06 dicembre 2013

Per ricordare Nelson Mandela

Maseru (Lesotho) Summit della Southern African Development Community, 1996. Foto di Andrea Marchesini Reggiani.

Mandela is saying goodbye…

Per ricordare Nelson Mandela sono andata a ricuperare questo testo che avevo messo da parte tempo fa, nel 2011, quando Madiba era stato ricoverato di nuovo e i Sudafricani e il mondo intero avevano cominciato a prepararsi alla sua perdita. Si tratta del brano di una recensione, pubblicata su The Nation dallo scrittore cileno Ariel Dorfman, del libro di Mandela Conversations With Myself.

Perché si possono ricordare tante cose: la sua lotta, il fatto che abbia cambiato il mondo, la geniale scelta della riconciliazione, ma quello che abbiamo sentito tutti più forte in questo lungo addio – dall’ultima apparizione ufficiale durante i mondiali in Sudafrica nel 2010 – era l’importanza della sua figura morale, e il fatto che il mondo l’avrebbe persa, ed è proprio a questo che Dorfman si riferisce quando parla delle lettere scritte da Mandela dalla prigione di Robben Island.

“… Leggendole ci accorgiamo che Mandela tiene conto dei suoi censori. Lui sta anche scrivendo a loro, attraverso di loro, vuole entrargli dentro, si può percepire la loro presenza nella sua mente, la sua certezza che le sue parole sulla loro crudeltà e mancanza di decenza avrebbero fatto vergognare questi custodi. Si capisce come stia mettendo in scena una teoria della liberazione appositamente per questa audience di secondini; si coglie tra le righe come stia educando i suoi carcerieri malgrado i loro pregiudizi. E si vede, allo stesso modo, come sta educando se stesso, preparandosi al compito di ricomporre la divisione razziale e di classe che minacciava di distruggere il Sudafrica. Come stia diventando Nelson Mandela.

Forse per questo è così contrariato dalla sua trasformazione in un santo. Non è perché è stato lontano dagli altri, dal male, dalla debolezza di un’umanità fragile, che ha vinto. È stato perché è sprofondato dentro ciò che c’era di negativo in lui e nel doloroso mondo attorno a lui che è stato capace di sviluppare “tutto quanto ci fosse di buono”, come scrive nel suo libro. Come farlo? Una parola affiora continuamente: integrità. La sua integrità e la fiducia nel fatto che essa esiste in ogni persona del pianeta, non importa quanto duramente nascosta dalla paura e dall’intolleranza, e che se tu ti appelli a quanto di meglio c’è negli altri loro, alla fine, risponderanno. Ma lo faranno solo se sentiranno che tu sei fedele a te stesso e ai tuoi principi, al tuo desiderio di un mondo più giusto e umano, che tu sei pronto a tracciare una linea sulla polvere della storia.

È un messaggio che il suo paese deve ascoltare ancora una volta. Il suo meraviglioso Sudafrica, che è ancora in pericolo di smarrire la sua strada. La sua terra, che presto dovrà affrontare un lungo secolo di rinnovata lotta per la solidarietà e la verità e la pace senza la guida di Madiba. La necessità di affrontare questa imminente assenza ci fa arrivare al cuore non detto e nascosto di questo libro: Mandela sta dicendo addio.”

Il brano si trova sul bellissimo blog dell’intellettuale sudafricano Sean Jacobs Africa is a Country. Sul blog hanno pubblicato una compilation di canzoni sudafricane dedicate a Mandela.

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05 aprile 2013

Bufala online sulla morte di Mandela

Vado su Facebook e leggo che un amico scrittore senegalese ha postato 16 ore fa un messaggio di lutto per la morte di Mandela, “addio guerriero zulu” (Mandela è xhosa, comunque). Seguono commenti di circostanza sulla scomparsa del grande personaggio.

Trasecolo.

Ma come, mi dico, mi è scappata una notizia come questa?!

Mi precipito a vedere il link alla notizia, pubblicata su Al Wihda, giornale diffuso in Ciad, Bénin, Sudan, Niger, Nigeria e presente online con un sito di news e commenti.

Una breve notizia dell’1 aprile con tanto di foto e refuso nel titolo Neslon invece di Nelson http://www.alwihdainfo.com/Afrique-du-Sud-Mort-de-Neslson-Mandela_a7117.html?start=10#comments

In basso, nella sezione discussioni vedo il link alla notizia della smentita della morte di Mandela da parte della presidenza del Sudafrica. Il webmaster di Al Wihda spiega di aver preso la precauzione di far seguire alla notizia della morte la dicitura in rosso “poisson d’Avril”. Poi afferma con soddisfazione che il sito è stato preso d’assalto da 40.000 visitatori:  quello che si dice un BUZZ.

In conclusione il gruppo Al Wihda augura lunga vita al leader africano Mandela!

Furibondi e indignati i commenti dei lettori…

http://www.alwihdainfo.com/Afrique-du-Sud-La-Presidence-dement-la-mort-de-Mandela_a7131.html

E’ incredibile cosa si arriva a fare per suscitare un po’ di “movimento” sul proprio sito internet.

(Immagine di Michael Sean Gallagher)

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18 luglio 2012

Oggi Nelson Mandela compie 94 anni. Auguri Presidente!

Un interessante articolo del giornale sudafricano Mail & Guardian riporta le polemiche relative allo “sfruttamento” dell’immagine di Mandela da parte del suo partito, L’African National Congress (ANC), per legittimarsi politicamente. L’articolo riporta anche le opinioni di Ebrahim Fakir, manager presso l’Electoral Institute for the Sustainability of Democracy in Africa, che fa notare come l’immagine di Mandela sia sfruttata anche dal punto di vista commerciale, come quella di Che Guevara e Steve Biko. Lo stesso Mandela ha concesso questo tipo di utilizzo commerciale per finanziare progetti umanitari, ma in tanti altri casi la sua immagine è “venduta” a fini puramente commerciali.

http://mg.co.za/article/2012-07-17-mandela-an-aging-icon

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16 settembre 2009

La scuola delle possibilità

Ieri era il primo giorno di scuola in tante regioni italiane, la macchina si è rimessa in moto cercando di rappezzare i buchi e le mancanze dovute ai tagli dei bilanci.

Io ho avuto la riunione con la professoressa di violino di mio figlio, che inizia la prima classe della scuola media a indirizzo musicale. Tra i 24 bambini che faranno “strumento”, ce ne sono tre di origine straniera, più del 10%.

Questi bambini assieme ai loro compagni italiani avranno la possibilità di fare un’ora alla settimana di lezione individuale di strumento, e un’ora di “orchestra” e, nell’era dell’Ipod, impareranno a leggere il pentagramma e ad avere dimestichezza con uno strumento.

Presto cominceranno a fare concerti, anche assieme ad altre scuole, suonando pezzi classici in orchestra davanti a pubblici di genitori orgogliosi. Tutto ciò sarà possibile grazie al fatto che questa insegnante e i suoi colleghi di pianoforte, violino e violoncello fanno un sacco di ore di volontariato per le prove e per le serate, con una passione che gli insulti quotidiani dei ministri Gelmini e Brunetta non hanno ancora scalfito.

La professoressa Michela aveva uno sguardo pieno di entusiasmo e di curiosa impazienza di vedere cosa c’è dentro questi ragazzini e cosa lei potrà tirarne fuori. Diceva “che bello: anche quest’anno ho la mia classe di piccoli violinisti. Non si può mai dire all’inizio chi andrà avanti: alcuni sembrano poco portati ma poi con l’esercizio possono diventare addirittura professionisti”.

Dare una possibilità a tutti, senza discriminazioni, per creare i cittadini di domani: questo fanno ancora tante scuole pubbliche in Italia, nella consapevolezza di essere “organo centrale della democrazia”, come disse Piero Calamandrei nel suo celebre discorso in difesa della scuola nazionale.

Ma bisogna chiedersi fino a quando si potrà raschiare il fondo del barile delle risorse delle scuole e dei comuni che rimediano ai tagli ministeriali.

Per ora la passione e il senso civico di tanti insegnanti resistono. C’è un brano dell’autobiografia di Nelson Mandela, Lungo cammino verso la libertà (Feltrinelli 1995), dove racconta del proprio percorso educativo di giovane nato a Mvezo, un minuscolo villaggio del Transkei nel Sudafrica dominato dai bianchi, che mi sembra una buona fonte di ispirazione.

“L’istruzione è il grande motore dello sviluppo personale. E’ attraverso l’istruzione che la figlia di un contadino può diventare medico, che il figlio di un minatore può diventare dirigente della miniera, che il figlio di un bracciante può diventare presidente di una grande nazione. E’ quello che facciamo di ciò che abbiamo, non ciò che ci viene dato, che distingue una persona da un’altra. … Le scuole missionarie fornivano agli africani l’istruzione di stampo occidentale in lingua inglese che anch’io ho ricevuto. Eravamo limitati nei servizi e nelle attrezzature, ma non in ciò che potevamo leggere, e pensare, sognare.”

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31 luglio 2009

Recensione – “La Madonna di Excelsior”, di Zakes Mda

zakes mda la madonna di excelsiorRiporto qui un brano del romanzo La Madonna di Excelsior, di Zakes Mda (2002, ed. it Edizioni e/o 2006, traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini), uno dei migliori scrittori sudafricani. Il romanzo racconta la storia di una donna, Niki, abitante nella township Mahlatswetsa, accanto alla città di Excelsior, e del caso che nel 1971 coinvolse 19 cittadini accusati di avere avuto rapporti sessuali tra bianchi e neri e di avere quindi violato l’Immorality Act. Niki partorisce una bimba meticcia, Popi, bellissima ma sempre discriminata dai neri per il suo aspetto “misto”. Popi è in realtà il frutto di una vendetta nei confronti di una donna che aveva impietosamente umiliato Niki: è per questo che Popi accetta la relazione con il marito.

La descrizione di questi rapporti extraconiugali tra nere e bianchi, in cui le nere sono oggetto di inconfessabile desiderio – perché proibite dalle leggi dello Stato e della religione – ma anche di sopraffazione, è inserita con efficace contrasto nei quadretti dell’ambiente ipocrita, moralista e basato sulla violenza in cui erano barricati i bianchi nell’epoca dell’Apartheid.

Ma il romanzo, seguendo le vicende della protagonista, racconta anche la crisi e il crollo di questa società “ideale”, e la salita al potere della maggioranza africana nella Nazione Arcobaleno di Mandela. Questo cambio epocale viene raccontato attraverso il caso del consiglio comunale della cittadina di Excelsior, dove i vecchi consiglieri afrikaner si trovano seduti accanto a nuovi politici neri, abitanti della township, e con un sindaco nero, Viliki, il fratello maggiore di Popi in precedenza impegnato nel movimento anti-Apartheid.
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