentata notevolmente. Progressi si registrano in quasi tutti gli obiettivi del millennio, salvo per la mortalità materna, su cui bisogna ancora lavorare molto.


Che tipo di ripercussioni ha avuto la crisi economica globale sul raggiungimento degli OSM?

La crisi ha avuto effetti molto negativi, anche se non ci esistono stime molto affidabili ed è comunque difficile sapere cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la crisi. Tuttavia la crisi finanziaria ha avuti effetti inferiori al previsto sui paesi più poveri, anche grazie al ruolo trainante della Cina sia in Africa che nel Sud Est Asiatico.


Secondo lei quali obiettivi si realizzeranno da qui al 2015?

Non saprei, è troppo difficile fare previsioni. Ciò che mi preme piuttosto è sapere se siamo sul giusto sentiero di aggiustamento, non se arriviamo davvero ad un numero che è comunque scelto in modo arbitrario. Bisogna guardare allora alla direzione e alla velocità di avvicinamento. E poi bisogna preoccuparsi se, come nel caso dei paesi fragili, si inverte una tendenza. Il fatto che la povertà in questi paesi sia aumentata è molto grave.


Come crede che vengono percepiti gli Obiettivi del Millennio dalle popolazioni del Sud del mondo che ne sono direttamente coinvolte?

Le popolazioni del Sud del mondo non sono interessate ai nomi o ai singoli obiettivi (alcuni per loro sono più importanti di altri, ma dipende tutto dal paese, dalla zona, dalle persone, dal sesso, dalle etnie…) ma al fatto che migliori la qualità della vita nei loro paesi, che diminuiscano le situazioni critiche di povertà, che si risolvano situazioni di mancanza di servizi essenziali (educazione, acqua, sanità..). Io credo che se si accorgono che l’attitudine dei donatori è costruttiva, su livelli paritetici e non imposta dall’altro, la percezione possa essere buona.

Olga Solombrino

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