26 agosto 2021

Le raccomandazioni europee sulla responsabilità sociale d’impresa per migranti e rifugiati

Negli ultimi vent’anni la responsabilità sociale d’impresa (RSI) – o corporate social responsibility (CSR) – è stata al centro di importanti trasformazioni dei processi di gestione del mondo del lavoro. Il Libro Verde della Comissione Europea la descrive come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”
[https://www.europarl.europa.eu/meetdocs/committees/deve/20020122/com(2001)366_it.pdf].

Questo si traduce in un insieme di comportamenti e buone pratiche di sostenibilità indirizzate ad ottimizzare le relazioni tra le parti e i loro effetti sul mondo circostante. Le imprese si impegnano ad attuare norme e condotte collegate al dialogo e allo sviluppo sociale e al rispetto dei diritti fondamentali con l’obiettivo, sancito ancora dal Consiglio Europeo di Lisbona già nel 2000, di rafforzare la coesione a livello continentale e la competitività dell’industria. 

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La sostenibilità passa dunque per politiche aziendali che riconoscono la complementarietà tra obiettivi economici e sociali, facendosi carico degli effetti delle proprie attività sul mondo. La RSI si presenta dunque come uno strumento fondamentale di tutela delle soggettività vulnerabili nel quadro di una transizione ecologica giusta e inclusiva. Le imprese possono intervenire positivamente sulle condizioni di vulnerabilità di questi soggetti, fornendo protezione sociale, occupazione durevole e un ambiente di lavoro dignitoso che produca indipendenza economica e integrazione del lavoratore nel tessuto della comunità di accoglienza. Ugualmente, possono integrare  norme di ospitalità e accoglienza nelle proprie pratiche di assunzione, partecipando così direttamente alla gestione dei fenomeni migratori.

Il sotto-gruppo per la RSI alla Commissione Europea ha prodotto una serie di raccomandazioni [https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/recommendations-subgroup-corporate-social-responsibility_en.pdf] su questo punto, identificando l’assunzione di migranti e rifugiati come uno strumento strategico per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). In particolare, il gruppo sollecita l’adozione e l’ampliamento di iniziative imprenditoriali e multi-imprenditoriali nazionali, regionali e locali che facilitino l’integrazione di queste soggettività nella forza lavoro. Tra le proposte elencate ci sono attività di valutazione delle competenze, con la possibilità di fornire strumenti di upskilling ai migranti, rafforzamento degli strumenti di gestione e sviluppo delle risorse umane associati al coinvolgimento dei migranti nella forza lavoro e formazione aziendale per i nuovi assunti. Il quarto modulo della International School on Migration 2021 si concentrerà proprio su questi aspetti, lasciando la parola ad alcune aziende che presenteranno i propri modelli di inclusione e sostenibilità sociale alla tavola rotonda del 4 ottobre.

 

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The European recommendations on corporate social responspibility for migrants and refugees

 

In the last twenty years Corporate Social Responsibility (CSR) has been at the core of important changes in business management. The Green Paper of the European Commission describes CSR as  “a concept whereby companies decide voluntarily to contribute to a better society and a cleaner environment.” [https://www.europarl.europa.eu/meetdocs/committees/deve/20020122/com(2001)366_it.pdf]

This translates in good practices of sustainability aimed at streamlining relationships among partners and  their effects on the outside world. Companies commit to implement norms in favour of social developmoent and respect of human rights with the goal, voiced by the European Council of Lisbon 2000, of enhancing social cohesion at continental level and competitiveness. 

Sustainability is therefore also linked to company policies that acknowledge the complementary nature of economic and social objectives, taking responsibility for the impact of their activities on the surrounding world. CSR is thus a crucial tool of protection of fragile subjects in the framework of a just and inclusive green transition. Companies can improve their status, offering social protection, a stable job and dignified working conditions that yield economic independence and the integration of labourers in the local community. They can also adopt codes of hospitality and reception in their hiring practices, taking an active role in the management of migration.

The sub-group on CSR at the European Commission published a number of recommendations  [https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/recommendations-subgroup-corporate-social-responsibility_en.pdf] on this, identifying the employment of migrants and refugees as a strategic tool to reach some sustainable development goals. In particular, the sub-groups supports the adoption and/or expansion of business or multi-stakeholder initiatives at regional, local, or national levels that facilitate integration of these subjects in the labour force. The topics include skills assessment to identify the upskilling needs of migrants and refugees; capacity building for employers and workers on employing and working with migrants and refugees, and joint mentoring for migrants and refugees within companies. The fourth module of the International School on Migration 2021 will focus on this aspect with a round table on 4 October, where companies will present their models of social inclusion and sustainability.

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12 maggio 2020

La regolarizzazione non è un’opzione, ma una necessità: Africa e Mediterraneo tra i promotori del gruppo GREI-2.5.0

Mentre si sta ancora cercando un accordo sulla regolarizzazione ed emersione dei cittadini stranieri lavoratori in Italia, insieme ad altre organizzazioni e professionisti del settore immigrazione e asilo abbiamo sottoscritto un documento congiunto con una presa di posizione sul tema.

250 persone, rappresentanti della diaspora migrante, ricercatrici/ori dell’immigrazione, giornaliste/i, imprenditrici/ori, esperte/i del diritto del lavoro e dell’immigrazione, membri del sindacato, dell’Università, del mondo cooperativo si sono riunite nel Gruppo di Riflessione su Regolarizzazione e Inclusione (GREI-2.5.0). Siamo di fronte a un’emergenza dalla triplice dimensione: sanitaria, sociale ed economica. Ad esempio, numerosi medici dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e italiani confermano di ricevere giornalmente domande di aiuto da parte di cittadini irregolari che hanno timore a recarsi in ospedale, a meno che non siano costretti a rivolgersi al pronto soccorso.

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La regolarizzazione non è un’opzione, ma una necessità – si afferma nel Position Paper del GREI-2.5.0 – e non può essere limitata alle categorie dell’agricoltura e del lavoro domestico, ma anche ad altri settori come l’artigianato e la logistica, che è irragionevole escludere dal processo di emersione. La regolarizzazione non può essere effettuata sulla base di un permesso di pochi mesi, mentre è necessario che anche gli stranieri lavoratori in possesso di un titolo di soggiorno regolare (ad es. per richiesta d’asilo o ricorso) possano ottenere un permesso di soggiorno per lavoro, accedendo al provvedimento di regolarizzazione.

Il documento propone i termini giuridici che dovrebbero essere applicati, aderendo sostanzialmente alla proposta dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI).
Nell’arco di poche ore, il testo ha raccolto moltissime adesioni di una parte sostanziale della società civile impegnata sul fronte dell’immigrazione.

Leggi il Position Paper completo con firma degli aderenti qui
Leggi il Comunicato Stampa completo qui

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21 giugno 2018

A scuola di legalità per favorire l’integrazione

Integrazione significa prendere consapevolezza dei propri doveri nel Paese ospitante, ma anche dei propri diritti per non divenire vittima di racket, tratta o sfruttamento lavorativo. Per questo, nell’ambito del progetto “Welcoming Bologna”, è stato portato avanti un innovativo percorso denominato Scuola di legalità, in collaborazione con il Distretto socio-sanitario di Pianura Ovest dell’area metropolitana bolognese e con la fattiva partecipazione del Comando Provinciale dei Carabinieri, in cui i richiedenti asilo accolti nei CAS in gestione a coop. Lai-momo e dislocati nel distretto hanno potuto approcciare in maniera diversa le forze di polizia rendendosi conto che esse non rappresentano per gli stranieri soltanto un elemento di controllo ma anche una tutela dai pericoli e un aiuto nell’espletamento delle pratiche amministrative e lavorative.

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Gli ospiti richiedenti asilo sono stati divisi in due gruppi per omogeneità linguistica, un gruppo costituito principalmente da pakistani e bengalesi (con mediazioni in lingua urdu e bengalese) e un gruppo costituito da ospiti originari di diversi Paesi africani, a maggioranza francofoni e anglofoni. Gli incontri con i rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e dell’Ispettorato del Lavoro, svoltisi nel mese di maggio, sono stati due per ciascun gruppo e hanno riguardato l’uno il contrasto al lavoro sommerso e irregolare, con un focus sui diritti e i doveri dei lavoratori, l’altro i reati relazionali e la violenza nelle relazioni di genere. Due tematiche, scelte in accordo con le forze dell’ordine, di grande importanza perché toccano da vicino la vita dei richiedenti asilo, possibili vittime di sfruttamento e mancate tutele lavorative, ma anche non sempre a conoscenza della cultura italiana nei rapporti interpersonali, del rispetto della parità dei generi e delle tutele per i minori.Gli incontri, che si sono svolti nella sala riunioni dell’Ospedale San Salvatore a San Giovanni in Persiceto, messa a disposizione dal Distretto Pianura Ovest, hanno ottenuto un riscontro positivo sia da parte dei relatori sia dei corsisti, che al termine hanno ricevuto un attestato di partecipazione.
Venire a conoscenza dei propri diritti e di quanto prevede l’ordinamento legislativo italiano permette ai richiedenti asilo di non finire vittime di sfruttamento e di non farsi trascinare in situazioni che potrebbero danneggiarne il percorso di inclusione.

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Lo ha sottolineato lo stesso Comando Provinciale dell’Arma sostenendo anche che, se i benefici si potranno vedere solo nel lungo periodo, il contributo all’integrazione è già evidente a tutti. Gli effetti sono stati positivi da entrambe le parti: per le forze dell’ordine perché hanno avuto modo di conoscere meglio gli ambienti d’origine di riferimento degli ospiti e i potenziali rischi a cui sono esposti gli immigrati, per i richiedenti asilo perché hanno potuto modificare posizioni preconcette nei confronti delle forze di pubblica sicurezza in Italia.
Le reazioni dei richiedenti asilo sono risultate diversificate per gruppi: più entusiaste quelle di pachistani e bengalesi, più reticenti quelle dei ragazzi africani. Gli asiatici si sono detti interessati alle tematiche trattate, in particolare quelle concernenti le tutele sul lavoro, forse perché appartengono a comunità già meglio inserite nel tessuto produttivo e desiderose di apprendere le leggi del Paese ospitante. Un ragazzo pachistano ha proposto di attivare iniziative di questo tipo fin dall’inizio del percorso di accoglienza, in modo che possano essere più consapevoli delle leggi del paese che li accoglie e delle conseguenze. Altri, soprattutto tra gli ospiti originari dei diversi paesi africani, hanno superato il timore iniziale legato alla divisa e iniziato a percepire le forze dell’ordine con uno sguardo differente, a tutela di tutti, così come più volte è stato detto durante gli incontri. Infatti, nei loro contesti d’origine non sempre la divisa è simbolo della tutela della legalità.
La Scuola di Legalità di “Welcoming Bologna” rappresenta un progetto pilota che, secondo il Comando dell’Arma, dovrebbe diventare un percorso strutturale: “Il nostro intervento istituzionale in tale contesto può essere fondamentale per sottolineare il rapporto tra il cittadino e le forze di polizia che esiste nel nostro Paese e per chiarire i meccanismi di diritti e doveri del singolo”. Uno sforzo particolare, sottolineano i Carabinieri, dovrebbe essere fatto nel campo del diritto di famiglia, delle tutele di genere e del diritto del lavoro, senza creare false aspettative ma fornendo gli elementi fondamentali delle differenze rispetto ai Paesi d’origine. Inoltre, particolare attenzione viene posta al contrasto all’insorgere di circuiti di criminalità organizzata di origine etnica pronti a sfruttare i connazionali di recente immigrazione, sessualmente o sul lavoro.
Quali ricadute positive sul territorio può avere un’iniziativa come questa? La risposta del Comando Provinciale dei Carabinieri è di disarmante semplicità: “Non notare effetti sul territorio è da considerare la prima ricaduta positiva”.

Per maggiori informazioni: www.welcomingbologna.eu/it/

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01 aprile 2015

Un Manifesto per le Seconde Generazioni

Manifesto delle seconde generazioni

I giovani di “seconda generazione” in Italia vivono una situazione complessa: oltre alla questione della cittadinanza – i ragazzi nati in Italia di genitori stranieri devono aspettare di essere maggiorenni per chiedere la cittadinanza italiana – i problemi da affrontare si declinano su vari livelli. “I giovani di seconda generazione si trovano spesso in bilico tra realtà diverse e a volte conflittuali: quella del migrante e quella del nativo, quella della famiglia e del contesto sociale, quella della cultura di origine e della cultura acquisita, la realtà degli adulti e il mondo giovanile”, ci dice la premessa del Manifesto delle Seconde Generazioni, un testo elaborato da più di 30 associazioni d’Italia all’interno dell’iniziativa “Filo diretto con le seconde generazioni” in seguito a una call pubblica lanciata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul Portale integrazione migranti.
Il testo del documento è disponibile in 10 lingue ed offre un’analisi completa della situazione, affrontando temi fondamentali come la scuola, il lavoro, la cultura e lo sport, la partecipazione e la cittadinanza attiva nel contesto di una società plurale. Propone per esempio di promuovere una formazione specifica dei docenti rivolta alla gestione di classi multiculturali, o ancora di potenziare le azioni di sostegno scolastico, psicologico e di mediazione linguistico-culturale. Per quanto riguarda il lavoro, chiede il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze non-formali e informali, e suggerisce di incentivare l’internazionalizzazione del mercato del lavoro. Al livello culturale, è ribadita l’importanza di valorizzare e favorire la conservazione della cultura del Paese d’origine e rafforzare il legame con la cultura italiana. Il manifesto si chiude con due punti che riguardano la cittadinanza attiva, una tema che ritiene fondamentale per costruire insieme una società migliore; chiede infatti di potenziare i servizi d’informazione sui diritti e le opportunità di partecipazione, e di favorire l’associazionismo, la cittadinanza attiva e le pari opportunità. I dieci punti del manifesto declinano quindi dei buoni propositi mirati a migliorare la nostra società per renderla più inclusiva, capace di valorizzare le diversità e di aprirsi sul mondo. Il manifesto si appoggia su rigorosi dati e statistiche, documentando ed esplicitando ogni singola proposta. Un’iniziativa costruttiva, ricca di spunti per tendere verso una società inclusiva e partecipata da tutti.

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17 settembre 2013

Africa e Mediterraneo n.79 – Donne nella migrazione – Call for papers

Scadenza per l’invio delle proposte (400 parole massimo)4 ottobre

Scadenza per l’invio degli articoli1 novembre

La migrazione in Italia e in Europa è ormai un fenomeno consolidato e trasversale all’intera società. Tuttavia la questione migratoria è stata, spesso, principalmente letta attraverso una lente maschile, trascurando la dimensione femminile o relegandola a un ruolo subalterno: le donne migranti entravano nella discussione accademica in quanto mogli, madri, figlie di uomini migranti.

In Italia al 31.12.2011 le donne immigrate erano il 49,5% del totale disoggiornanti non UE (Dossier statistico Caritas/Migrantes, 2012) e a livello europeo esse rappresentavano il 48,71% (Eurostat) del totale dei flussi migratori del 2011. Queste donne sono lavoratrici, studentesse, professioniste che fruiscono di servizi, intessono relazioni e negoziano quotidianamente il loro ruolo di genere in bilico tra vecchie e nuove identità.

Questo dossier della rivista Africa e Mediterraneo intende approfondire le tante sfaccettature che presenta il mondo delle donne nella migrazione. Il dossier si prefigge di combinare ricerca teorico/scientifica, dati relativi alle dinamiche migratorie ed esperienze “dal basso” svolte nei luoghi in cui si vive quotidianamente l’immigrazione, per cercare di fornire una panoramica il più esaustiva possibile di un argomento quanto mai complesso.

Alcuni esempi di temi di particolare interesse:

– L’immigrazione nella riflessione sulla relazione di genere

– Prospettiva storica dell’immigrazione femminile in Italia e/o Europa

– Imprenditoria femminile

– Sfruttamento della prostituzione e tratta

– Immigrazione, genere, violenza domestica e matrimoni forzati

– Innovazione sociale, immigrazione e genere

– Sindrome Italia

– Donne e lavoro di cura

– Donne e immigrazione in Europa

– Ricongiungimenti familiari

– Migrazioni forzate e genere

Gli articoli e le proposte potranno essere inviate nelle seguenti lingue: italiano, inglese, francese e spagnolo all’indirizzo di redazione m.bignami@africaemediterraneo.it .


Women and migration – Call for papers


Deadline for the submission of abstracts (max. 400 words): 4th of October

Deadline for the submission of articles: 1st of November

In Italy and Europe, migration is now a well-known phenomenon. It crosses all aspects of society. However, analysis of migration issues have often neglected the feminine dimension conferring a subordinate role: migrant women entered the academic debate as wives, mothers, daughters of migrant men.

In Italy, migrant women were the 49.5% of total non-EU residents (Statistical Dossier Caritas /Migrantes, 2012) by 31.12.2011. At European level, migrant women accounted for 48.71% (Eurostat) of the total migration flux of 2011. These women are workers, students, professionals who use services, create relationships and negotiate their gender role between old and new identities.

Africa e Mediterraneo is seeking for papers that analyze ithe complexity of women in migration. The dossier aims to combine theoretical research, scientific data on the dynamics of migration and experiences on the field, to try to provide an overview as comprehensive as possible.

Possible topics:

– Migration in the discussion on gender

– The history of women’s migration in Italy and/or in Europe

– Entrepreneurship and migrant women

– Trafficking of human beings for sexual exploitation

– Migration, gender, domestic violence and forced marriage

– Social innovation, migration and gender

– Children left behind

– Female domestic worker and the chain of care

– Women and migration

– Family reunions

– Forced migration and gender

Abstracts and articles can be submitted in Italia, English, French and Spanish to the following address: m.bignami@africaemediterraneo.it .

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12 novembre 2012

Start It Up. Nuove Imprese di Cittadini Stranieri

Martedì 13 Novembre alle ore 10.30, presso la Camera di Commercio di Roma – Sala Horti Sallustiani di Unioncamere in Piazza Sallustio,21 – saranno presentati i risultati del progetto Start It Up. Nuove Imprese di Cittadini Stranieri, promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in collaborazione con Unioncamere.

Il progetto ha l’obiettivo di facilitare e supportare la nascita di nuove attività economiche di cittadini stranieri residenti in Italia.

L’iniziativa ha coinvolto 10 camere di commercio di Ancona, Bari, Bergamo, Catania, Milano, Roma, Torino, Udine, Verona e Vicenza che, con il supporto tecnico di Retecamere, hanno portato avanti dei percorsi di imprenditorialità con l’obiettivo di accompagnare e guidare i partecipanti alla stesura del loro business plan.

È possibile avere maggiori informazioni leggendo la notizia sul Portale Integrazione Migranti all’indirizzo seguente: http://www.integrazionemigranti.gov.it/Attualita/eventi/Pagine/Chiusura-Start-it-up.aspx

In allegato il programma dell’evento.

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02 novembre 2011

Dossier statistico immigrazione Caritas 2011: in Emilia-Romagna aumenta l’incidenza dei residenti stranieri sulla popolazione

Bologna – 544mila, pari al 12,3% della popolazione residente. È la stima della Caritas sui soggiornanti in Emilia-Romagna (al 31 dicembre 2010), dove il fenomeno migratorio conferma le sue caratteristiche di stabilità. Infatti, se si considerano i 164.597 permessi di lungo periodo (ex carte di soggiorno), emerge un andamento di continuo incremento negli anni (+343% dal 2004 al 2010). Anche dal dato delle residenze è evidente un progressivo aumento dell’incidenza percentuale, che va dal 9,7% del 2009 al 10,5% del 2010 fino all’11,3% del2011. Rallentata la crescita (dell’8,2%) della popolazione straniera residente rispetto agli anni precedenti: 10% nel 2006, 15% nel 2007 e 2008, 9,8% nel 2009. È, in sintesi, il quadro che emerge dal 21° Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes, presentato il 27 ottobre a Bologna dall’assessore regionale alle Politiche sociali Teresa Marzocchi, Pietro Pinto (Comitato scientifico Dossier Caritas/Migrantes e associazione “Africa e Mediterraneo”) e Gianmarco Marzocchini (delegato regionale Caritas Emilia-Romagna).
«I dati ci dicono che in Emilia-Romagna l’immigrazione è caratterizza dalla stabilità» ha sottolineato l’assessore Marzocchi. «Sono cittadini che fanno parte a tutti gli effetti della nostra società. Cittadini perlopiù giovani che lavorano, che svolgono anche attività in proprio. Non sono una minoranza: tant’è che la nostra politica regionale non prevede assolutamente la creazione di servizi separati, a parte, ma accessibili a tutti i cittadini che vivono sul territorio. Gli immigrati residenti in Emilia-Romagna – l’11,3% sul totale della popolazione – ‘consumano’ solo l’1% del welfare – ha aggiunto l’assessore – : questo dato sfata il luogo comune, la percezione purtroppo diffusa, secondo cui questi cittadini ci ‘costerebbero’ di più di quanto producono. Non è affatto così». Infine, «per attuare politiche migratorie adeguate e corrette per i nostri territori – ha concluso l’assessore – è necessario che vengano modificate le normative nazionali: soprattutto quelle relative ai minori, in rapporto all’ottenimento della cittadinanza italiana, e anche agli adulti, per quanto riguarda il voto e la regolazione dei flussi. Altrimenti si ostacolano accoglienza e integrazione».

Residenti e Paesi di provenienza

I Comuni emiliano-romagnoli che superano il 10% dei residenti stranieri passano dai 22 del 2004 ai 161 sui complessivi 348 del 2010, con Galeata (Fc) al 21,7%, Luzzara (Re) e Castel San Giovanni (Pc) al 20,3% e Rolo (Re) al 18,1%. I principali Paesi di provenienza degli stranieri residenti sono il Marocco (14,1%, in decremento di mezzo punto percentuale), la Romania (13,2%, pressoché stabile), l’Albania al 12,1% (a sua volta in diminuzione di mezzo punto). Parallelamente, risultano in marcata crescita alcuni Paesi dell’Est europeo, quali l’Ucraina (che passa dal 5,1% al 5,5%) e, soprattutto, la Moldavia (dal 4,6% al 5,6%). Presentano percentuali fra il 4 e il 5% la Cina e la Tunisia.

Scuola

L’Emilia-Romagna rimane al primo posto in Italia per incidenza percentuale di alunni stranieri. Nell’anno scolastico 2010/2011 gli alunni con cittadinanza non italiana sono 82.535, pari al 14% dei 589.152 iscritti totali. L’incidenza è salita pertanto rispetto al 13,5% dell’anno scolastico 2009/2010 e al 12,8% del 2008/2009. In particolare, rispetto a questo dato medio complessivo, emergono valori più elevati nella scuola primaria (15,2%) e secondaria di primo grado (15,7%). Quasi la metà (44,7%) degli alunni stranieri è nata in Italia. Anche nei nidi la presenza è in crescita: nell’anno scolastico 2010/2011 la percentuale di stranieri è del 9,2% (8,2% nell’anno precedente). Va ricordato che quasi un cittadino straniero residente su quattro (22,8%) è minorenne.

Lavoro

Nel corso del 2010 la banca dati Inail indica 311.238 lavoratori dipendenti stranieri occupati in Emilia-Romagna. Si tratta del 19,8% dei lavoratori complessivi, che confermano una crescita costante registrata negli ultimi anni: nel 2007 i lavoratori stranieri rappresentavano il 17,8%, il 18,8% nel 2008, il 19,3% nel 2009. I lavoratori stranieri si concentrano prevalentemente nei settori dell’industria (25,2%), nel settore alberghiero-ristorativo (14%), delle costruzioni (11,7%), servizi alle imprese (10,7%) e agricoltura (10%). I Paesi più rappresentati fra i lavoratori dipendenti sono, nell’ordine, Romania, Marocco, Albania, Cina. La banca dati Inail contiene anche i dati relativi ai lavoratori parasubordinati: risultano 9.826 occupati stranieri, pari al 9,6% del totale.
Non solo lavoratori dipendenti, però: secondo i dati Infocamere – Camera di Commercio (al 31 dicembre 2010) i titolari stranieri di impresa individuale sono 32.196 e rappresentano il 7,5% di tutte le imprese attive. Ai primi posti si collocano il settore delle costruzioni, del commercio e le attività manifatturiere. Le provenienze più rappresentate sono nell’ordine Albania, Marocco e Cina.

Fisco e previdenza

L’apporto dei lavoratori stranieri è importante non solo sul versante produttivo, ma anche su quello fiscale, contributivo e dei consumi. In particolare, nel 2009, dai 216.000 lavoratori stranieri stimati in Emilia-Romagna sono stati versati oltre 800 milioni di euro di contributi previdenziali e 452 milioni di gettito fiscale (tra Irpef, Iva sui consumi, imposte sui fabbricati, e così via), per un totale di 1,25 miliardi di euro. Il basso livello dei redditi, che si traduce in un minor gettito fiscale, viene tuttavia “compensato” da una struttura del welfare italiano orientata prevalentemente verso le prestazioni previdenziali e i servizi socio-sanitari per gli anziani. Prestazioni e servizi di cui gli stranieri possono essere beneficiari in parte molto ridotta, anche perché la normativa in vigore permette loro il pensionamento solo al compimento del sessantacinquesimo anno di età. La percezione che gli immigrati rappresentino un onere per i conti pubblici non è dunque suffragata dai dati: gli stranieri sono l’11,3% dei residenti, ma il solo 1% delle spese di welfare da loro assorbite e i contributi previdenziali da loro versati sono un indubbio vantaggio per il bilancio Inps, almeno nel breve periodo.

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