12 marzo 2018

MYFRO 2018

«In una società che appare sempre più multietnica, spesso ci si dimentica
di quanto lo sia già stata concettualmente da sempre per
influenze d’arte, culturali e religiose. Una ricchezza per l’evoluzione della specie
e del pensiero, e che solo l’approfondimento culturale può far emergere
in tutta la sua positiva potenzialità.»
(F. Tadini e M. Scalise, fondatori della Casa Museo Spazio Tadini)

Ogni dettaglio vuole rappresentare uno specifico linguaggio ancestrale. I tessuti ricchi di simbolismi geometrici e di colori vivaci alludono ad affascinanti tradizioni. Le stesse acconciature comunicano una propria emotività o appartenenza. Anche la produzione e lo stile africano, dunque, trovano spazio come innovazione creativa ma anche come ‘argomento vendita’ nel mondo della moda. A dimostrarlo è la Afro Fashion Week, che si è tenuta a Milano dal 22 al 25 febbraio 2018: un evento che ha avuto come tema MYFRO, e che ha visto l’Africa protagonista nella sua originalità stilistica e nelle sue specificità estetiche.

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PhotoMilano – Silvia Pampallona

Questo appuntamento, che si è svolto in tre location di Milano – il Museo d’Arte e di Scienza, Spazio Tadini e Byblos Milano –  è stato organizzato dall’associazione Afro Fashion, fondata nel 2015 nella capitale della moda: si tratta di una piattaforma a forte impatto interculturale, che offre la possibilità a designers e artisti emergenti di farsi conoscere da un nuovo pubblico, di penetrare nuovi mercati, di acquisire esperienze e notorietà a livello internazionale.  Sfilate di moda, mostre fotografiche, workshop, esposizioni, body painting, performances e Afro after party sono i momenti che hanno animato queste giornate, riprese nelle foto dinamiche di PhotoMilano, mediapartner fotografico dell’evento.

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PhotoMilano – Raffaello Merli

Tra le creazioni esposte, sono spiccate quelle della giovane ChiBeKa (Togo) con la collezione ‘Ashanti’ che ha utilizzato le preziose stoffe provenienti dal Ghana; interessante è stata anche la collezione di tessuti ankara ‘Blakanda’ di Flixbry Culture (Nigeria). Altri artisti che hanno partecipato: Maison Jemann (Camerun), NatFash (Nigeria), Urban Fashion Paris (Francia), Anapenda (Italia), Amnon Kivity (Israele). Il settore della moda africana è un’industria creativa dal grande potenziale, e sta assumendo un ruolo sempre più centrale a livello mondiale. È infatti un fenomeno culturale ed economico in forte crescita, una produzione stimolante dal punto di vista del marketing, ma che consente anche di rappresentare la continua evoluzione delle società. L’evento MYAFRO è nato dall’accostamento di due parole, MY e AFRO. Per rappresentare, appunto, la disposizione Afro che ognuno di noi può avere, offrendo esempi di integrazione sociale, scambio e arricchimento reciproco: questi esempi sono elementi fondamentali per la progettazione di scenari futuri positivi di largo respiro e per la formazione di società multiculturali ricche e dinamiche.

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PhotoMilano – Silvia Pampallona 

Evento realizzato con la collaborazione di: Couleurs du Monde, Mas, Museo di arte e scienza, Casa Museo Spazio Tadini, Anapenda, Afro Italian Souls, Yuna, African Fashion Wear, PhotoMilano, Wacom4u.

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20 dicembre 2013

La moda in Africa: la bellezza come strategia di riscatto sociale

La moda africana è un fenomeno complesso che andrebbe analizzato attraverso una prospettiva antropologica in modo da cogliere il significato degli usi sociali del corpo e degli ornamenti. Il progetto Ethical Fashion Initiative (EFI) dell’International Trade Centre sembra muoversi proprio in quest’ottica portando case di moda o di distribuzione europee a produrre in Africa presso comunità svantaggiate per favorire l’empowerment femminile e dare maggiori opportunità all’artigianato africano. Per saperne di più vi presentiamo qui un estratto dell’articolo L’Ethical Fashion Initiative (EFI): conversazione con Simone Cipriani a cura di Giovanna Parodi da Passano pubblicato sul numero 78 di Africa e Mediterraneo.

Vivienne Westwood clutch detail in production, Ethical Fashion Initiative. Courtesy of ITC

Che il futuro della couture sia in Africa è opinione condivisibile senza esitazioni da chi, come me, ha una qualche esperienza di ricerca sul terreno in Africa occidentale. Vale a dire in società dove nel gioco delle apparenze – molto presente nelle culture locali come del resto, più in generale, nella maggior parte delle culture dell’Africa subsahariana – la performance del corpo vestito tradizionalmente assume forme di assoluta rilevanza e significatività. Con una tale enfasi sull’abito e sull’ornamento da far ritenere che il primato nel culto della bellezza e dell’eleganza appartenga già alle civiltà africane.

Se è vero infatti che le società mirano tutte alla gestione ottimale del corpo sul mercato dei segni, è in special modo nei mondi africani che vestiti, tessuti, monili, acconciature e marchi servono a mettere il corpo in posizione di centralità e a iscrivere l’individuo nel discorso sociale. In effetti risultano sorprendenti, perlomeno al nostro sguardo di occidentali, le tante e inventive modalità, dal forte radicamento sociale, di abitare il proprio corpo abitando i propri vestiti che animano i teatri della quotidianità africana.

Il fatto è che in Africa l’eleganza esibita è vissuta come esigenza e come forza: l’abito elegante reinstalla i corpi in se stessi, dona loro pienezza e coerenza, li reinveste del loro potere d’azione e d’emozione. In altre parole, il corpo potenziato in bellezza non solo è fonte di soddisfacimento estetico, e in qualche modo etico, ma si configura come un vero e proprio traguardo di vita, come strategia di rafforzamento e di sopravvivenza in contesti di competizione o ancora, specie in situazioni di marginalità, come riscatto esistenziale. […]

Nell’odierna ossessione per la moda che trionfa sul continente traspare senza dubbio un magmatico immaginario collettivo asservito a logiche di ostentazione. Il peso del fashion nell’arena sociale (e anche in quella politica) implica questo orientamento esasperato allo sfoggio vestimentario, senza tuttavia spiegare del tutto la dimensione del fenomeno. Non di rado infatti il bisogno di apparire eleganti, di vestirsi all’ultima moda, viene declinato in comportamenti talmente estremi da portare ancora una volta a chiedersi da quale concezione del potere attribuito alla spettacolare messa in scena di un corpo addobbato (per essenza quindi culturale) emerga il loro prodursi, indipendentemente dai modelli culturali di cui sono veicolo.

In conclusione, per dirla alla maniera antropologica, la moda in Africa si presenta quale “fatto sociale totale”, ossia è una materia da affrontare come qualcosa di estremamente complesso, imbrigliato nei processi storici locali, legato agli usi sociali del corpo e calato nella contemporaneità.

Per acquistare on line il N. 78 di Africa e Mediterraneo, conoscere o acquistare i numeri precedenti, sottoscrivere un abbonamento vai al sito di Lai-momo, l’editore.

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