12 ottobre 2021

Lampedusa ospita il modulo finale della School sul ruolo del settore privato nella giusta transizione

Il 5 ottobre si è chiusa la International School on Migration 2021 con l’ultimo modulo, svolto in presenza a Lampedusa. Quest’isola di frontiera, sfondo degli incontri/scontri che stanno ridefinendo il destino dei popoli del Mediterraneo, è capofila del progetto europeo Snapshots from the Borders, nell’ambito del quale è stata organizzata la School. Con essa condivide l’obiettivo di migliorare la comprensione dei fenomeni migratori e le complessità dell’integrazione, identificata oggi come uno dei pilastri delle politiche di sviluppo sostenibile. Lampedusa ha ospitato una tre giorni di attività educative focalizzate sull’approfondimento del ruolo del settore privato proprio nella transizione giusta. A precedere i seminari la giornata di commemorazione del naufragio del 3 ottobre 2013 nel quale persero la vita 368 persone in viaggio dall’Africa verso l’Europa. Alla commemorazione, che ha incluso anche un momento di riflessione alla Porta d’Europa e la deposizione di una corona di fiori nel luogo del naufragio, hanno partecipato Vito Fiorino, il pescatore che per primo ha dato l’allarme la notte del naufragio e ha salvato 48 persone, ora attivo nelle attività di sensibilizzazione, e Totò Martello, sindaco di Lampedusa e Linosa, che ha presentato il Percorso della Pace istituito tra i diversi luoghi dell’isola.

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A seguire,  il 4 e il 5 ottobre le sessioni educative hanno coinvolto docenti di economia e moda e rappresentanti del settore privato per approfondire le strategie di sviluppo sostenibile e giustizia sociale attuate da questa fetta del mondo produttivo. Il Prof. Piergiuseppe Morone ha moderato l’incontro del 4 che ha ospitato i saluti di Gian Luca Galletti – vice presidente di Emil Banca e già Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare –, una presentazione di Marco Frey – Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa e presidente della fondazione Global Compact Italia e dell’organizzazione Cittadinanzaattiva  – e un tavolo di discussione con Simone Cipriani – fondatore di Ethical Fashion Initiative –, Sofia Arena – compliance specialist di Fendi –, Byron e Dexter Pearts – co-fondatori di Goodee  – e Roberta Marsi – Head of Corporate PR and General Services presso DHL Express Italia. Le presentazioni hanno evidenziato il ruolo fondamentale del settore produttivo nel processo di decoupling con il quale le aziende abbandonano lo sfruttamento intensivo delle risorse e attuano metodi innovativi di produzione che combinano modello circolare ed economia verde. Gli ospiti hanno presentato il contributo delle proprie aziende alla creazione di capitale sociale e culturale non solo nel Nord del mondo ma anche, e soprattutto, nel Sud, nell’ottica di un piano d’azione diffuso e integrato che non lasci indietro nessuno. Queste aziende si impegnano ad attuare il cambio di passo necessario a combinare crescita economica, ambientalismo, e sostegno alle categorie fragili in quadro internazionale che, come sottolineato da Frey, presenta ancora notevoli criticità. Questi temi sono tornati nell’ultima sessione del 5 ottobre a cui ha partecipato Alessandra Vaccari – Professore Associato di Storia e Teoria della Moda presso l’Università IUAV di Venezia – e moderata da Sandra Federici, organizzatrice della School e direttrice di Africa e Mediterraneo. Come emerso anche durante la tavola rotonda, la moda è un settore chiave della transizione giusta e il banco di prova critico di strategie efficaci di responsabilità sociale e inclusività. In seguito, Andrea Marchesini Reggiani, Presidente della cooperativa Lai-momo, fondatore del laboratorio Cartiera e membro del Comitato di Esperti per il supporto al G20 Ambiente, ha proposto una riflessione riassuntiva sul percorso fatto, spiegando che è stata proprio l’esperienza di Cartiera, in cui l’integrazione lavorativa dei migranti si è unita all’applicazione dei principi dell’economia circolare grazie al recupero dei materiali dismessi dalle case di moda, a far nascere l’esigenza di dedicare la scuola agli aspetti sociali della transizione ecologica. Subito dopo, il Prof. Morone ha presentato un breve approfondimento sulla valutazione d’impatto ambientale e una sua applicazione concreta ad alcune specifiche attività di Cartiera. A conclusione, un saluto di Laura D’Aprile, Direttrice Generale per l’Economia circolare del Ministero italiano della Transizione ecologica, e di Totò Martello, Sindaco di Lampedusa..

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Lampedusa hosts the final module of the School on the role of private companies in the just transition

The last module of the International School on Migration 2021 took place in Lampedusa on 5 October. This frontier island, the backdrop of the encounters and clashes that are shaping the destiny of Mediterranean populations, is principal partner of the European project Snapshots from the Borders, within which the School was organized. The project shares the School’s goal of improving the knowledge of migration phenomena and the complexities of integration, which is today identified as one of the pillars of sustainable development policies. Lampedusa hosted three days of educational initiatives on the role of the private sector in the just transition. Preceding the seminars, there was the Day of Remembrance of the October 3rd shipwreck, when 368 persons lost their lives as they crossed the Mediterranean to reach Europe from Africa. The event, that included a moment of reflection at Porta d’Europa and the deposition of a wreath of flowers in the site of the shipwreck, saw the participation of Vito Fiorino, the fisherman who was the first person to alert the authorities on the night of the tragedy and who saved 48 migrants, now an activist, and Totò Martello, the Mayor of Lampedusa and Linosa, who introduced the Pathway to Peace that connects several sites on the island.

The seminars of 4 and 5 October involved economists, fashion scholars, and representatives of private companies to discuss the social justice and sustainable development strategies that are being implemented by this sector. Professor Piergiuseppe Morone moderated the first session that included remarks by Gian Luca Galletti – Vice President of Emil Banca and Italy’s former Minister of the Environment –, a presentation by Marco Frey – Full Professor of Economics and Company Management at Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna of Pisa and Chairman of Global Compact Italia and Cittadinanzaattiva – and a roundtable with Simone Cipriani – founder of the Ethical Fashion Initiative  –, Sofia Arena – compliance specialist at Fendi –, Byron and Dexter Pearts – co-founders of Goodee – and Roberta Marsi – Head of Corporate PR and General Services, DHL Express Italia. The session highlighted the essential role of the private sector in the decoupling process with which companies are shifting from an intensive exploitation of resources towards innovative models that combine the green and circular models. Our guests illustrated how their respective companies are contributing to producing social and cultural capital not only in the Northern hemisphere, but increasingly in the South, in the framework of integration that aims at leaving no one behind. These companies have committed to enact the change of pace needed to combine economic growth, environmentalism, and support of vulnerable communities in an international context that, as underlined by Fray, still presents several criticalities. These themes also animated the 5 October session that featured a talk by Alessandra Vaccari – Associate Professor of Fashion History and Theory at IUAV University, Venice – and was moderated by Sandra Federici, organizer of the School and director of Africa e Mediterraneo. Continuing the conversation began at the roundtable, this session confirmed the key role of the fashion industry in the just transition. Andrea Marchesini Reggiani – Chairman of the Lai-momo cooperative, founder of the Cartiera laboratory and member of the Committee of Experts for the Support the G20 Environment in Italy – took the floor to comment on the accomplishments of this edition of the School, explaining how the experience at Cartiera, where the work integration of migrants includes learning to apply circular economy principles to use deadstock from fashion houses, inspired the themes of this year’s edition of the School. Prof. Morone commented on impact evaluation and its application at Cartiera. Finally, Laura D’Aprile – Directorate General for the Circular Economy of the Italian Ministry for the Ecological Transition – and Totò Martello – Mayor of Lampedusa – offered some concluding remarks.

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28 settembre 2021

Uno sviluppo sostenibile centrato sulle persone: il terzo modulo dell’ISoM approfondisce il ruolo delle autorità locali nella transizione verde

Il terzo modulo della International School on Migration 2021, tenutosi a distanza il 24 settembre, ha lasciato spazio alle autorità locali che hanno discusso delle strategie regionali e municipali per attuare la transizione verde. Come già evidenziato nel corso del primo modulo dalla dott.ssa Marta Foresti, questo processo richiede il coinvolgimento diretto e continuo delle città, molte delle quali stanno sviluppando azioni dal basso di resilienza sociale e lotta al cambiamento climatico. Si tratta di soluzioni efficaci che, per la prima volta, integrano ambientalismo e giustizia sociale. Le sfide tuttavia non mancano; il coinvolgimento locale è disomogeneo e le competenze messe in campo spesso inadeguate. C’è dunque bisogno di migliore coordinamento, finanziamenti adeguati e formazione.

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Luigi di Marco, analista di politiche presso AsviS, ha moderato la sessione mattutina dedicata al ruolo delle municipalità nel processo di inclusione e coesione sociale. La prima ospite è stata  Gemma Pinyol-Gimenéz, responsabile per le politiche sulla migrazione e la diversità di InStrategies, il think tank spagnolo che crea innovazione sociale inclusiva. Pinyol-Gimenéz ha parlato dell’importanza di adottare un approccio interculturale alla questione dell’integrazione dei migranti nelle contesti urbani. Tale approccio garantisce che siano rispettati i principi di uguaglianza, rispetto delle differenze e pari opportunità e allo stesso tempo attuati gli obiettivi mondiali di sviluppo sostenibile. La nostra ospite ha descritto l’interculturalità come un principio innovativo che mette in atto azioni intersezionali per farsi carico di esigenze reali come quella di costruire comunità più solide e solidali. A seguire è intervenuto Matthew Bach, coordinatore per la giusta transizione dell’ICLEI. Bach ha presentato le iniziative della sua associazione in materia di giustizia ambientale, iniziative che si allineano con quelle attuate da InStrategies con cui ICLEI condivide la missione di fare in modo che le politiche municipali integrino i principi della giustizia sociale, dell’inclusione e dell’uguaglianza. Bach ha posto l’attenzione su alcuni comuni europei virtuosi che attuano iniziative in grado di unire sostenibilità ambientale e sociale e fatte su misura per i territori. Ma resta ancora molto da fare per diffondere, a livello urbano, una cultura condivisa di ambientalismo socialmente solidale.

La sessione pomeridiana è stata moderata da Anna Lisa Boni, Segretario Generale di EUROCITIES, la rete di 200 comuni europei che promuove la diplomazia cittadina e politiche di benessere diffuso e inclusivo. La sessione ha ulteriormente approfondito i temi emersi nella mattinata con gli interventi di Fátima Fernández – Segretario di UCLG Barcelona, la più vasta organizzazione di autorità governative locali e regionali – Norbert Ciperle – consigliere comunale a TraiskirchenCONTROLLARE NOME in Austria – e Cristian Vasile – responsabile per gli affari esteri presso la municipalità di Constanza in Romania. Gli ospiti hanno   descritto le strategie attuate dalle rispettive autorità cittadine per rispettare gli obiettivi dell’Agenda 2030. Il messaggio emerso da questo modulo è chiaro: i governi locali hanno il polso del territorio e la visione migliore per creare opportunità di crescita collettiva basate sui valori della cooperazione, della solidarietà, della difesa dei diritti umani e dell’armonia sociale che siano, allo stesso tempo, in linea con le esigenze ambientali del nostro momento storico. È dunque necessario migliorare la coordinazione e lo scambio con le istituzioni nazionali e internazionali affinché il percorso di sviluppo sostenibile avvenga nel nome dell’integrazione e della resilienza sociale.

La sessione finale del modulo è stata dedicata al terzo appuntamento del programma di formazione sulla Valutazione di Impatto Sociale curato da Ashoka Italia.

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People-centred sustainable development: the ISoM examines the role of local authorities in the green transition

The third module of the International School on Migration 2021, held remotely on September 24, gave the floor to local authorities to better understand how they put the green transition into action. As already evidenced by Dr. Marta Foresti in Module 1, cities are the at forefront of this process and are indeed developing bottom up solutions to improve social resilience and combat climate change. These solutions are an example of a successful intersection of justice and environmentalism. However, they face a number of challenges, showing different levels of commitment and skills that highlight a need for better coordination, funding and training.

The morning session was moderated by Luigi di Marco, policy analyst at AsviS Secretariat, and delved into the role of municipalities in fostering migrant inclusion and social cohesion. The first speaker was Gemma Pinyol-Gimenéz, Head of Migration Policies and Diversity at InStrategies, the Spanish think tank creating inclusive social innovation. She made a strong case for adopting an intercultural approach to migrant integration at the municipal level, which ensures equality, positive interaction, and respect for diversity, while fitting into the sustainable development goals agenda. For Pinyol-Gimenéz, interculturalism is innovative and addresses real, on-the-ground needs for intersectional actions that preserve differences while building community. The second presentation was given by Matthew Bach, who coordinates work for the just transition at ICLEI. Bach introduced ICLEI’s work on urban environmental justice, which aligns with that of InStrategies in that it also promotes justice, inclusion, diversity and equity at city level. He provided a number of examples of municipalities across Europe that have put in place site-specific initiatives to harmonize social and environmental sustainability. But more work needs to be done.

The afternoon session was moderated by Anna Lisa Boni, the Secretary General of EUROCITIES, which gathers 200 cities across Europe with the mission of maximizing well-being for all. It followed up on the theme of the morning with presentations by Fátima Fernández – UCLG World Secretariat Barcelona, Spain, the world’s largest organization of local and regional authorities – Norbert Ciperle – city councilor of Traiskirchen Municipality, Austria – and Cristian Vasile – Foreign Affairs Officer of Constanta Municipality, Romania. The speakers illustrated how their respective municipalities carry out the specifications of the 2030 Agenda. The message is clear that coordination and exchange should be improved so that local governments can bring a new perspective based on cooperation, human rights, solidarity, and peace to the sustainable development agenda.

Finally, the participants joined Ashoka for the third project work session on Social Impact Assessment.

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21 settembre 2021

Le sfide della crescita inclusiva all’International School on Migration

Il secondo modulo della International School on Migration 2021, tenutosi a distanza venerdì 17 settembre, ha affrontato il tema della trasformazione del lavoro e delle competenze in chiave inclusiva.

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Francesco Quatraro – professore ordinario di economia dall’Università di Torino – ha aperto i lavori con una lezione sulle sfide dell’inclusione sociale nella crescita verde. La transizione richiede infatti l’elaborazione di soluzioni puntuali basate contemporaneamente su fattori locali e globali che tengano conto di una vera e propria rivoluzione e anche contrazione temporanea del sistema lavoro. Le misure di welfare devono dunque essere al cuore della transizione ecologica per garantire ai soggetti più esposti al cambiamento i mezzi per avere una vita dignitosa. Tra questi, i migranti e rifugiati occupano un posto di primo piano, essendo doppiamente spiazzati – non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche da quello socio-culturale. Alessia Lefebure, secondo ospite della sessione mattutina e preside di Agrocampus Ouest – l’Istituto Agrario Francese –, ha posto l’accento proprio sulla necessità di facilitare l’integrazione socio-economica di questi soggetti – prevista dall’SDG 4 (promuovere pari opportunità e istruzione equa per  tutti) – e sulle scarse misure ad oggi implementate nel Nord del mondo per rispettare gli obiettivi della Convenzione di Lisbona che stabilisce il diritto all’istruzione e alla formazione professionale per tutti. Nel quadro di una transizione trainata da innovazione tecnologica e competenze altamente specialistiche, Lefebure ha insistito sulla necessità di introdurre un modello che tuteli i diritti dei meno competenti, in cui quindi il lavoro qualificato non sia una barriera alla conquista del benessere diffuso. Ha concluso il suo intervento con un bel video [https://www.youtube.com/watch?v=2_uZ8AZfPTU ] che ben raccoglie il messaggio della transizione giusta.

La sessione pomeridiana ha invece approfondito il tema del giorno con un focus sull’economia circolare, le energie rinnovabili e il cambiamento climatico. Ne hanno parlato, con la moderazione di Toloue Miandar della Bologna Business School, Alessandra Bonoli, professoressa ordinaria di Ingegneria Meccanica all’Università di Bologna, Bezawit Eshetu, rappresentante per l’Etiopia presso l’African Circular Economy Network e Circular Economy Pioneer presso la Ellen MacArthur Foundation, Maria Alessandra Ancona, ricercatrice presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale all’Università di Bologna e Salvatore Pascale, ricercatore presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia all’Università di Bologna. Il Green Deal Europeo e le iniziative africane hanno messo in  evidenza un quadro complesso di pratiche diffuse che stanno già intervenendo sulla configurazione del mondo del lavoro, pur con difficoltà legate, nel caso africano, alla mancanza di una leadership centralizzata e del know-how necessario ad implementarle e coordinarle a livello continentale.

Sabato 18 si è poi tenuta la seconda sessione del programma di formazione sulla Valutazione di Impatto Sociale a cura di Ashoka Italia.

 

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The challenges of inclusive growth at the International School on Migration

The second module of the International School on Migration 2021, held remotely on Friday 17 September, focused on the theme of an inclusive job transformation.

Francesco Quatraro – Full Professor of Economics at Turin University – opened the morning session with a talk on the challenges of social inclusion and green growth. The transition requires developing precise solutions based, at the same time, on local and global factors that implement a real revolution while also causing a temporary contraction of the job market. Welfare policies should, therefore, be at the heart of the green transition as a measure to ensure that the persons risking the worst effects of this change have the means for a dignified living. These include migrants and refugees who are geographically and socio-culturally displaced. Alessia Lefebure, the second guest and Dean of Agrocampus Ouest – the French Institute for agricultural sciences –, drew attention to the importance of fostering the social and economic integration of these people – the topic of SDG 4 (ensure inclusive and equitable quality education for all) – and on the limited measures that have been taken in the Northern hemisphere to implement the objectives of the Lisbon Convention, which guarantees fair education and training to all students. In the framework of a transition driven by technological innovation and highly-skilled competences, Lefebure emphasized the need to introduce a paradigm that protects the right of under-skilled or unskilled laborers, where qualification is not a barrier to reach widespread wellbeing. The speaker concluded her presentation with a video [https://www.youtube.com/watch?v=2_uZ8AZfPTU ] that captures the ethical message of a just transition.

The afternoon session focused on the circular economy, renewable energy implementation, and climate change. Toloue Miandar of Bologna Business School moderated the panel that included Alessandra Bonoli – Full Professor of Raw Materials Engineering at Bologna University – Bezawit Eshetu – Ethiopia’s Country Representative at the African Circular Economy Network and Circular Economy Pioneer at the Ellen MacArthur Foundation – Maria Alessandra Ancona – Junior Assistant Professor of Energy Systems and Power Generation at Bologna University – and Salvatore Pascale, Junior Assistant Professor at the Department of Physics and Astronomy, Bologna University. The examples of the European Green Deal and African initiatives evidenced a complex framework of widespread practices that are already changing the  industry and its labour dynamics, although with difficulties due, in the African case, to the lack of centralized leadership and the know-how needed to implement and coordinate them at the continental level.

Saturday 18 Ashoka Italia hosted the second session of the training programme on Social Impact Assessment.

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14 settembre 2021

Prendersi cura dei fragili per curare il pianeta: il primo giorno della International School on Migration affronta il tema della giustizia sociale

Venerdì 10 settembre si è tenuto il modulo inaugurale della International School on Migration 2021 dedicata agli aspetti sociali della transizione ecologica. L’evento, aperto da Andrea Marchesini Reggiani – direttore del comitato organizzativo, esperto di sostenibilità e presidente della cooperativa Lai-momo – ha visto la partecipazione di Elly Schlein, Vice Presidente della Regione Emilia-Romagna, un punto di riferimento per chi si occupa di diritti umani e della migrazione.

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Quattro ospiti hanno partecipato a questa prima giornata, finalizzata a introdurre i temi della Scuola, con particolare attenzione ai rapporti Europa-Africa. La sessione mattutina dei lavori è stata moderata da Sören Bauer, direttore del think tank Revolve Circular, un’associazione austriaca che promuove l’economia circolare, con particolare attenzione all’Africa. Bauer ha presentato Grammenos Mastrojeni, Vicesegretario dell’Unione per il Mediterraneo, che ha parlato di migrazione e cambiamento climatico. Mastrojeni ha discusso soprattutto dei rapporti causali che collegano migrazioni umane e stress ambientale, spiegando che le crisi hanno impatti più violenti sulle zone socialmente fragili dove la sopravvivenza dipende in modo diretto dal mantenimento degli equilibri ambientali. Ha dunque enfatizzato la necessità di immaginare la transizione ecologica come un’operazione sistemica in cui la difesa dei diritti umani è una componente imprescindibile dei programma di sviluppo sostenibile. Il principio che “i muri non funzionano” – per citare Mastrojeni – è stato ripreso da Marta Foresti, direttrice del think tank ODI Human Mobility Initiative Europe e seconda ospite della mattinata. Foresti ha spiegato che bisogna integrare sviluppo e migrazione attraverso policy di gestione adeguate alla situazione eccezionale in cui flussi consistenti di persone si muovono sulla spinta di fenomeni ambientali catastrofici. In particolare, Foresti ha portato l’esempio di alcune iniziative transcontinentali e pratiche di comunità lanciate da attori non governativi e da sindaci di singole città che sviluppano sul campo misure di resilienza e adattamento urbano. Interdipendenza, cooperazione, solidarietà e diritto a un’esistenza dignitosa sono state anche le parole chiave della sessione pomeridiana, moderata da Giovanni Bettini, docente del centro per le “International Development and Climate Politics” dell’Università di Lancaster. Gli speaker sono stati François Gemenne, direttore dell’Osservatorio Hugo sul Cambiamento Climatico e la Migrazione presso l’Università di Liegi, e Nisreen Elsaim, Coordinatrice del Gruppo di giovani consiglieri attivisti per il cambiamento climatico delle Nazioni Unite. Gemenne ed Elsaim hanno posto l’accento sull’impatto negativo delle narrazioni mainstream sui legami tra cambiamento climatico e migrazione sulla percezione della portata sistemica e globale del fenomeno. Ancora una volta, i loro interventi hanno fatto emergere l’importanza di pensare la transizione come ambientale e sociale allo stesso tempo, un impegno da attuare nel presente per garantire a tutti un domani più giusto, prospero e inclusivo.
Ogni intervento è stato seguito da un lungo dibattito che ha coinvolto la platea di partecipanti provenienti da diversi paesi europei e africani che si sono poi incontrati in forma virtuale anche sabato 11 settembre per partecipare alla prima sessione del programma di formazione sulla Valutazione di Impatto Sociale condotto da Ashoka Italia.

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Taking care of the vulnerable to take care of the planet: the first day of the International School on Migration tackles social justice

The opening day of the International School on Migration 2021 took place last Friday, 10 September. The event, which looks into the social dimension of the environmental transition, was opened by Andrea Marchesini Reggiani – head of the organizing committee, sustainability expert, and president of Lai-momo cooperative – and Elly Schlein, Vice President of Emilia-Romagna region and an advocate of human rights.
Four speakers took the floor during the engaging first module on Europe-Africa relations that laid down the foundational notions of the four-module educational initiative. The morning session was moderated by Sören Bauer, head of Revolve Circular, the Austrian not-for-profit media think tank that creates knowledge on the circular economy with a focus on Africa. Bauer introduced Grammenos Mastrojeni, Deputy Secretary of the Union for the Mediterranean, who talked about migration in the context of our ongoing environmental disruption. Mastrojeni pointed to the causal and reciprocal relationship between increased human mobility –  what he says is wrongly labeled “climate migration” – and environmental stress, explaining that crisis hits harder in socially-fragile areas where survival is directly dependent on ecosystem balance. He thus stressed the need to address the green transition as a systemic operation rooted in the knowledge that human rights are at the heart of sustainable development. Mastrojeni’s uncompromising statement that “walls do not work” was taken up by Marta Foresti, director of ODI Human Mobility Initiative Europe. Foresti talked about the need to integrate development and migration in the framework of inadequate European management policies, focussing on the positive example of non-state actors and the mayors of individual cities developing resilient strategies to adapt to fast urban changes. Interdependence, cooperation,  solidarity, and the right to a dignified existence were also the keywords of the afternoon session moderated by Dr. Giovanni Bettini, who teaches at the International Development and Climate Politics center at Lancaster University. The speakers were François Gemenne, director of the Hugo Observatory on Climate Change and Migration at Liège University, and Nisreen Elsaim, Chair of the United Nations’ Youth Advisory Group on Climate Change. Gemenne and Elsaim highlighted the need to change the narrative on climate change and migration in favor of a clear claim that environmental justice is social justice and that achieving social justice in the presence is an insurance for a more inclusive, prosperous, and equitable tomorrow.
The presentations generated a lively debate involving participants from several African and European countries, who convened again on Saturday 11 September to attend Session 1 of our training programme on Social Impact Assessment led by Ashoka Italia.

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31 agosto 2021

I partner della School

L’International School on Migration 2021 vanta una solida rete di partner che sostengono e diffondono il messaggio di sviluppo socialmente sostenibile di cui si fa portavoce. Ogni partner promuove il principio della creazione di lavoro condiviso e crescita orizzontale in ambito locale, nazionale e internazionale, portando avanti le tematiche sociali dell’Agenda 2030 nel mondo dell’imprenditoria e della formazione.

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Global Compact Italia è la fondazione delle Nazioni Unite che diffonde in Italia la cultura della cittadinanza d’impresa e della sostenibilità espresse nel Global Compact internazionale. GCI tutela l’ambiente e i diritti umani e dei lavoratori, supportando gli Obiettivi Globali di sviluppo sostenibile grazie al contributo di una rete di oltre 400 di sostenitori e volontari che nel 2020 hanno incluso, tra gli altri, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e UN Women.

Associazione Coordinamento Agende 21 Locali Italiane promuove lo sviluppo equo e durevole tramite azioni di informazione, sostegno e lobbying che sensibilizzano gli stakeholder del territorio sull’importanza di conciliare crescita economica e tutela della natura e della cittadinanza.   

Kyoto Club è un’associazione romana no-profit che crea conoscenza e promuove interventi per il consolidamento di una cultura d’impresa e sociale ambientalista, valorizzando le buone pratiche di contrasto ai cambiamenti climatici.

Mercato Circolare è una start-up torinese innovativa a vocazione sociale che crea connessioni tra imprese e società civile, promuovendo l’economia circolare e lo sviluppo sostenibile tramite eventi formativi, divulgativi, workshop e sperimentazioni artistiche. 

Ashoka, nata nel 1980 in India e poi diffusasi in 89 paesi del mondo, è la rete che diffonde il messaggio di sostenibilità e innovazione della migliore imprenditoria sociale internazionale. Ashoka accompagna questi “agenti del cambiamento” visionari in un percorso di divulgazione finalizzato a generare sviluppo sociale positivo e diffuso, con una grande attenzione alla misurazione d’impatto. Ashoka Italia, partner ufficiale della Scuola, gestirà il lavoro di gruppo sulle metodologie di valutazione.

B&W: Black and White – The Migrant Trend è un’associazione di promozione sociale con sede a Roma che collabora con la rete nazionale di sartorie sociali, brand e stilisti di origine migrante, creando occasioni di formazione, divulgazione, integrazione e networking tra queste realtà e il mondo del Made in Italy.

BJCEM – Biennale des Jeunes Créateurs de l’Europe et de la Méditerranée è una rete di 47 partner che diffonde il messaggio di solidarietà, rispetto per la differenza e integrazione socio-culturale attraverso l’arte. Ogni anno BJCEM organizza un festival multidisciplinare che propone laboratori, attività formative e performance per giovani artisti da tutte le sponde del Mediterraneo.

NATION 25 è un collettivo artistico italiano e piattaforma artistica che affronta le tematiche della migrazione  in modo critico e creativo, concentrandosi, nello specifico sulle esperienze degli oltre 50 milioni di rifugiati che oggi popolano il pianeta.

CEMORE è il centro di ricerca sulla mobilità fondato nel 2003 all’Università di Lancaster per mappare e analizzare gli aspetti socio-culturali dei fenomeni migratori planetari. Il modello di ‘qualità della vita’ sviluppato dal CEMORE mette al centro della discussione i temi della sostenibilità, dell’uguaglianza, della giustizia e della responsabilità sociale che, dal 2020, confluiscono in una ricerca approfondita sui cambiamenti climatici.

La Scuola di Alta Formazione sulla sostenibilità ed economia circolare di “Unitelma Sapienza” è un’istituzione leader europea che promuove la ricerca e la formazione sui modelli di produzione e consumo non-lineare nella cornice degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. 

Abantu è una cooperativa sociale che dal 2013 porta avanti azioni di sostenibilità sociale, promuovendo lo sviluppo umano e misure di inclusione e democrazia sociale attraverso iniziative di inserimento lavorativo dei migranti orientate a contrastare il disagio e all’emarginazione. Da anni, Abantu porta avanti il laboratorio di moda etica Cartiera che produce accessori in pelle e altri materiali destinati allo smaltimento impiegando lavoratori e lavoratrici in condizione di svantaggio.

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The School’s partners

The International School on Migration 2021 relies on a network of partners that share and support the idea of socially sustainable development. Each partner promotes the goal of creating shared value and fostering horizontal growth in the fields of business and education, at the local, national, and international level and in the framework of Agenda 2030.

Global Compact Italia is the United Nations foundation that endorses the culture of business citizenship and sustainability in Italy, according to the principles of the international Global Compact. GCI safeguards the environment and human and workers’ rights, supporting the Sustainable Development Goals with the help of more than 400 partners, supporters and volunteers, which in 2020 included the Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, the Italian Ministry of Environment, Land and Sea, and UN Women.

Associazione Coordinamento Agende 21 Locali Italiane encourages equitable and long-lasting development through educational and lobbying actions that raise awareness among Italian stakeholders on the need to combine economic growth with environmental and human safety.   

Kyoto Club is a Rome-based not-for-profit association that creates knowledge and promotes actions to strengthen a socially and environmentally-oriented business culture, promoting good practices that combat climate change.

Mercato Circolare is an innovative start-up from Turin with a social vocation that fosters connections between businesses and the civil society, endorsing the circular economy and sustainable development models with educational events, workshops, and art performances. 

Ashoka is a global network launched in 1980 in India and now active in 89 countries that advocates for sustainability and innovation. Ashoka supports visionary “agents of change,” who are on a mission to generate a widespread and positive social development in the business world, focusing specifically on social impact assessment. As the official partner of the school, Ashoka Italia will lead the participants in the analysis and evaluation of submitted projects.

B&W: Black and White – The Migrant Trend is a Rome-based social promotion association that collaborates with the Italian network of tailoring workshops, brands, and designers with a migrant background, creating training and fostering connections between these realities and those of Made in Italy.

BJCEM – Biennale des Jeunes Créateurs de l’Europe et de la Méditerranée is a network of 47 partners that promotes solidarity, respect for difference and social integration through art. BJCEM organizes an annual multidisciplinary festival featuring workshops, educational activities, and performances involving young artists from all the countries of the Mediterranean.

NATION 25 is an Italian art collective and art platform that critically examines the phenomenon of international migration, focusing specifically on the experiences of more than 50 million refugees around the world.

CEMORE is the research center on mobility founded in 2003 at Lancaster University. CEMORE maps and analyzes the sociocultural aspects of planetary migrations. Its ‘good life’ model promotes sustainability, equality, justice, and social responsibility. Since 2020, CEMORE has focused on the links between climate change and migration.

The Advanced Professional Training School for Sustainability and the Circular Economy at “Unitelma Sapienza” is a leading European institution that promotes research and training on non-linear production and consumption models in the framework of the UN Sustainable Development Goals. 

Abantu is an Italian social cooperative that, since 2013, has endorsed social sustainability, supporting human development and an inclusive and democratic society by creating employment opportunities for migrants. For several years, Abantu has managed the Cartiera ethical social enterprise, where disadvantaged workers create accessories with cast-off leather and fabrics.

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27 agosto 2021

Il futuro incerto dell’imprenditoria sociale in Afghanistan: ne discuteremo nell’International School a Lampedusa

Le drammatiche vicende afgane di cui riceviamo notizia in questi giorni ci riempiono di dolore. Un paese segnato da una lunga crisi e da una difficile rinascita si trova ora ad affrontare un’emergenza di cui nessuno sa anticipare la portata, ma che, sappiamo, lascerà poco spazio all’innovazione e alla sperimentazione che hanno ispirato numerose iniziative in tempi recenti. Molte di queste sono state promosse e/o gestite da donne. Alcune, importanti, hanno interessato il settore della moda [https://www.google.com/amp/s/www.nytimes.com/2021/08/25/style/afghanistan-women-craft.amp.html] e dato vita a iniziative di collaborazione internazionale nel segno dell’emancipazione e della sostenibilità sociale.

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© Ethical Fashion Initiative

In questo contesto, come altrove nel Sud del mondo, la moda ha coagulato le energie progressiste di singoli e comunità svantaggiate, veicolando un messaggio di pari opportunità e libertà di scelta. Il design e la produzione di capi hanno permesso a una ristretta, ma ugualmente significativa comunità di creative e artigiane di conquistare una propria indipendenza non solo economica, ma simbolica e comunicativa. Ovunque la moda è una vetrina, un canale per accedere e preservare visibilità ed esercitare il diritto a un’esistenza dignitosa. In Afghanistan, è stata uno strumento di riscatto di genere e di identificazione con un’idea di identità religiosa aperta e tollerante della differenza.

Rivisitando la tradizione dell’artigianato tessile afgano, della coltivazione e della lavorazione della seta, del ricamo, imprenditrici e collaboratrici hanno tracciato un percorso di avanzamento sociale che mette in comunicazione passato, presente e futuro. Simone Cipriani, fondatore di Ethical Fashion Initiative [https://ethicalfashioninitiative.org/], incubatore di progetti di moda nato in seno alle Nazioni Unite e attivo anche in Afghanistan da oltre un decennio, identifica proprio in questa acquisizione di consapevolezza il valore più importante che la recente svolta reazionaria rischia di sopprimere. In questo articolo appena pubblicato [https://antinomie.it/index.php/2021/08/22/elicitation/], Cipriani descrive il fermento creativo ed espressivo di queste imprese con donne protagoniste, la cui sostenibilità il progetto ha rafforzato negli anni, ma anche la situazione attuale di grande incertezza e lo sconforto degli operatori e operatrici.

Ci chiediamo con angoscia cosa rimarrà di questi progetti e quale futuro si apre ora per le donne vigili, indipendenti e consapevoli dell’Afghanistan. Ne discuteremo con Cipriani nel corso del quarto modulo della International School on Migration [https://www.migrationschool.eu/programme/] dedicato alla responsabilità sociale d’impresa che si terrà a Lampedusa il 4 ottobre prossimo venturo.

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The uncertain future of social entrepreneurship in Afghanistan : we will talk about it at the International School on Migration 2021 

The tragic news from Afghanistan fill us with sorrow. A country that went through a long crisis and a difficult rebirth is now facing an emergency of unknown proportions that will leave little room to the innovation and experimentation that characterized a number of initiatives in the recent past. Many of them were launched and/or managed by women. Some important ones were in the fashion industry [https://www.google.com/amp/s/www.nytimes.com/2021/08/25/style/afghanistan-women-craft.amp.html] and sparked international networking efforts inspired by the values of emancipation and social sustainability. 

In this context, like elsewhere in the South of the world, fashion attracted the progressive energies of disadvantaged individuals and communities, channeling a message of equality and freedom of choice. Designing and making garments allowed a small but significant groups of creatives and artisans to gain financial and symbolic autonomy. Everywhere fashion is a window and a channel to access and preserve visibility and exercise the right to a dignified existence. In Afghanistan, it was a means of social advancement for women who believe in an open-minded and tolerant idea of religious identity.

Revisiting the tradition of Afghan textile craftsmanship, of silk production and manufacturing, and of embroidery, female entrepreneurs and their collaborators charted a course of social advancement that put the past in communication with the present and the future. Simone Cipriani, head of Ethical Fashion Initiative [https://ethicalfashioninitiative.org/], an incubator and accelerator of social fashion enterprises in emerging economies promoted by the United Nations and active in Afghanistan for more than a decade, identifies this practice of awareness building as the most valuable outcome that risks being wiped away by the recent reactionary turn in the country. In this article [https://antinomie.it/index.php/2021/08/22/elicitation/], Cipriani describes the creative impulse behind these women-led businesses, whose sustainable outputs Ethical Fashion Initiative has supported through the years, and the great uncertainty and despair of the workers for the recent turn of events.

We wonder what will remain of these projects and what future lies ahead for Aghanistan’s vigilant, independent and conscious women. Cipriani will discuss in Lampedusa on 4 October, when he will join the fourth module of the International School on Migration [https://www.migrationschool.eu/programme/] focusing on corporate social responsibility. 

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26 agosto 2021

Le raccomandazioni europee sulla responsabilità sociale d’impresa per migranti e rifugiati

Negli ultimi vent’anni la responsabilità sociale d’impresa (RSI) – o corporate social responsibility (CSR) – è stata al centro di importanti trasformazioni dei processi di gestione del mondo del lavoro. Il Libro Verde della Comissione Europea la descrive come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”
[https://www.europarl.europa.eu/meetdocs/committees/deve/20020122/com(2001)366_it.pdf].

Questo si traduce in un insieme di comportamenti e buone pratiche di sostenibilità indirizzate ad ottimizzare le relazioni tra le parti e i loro effetti sul mondo circostante. Le imprese si impegnano ad attuare norme e condotte collegate al dialogo e allo sviluppo sociale e al rispetto dei diritti fondamentali con l’obiettivo, sancito ancora dal Consiglio Europeo di Lisbona già nel 2000, di rafforzare la coesione a livello continentale e la competitività dell’industria. 

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La sostenibilità passa dunque per politiche aziendali che riconoscono la complementarietà tra obiettivi economici e sociali, facendosi carico degli effetti delle proprie attività sul mondo. La RSI si presenta dunque come uno strumento fondamentale di tutela delle soggettività vulnerabili nel quadro di una transizione ecologica giusta e inclusiva. Le imprese possono intervenire positivamente sulle condizioni di vulnerabilità di questi soggetti, fornendo protezione sociale, occupazione durevole e un ambiente di lavoro dignitoso che produca indipendenza economica e integrazione del lavoratore nel tessuto della comunità di accoglienza. Ugualmente, possono integrare  norme di ospitalità e accoglienza nelle proprie pratiche di assunzione, partecipando così direttamente alla gestione dei fenomeni migratori.

Il sotto-gruppo per la RSI alla Commissione Europea ha prodotto una serie di raccomandazioni [https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/recommendations-subgroup-corporate-social-responsibility_en.pdf] su questo punto, identificando l’assunzione di migranti e rifugiati come uno strumento strategico per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). In particolare, il gruppo sollecita l’adozione e l’ampliamento di iniziative imprenditoriali e multi-imprenditoriali nazionali, regionali e locali che facilitino l’integrazione di queste soggettività nella forza lavoro. Tra le proposte elencate ci sono attività di valutazione delle competenze, con la possibilità di fornire strumenti di upskilling ai migranti, rafforzamento degli strumenti di gestione e sviluppo delle risorse umane associati al coinvolgimento dei migranti nella forza lavoro e formazione aziendale per i nuovi assunti. Il quarto modulo della International School on Migration 2021 si concentrerà proprio su questi aspetti, lasciando la parola ad alcune aziende che presenteranno i propri modelli di inclusione e sostenibilità sociale alla tavola rotonda del 4 ottobre.

 

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The European recommendations on corporate social responspibility for migrants and refugees

 

In the last twenty years Corporate Social Responsibility (CSR) has been at the core of important changes in business management. The Green Paper of the European Commission describes CSR as  “a concept whereby companies decide voluntarily to contribute to a better society and a cleaner environment.” [https://www.europarl.europa.eu/meetdocs/committees/deve/20020122/com(2001)366_it.pdf]

This translates in good practices of sustainability aimed at streamlining relationships among partners and  their effects on the outside world. Companies commit to implement norms in favour of social developmoent and respect of human rights with the goal, voiced by the European Council of Lisbon 2000, of enhancing social cohesion at continental level and competitiveness. 

Sustainability is therefore also linked to company policies that acknowledge the complementary nature of economic and social objectives, taking responsibility for the impact of their activities on the surrounding world. CSR is thus a crucial tool of protection of fragile subjects in the framework of a just and inclusive green transition. Companies can improve their status, offering social protection, a stable job and dignified working conditions that yield economic independence and the integration of labourers in the local community. They can also adopt codes of hospitality and reception in their hiring practices, taking an active role in the management of migration.

The sub-group on CSR at the European Commission published a number of recommendations  [https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/recommendations-subgroup-corporate-social-responsibility_en.pdf] on this, identifying the employment of migrants and refugees as a strategic tool to reach some sustainable development goals. In particular, the sub-groups supports the adoption and/or expansion of business or multi-stakeholder initiatives at regional, local, or national levels that facilitate integration of these subjects in the labour force. The topics include skills assessment to identify the upskilling needs of migrants and refugees; capacity building for employers and workers on employing and working with migrants and refugees, and joint mentoring for migrants and refugees within companies. The fourth module of the International School on Migration 2021 will focus on this aspect with a round table on 4 October, where companies will present their models of social inclusion and sustainability.

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12 agosto 2021

Le misure europee di sostegno alla migrazione professionale

Si stima che nei prossimi anni diseguaglianze socio-economiche, cambiamento climatico e conflitti provocheranno un aumento significativo dei flussi migratori in diverse aree del pianeta, Europa inclusa. Mentre il nostro continente si prepara alla transizione ecologica, l’impatto della migrazione sullo sviluppo sostenibile non va sottostimato. I migranti rappresentano già una porzione significativa del tessuto sociale europeo, a cui contribuiscono come lavoratori, cittadini e consumatori, eppure la prospettiva dominante sulla migrazione è quella di un fenomeno da contenere e sottoporre a misure di sicurezza.

L’emergenza sanitaria del 2020 ha dato risalto al ruolo fondamentale dei migranti nell’assicurare servizi essenziali, come quelli legati alla salute e al cibo, che spesso diamo per scontati. La pandemia ha fatto emergere le inter-dipendenze planetarie che rendono il benessere una merce di immenso valore, ma altrettanto rara. Questi stessi lavoratori essenziali sono infatti anche i più vulnerabili perché sono tra le categorie maggiormente a rischio di trovare occupazioni formali e precarie che non concedono un reddito stabile e sicuro, né forme di protezione sociale.

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Dato il declino demografico pressoché inarrestabile, l’Europa è destinata a diventare sempre più dipendente dai lavoratori stranieri per colmare le mancanze del mercato del lavoro e preservare la propria competitività. L’Africa, in particolare, è stata identifica come fornitrice principale di manodopera. Il Patto Europeo sulla Migrazione [https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_20_1706], pubblicato alla fine del 2020, pur se criticato dalle organizzazioni della società civile per la scelta di continuare a dare priorità alla prevenzione degli arrivi e all’organizzazione dei ritorni e respingimenti, include alcune revisioni ai programmi di migrazione per lavoratori qualificati e tratteggia (seppur in modo ancora vago) la creazione di Talent Pool e Talent Partnership per attrarre questo tipo di manodopera. Queste iniziative sembrerebbero proseguire nel solco della Mobility Partnership Facility [https://ec.europa.eu/home-affairs/what-we-do/policies/international-affairs/global-approach-to-migration/mobility-partnership-facility_en] con cui singoli paesi europei possono creare accordi bilaterali di cooperazione con paesi esteri e acquisire professionisti di medio livello [https://www.cgdev.org/blog/eu-migration-pact-putting-talent-partnerships-practice]. Ulteriori passi in questa direzione sono previsti anche dall’Agenda 2030. Diversi obiettivi di sviluppo sostenibile [https://sdgs.un.org/goals] – i cosiddetti SDG (sustainable development goals) – fanno riferimento alla migrazione, prevedendo misure per facilitare la mobilità umana regolare (10), ridurre il lavoro precario e porre fine allo sfruttamento (8), e incrementare il sostegno ai paesi in via di sviluppo che vogliano avviare azioni di capacity building (17). 

Tuttavia, queste proposte hanno scopi limitati e non sembrano concentrarsi sull’impatto della migrazione su settori quali la sanità, la convivenza urbana, la protezione sociale, la cittadinanza, il genere, né tengono conto delle enormi differenze in termini demografici, di competenze professionali, di accoglienza etc, tra paesi di origine e paesi di destinazione della migrazione. Per ultimo, le iniziative menzionate sembrano riguardare solo persone qualificate, e non i lavoratori privi di qualifiche e conoscenze. Quale sarà il posto di questi ultimi nel nuovo framework europeo sulla migrazione che cerca un nuovo equilibrio tra responsabilità e solidarietà? La prossima edizione della International School on Migration [https://www.migrationschool.eu/] affronterà questi interrogativi, esplorando possibili soluzioni per fare in modo che la transizione ecologica non lasci nessuno indietro.

 

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European labour migration policies 

 

In the next decades climate emergencies, conflict, and socio-economic inequalities will trigger massive migration flows across the planet, including towards Europe. As the continent works to achieve its green goal, the impact of migration on sustainable development cannot be underestimated. Migrants already make up a significant portion of Europe’s population, contributing to its growth as workers, citizens, and consumers. And yet, the general perspective on migration presents it almost only through the lens of containment and security.  

The crucial role of migrant workers came to the fore during the COVID pandemic of 2020, when their efforts in essential sectors, like health care and the food industry, put a face on some of the taken-for-granted services we are so dependent on. The emergency spotlighted the invisible planetary interdependencies that make well-being a valuable, but also rare commodity. These same crucial workers are however also extremely vulnerable in that, as a category, they are most at risk to work informally and precariously, without the security of a stable and decent income and no access to social protection.

As Europe’s demographic decline continues, the continent will become increasingly dependent on foreign labor to fill its market gaps and preserve competitiveness. Africa, in particular, has been singled out as a key supplier of skills. The EU Migration Pact [https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_20_1706], released in 2020, although criticised by civil society organizations for the choice of prioritizing preventing arrivals and organizing returns and deportations, includes revisions to skilled migration schemes and outlines (only vaguely, so far) the establishment of a Talent Pool and Talent Partnerships to attract skilled professionals. The latter seem to follow in the footsteps of the Mobility Partnerships Facility [https://ec.europa.eu/home-affairs/what-we-do/policies/international-affairs/global-approach-to-migration/mobility-partnership-facility_en], which sets up bilateral cooperation projects between individual European and non-European countries focusing on mid-level professions [https://www.cgdev.org/blog/eu-migration-pact-putting-talent-partnerships-practice]. Another step in this direction is envisioned in Agenda 2030. Several SDGs mention migration, setting out to facilitate regular human mobility (10), curb precarious employment, end exploitation and child labor (8), and enhance capacity building support in developing countries (17). 

However, these proposals have a limited scope that does not address the impact of migration on sectors like health, urbanisation, social protection, citizenship, and gender, nor does it take into account the huge differences between origin countries and countries of destination in terms of demographic trends, skills, hospitality, etc. Finally, migration seems to be restricted to skilled and educated individuals, but what about unskilled or semi-skilled workers? How will they fit into the development framework of a continent seeking a new balance between responsibility and solidarity? The forthcoming edition of the International School on Migration [https://www.migrationschool.eu/] will address these questions and explore solutions to ensure that the green transition leaves no one behind.

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21 luglio 2021

Oltre il take-make-waste: la moda ha bisogno di una rivoluzione sociale

Che ruolo ha il settore privato nella transizione ecologica? E, in particolare, come si posiziona la moda in questo contesto? Si parlerà di questo il 4 ottobre a Lampedusa, alla giornata conclusiva della International School on Migration. 

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È diventato ormai un luogo comune associare moda e cambiamento climatico. I dati del suo impatto ambientale sono impietosi e sono la prima ragione per invocare una vera e propria rivoluzione del nostro stile di vita. Il modello lineare di produzione e consumo dei capi – il cosiddetto take–make–waste –  assorbe risorse immense, restituendo al pianeta tipologie molteplici di rifiuti che compromettono i già instabili meccanismi rigenerativi del nostro sistema antropocentrico. Il fast fashion, la moda usa e getta, alimenta comportamenti iper-consumistici che giustificano l’acquisto compulsivo di capi – e l’altrettanto compulsiva eliminazione degli stessi che avviene entro una finestra d’uso sempre più ridotta – come una risposta al susseguirsi acceleratissimo dei trend, una strategia commerciale minuziosa che arriva a immettere sul mercato – fisico e digitale – anche due collezioni in un mese. I report pubblicati da organizzazioni internazionali come la Ellen McArthur Foundation [https://www.ellenmacarthurfoundation.org/assets/downloads/A-New-Textiles-Economy_Summary-of-Findings_Updated_1-12-17.pdf] restituiscono la fotografia di un’industria che fa ancora troppo poco per interrompere la catena dello sfruttamento. 

La pandemia ha anzi esacerbato questo modello commerciale, rendendo ancora più marcati i suoi effetti sui lavoratori e le loro geografie sociali di appartenenza. Il Sud e le periferie del mondo, che sono la fucina della moda usa e getta, hanno subito il contraccolpo dell’atrofizzazione dei consumi scatenata dal lockdown [https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/15487733.2020.1829848?needAccess=true]. La contrazione dei consumi nel Nord ha accresciuto la vulnerabilità sociale nel Sud e messo a nudo la natura sistemica dello sfruttamento in cui produttori e consumatori condividono la responsabilità del cambiamento. Inoltre, alcuni paesi del Sud fungono da discarica dell’enorme quantità di abiti gettati al sistema di consumo del fast fashion [https://www.afrosartorialism.net/2021/02/26/sustainability-files-managing-fashion-waste-in-ghana/] Come risponde il made in Italy a questo stato delle cose? In che modo l’industria leader che alimenta e confeziona da decenni il sogno di fare la differenza affronta la sfida di lasciare spazio alla differenza? Il quarto modulo della School approfondirà le pratiche di transizione sostenibile nell’industria della moda italiana, analizzando in che modo le aziende assicurano il rispetto dei diritti umani e attuano i principi etici di responsabilità verso la collettività, ricerca del benessere, giustizia e uguaglianza.  


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Beyond take-make-waste: fashion needs a social revolution

 

What is the role of the private sector in the green transition? And where does fashion stand in this context? The final session of the International School on Migration happening in Lampedusa on 4 October will address these questions. 

It is well known that fashion has a huge impact on climate change. The figures on its environmental impact are staggering, giving cause for us to call for a revolution of our ways of life. The  take – make – waste linear model of production and consumption of clothes requires immense resources, yields such quantities of material and immaterial waste that compromise the ability of our Anthropocentric planet to regenerate itself.  Fast fashion triggers hyper-consumeristic behaviours of compulsive shopping and disposing of new clothes in short spans of time, taking place in a scenario of hyper-accelerated seasonal change that sees mega retailers producing up to two new collections every month. The reports published by international bodies like the Ellen McArthur Foundation [https://www.ellenmacarthurfoundation.org/assets/downloads/A-New-Textiles-Economy_Summary-of-Findings_Updated_1-12-17.pdf] present the picture of an industry that has not step up yet to ending exploitation. 

The pandemic has instead exacerbated this commercial model, accentuating its negative effects on workers and their social geographies. The peripheries and South of the world, where fast fashion factories are located,  have suffered the consequences of the decline of consumption that followed the lockdown of 2020[https://www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/15487733.2020.1829848?needAccess=true].  Moreover, a number of countries in the South of the world operate as actual landfills of the huge amount of textile waste generated by the fast fashion system [https://www.afrosartorialism.net/2021/02/26/sustainability-files-managing-fashion-waste-in-ghana/]This phenomenon originating in the richer North increased social vulnerability in the South, unveiling the systemic nature of exploitation and the shared responsibility of producers and consumers to enact change. How has made in Italy reacted to this state of affairs? How is the industry that for decades has nurtured and manufactured the dream of distinction making a difference? The fourth session of the School will examine good practices of sustainable transition in Italian fashion with respect to human rights protection, equality, workers prosperity, and social justice.

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24 giugno 2021

Gli aspetti sociali del Green Deal europeo

Il Green Deal europeo indica il 2050 come data ultima per raggiungere la neutralità climatica in Europa. Cosa significa? Fermare il cambiamento climatico e conquistare la sostenibilità ambientale e sociale richiedono una vera e propria rivoluzione del nostro stile di vita. Alla base di questa transizione c’è un progetto di sviluppo sostenibile alimentato dall’economia circolare, un modello di crescita che restituisce al pianeta più di quanto prende. Questo si traduce in un insieme di iniziative volte a controllare l’inquinamento, ridurre le emissioni di gas serra e minimizzare la dipendenza dalle risorse non rinnovabili con l’obiettivo di attuare pratiche verdi e rigenerative di produzione e consumo e preservare in questo modo la biodiversità – il nostro capitale naturale.

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L’obiettivo finale è passare a un’economia dematerializzata che applica soluzioni innovative e sviluppa relazioni più strette con i consumatori tramite strumenti digitali come i big data, l’intelligenza artificiale e l’Internet delle Cose. L’Action Plan sull’Economia Circolare prevede che il patto verde abbia effetti positivi diffusi sulla qualità della vita, promuovendo inclusione e prosperità sociale “a condizione che i lavoratori acquisiscono le competenze necessarie per la transizione verde”. Ma tutti i cittadini e le cittadine che vivono in Europa sono pronti/e a fare questo passo? Mentre alcuni settori della popolazione si adatteranno facilmente ai cambiamenti che ci aspettano, altri probabilmente resteranno indietro. Si tratta delle frange dei meno preparati e degli emarginati, inclusi i migranti, che hanno già un accesso limitato al mercato del lavoro. L’economia sociale promossa dal Green Deal rifletterà la capacità dell’unione e delle autorità locali di attuare policy di supporto, solidarietà e cura di queste soggettività vulnerabili. Su questo lavoreranno docenti e partecipanti alla International School on Migration di settembre, sviluppando una lettura critica delle policy proposte per proporre soluzioni a sostegno di una crescita realmente inclusiva per tutti. https://www.migrationschool.eu/

La transizione deve infatti essere accompagnata da politiche solide di sostegno sociale. Le azioni da attuare dovranno combattere la disuguaglianza e la polarizzazione, sia in termini di possibilità che di condizioni delle persone, rese ancora più urgenti dal passaggio al digitale reso necessario dalla pandemia. Consentire a tutti/e di acquisire le competenze e abilità per partecipare all’economia non lineare è uno dei punti fermi del percorso verso un futuro sostenibile. Per raggiungere questo obiettivo, l’Europa intende adottare un nuovo Patto per le Competenze e una “Skills Agenda”. Per saperne di più su questa strategia di economia sociale visita questo link: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/economy-works-people_en

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The social side of the European Green Deal

 

The European Union set 2050 as the deadline to become the first climate-neutral continent. What does it mean, in practice? Halting climate change will require a revolution of our way of life and a vision of sustainability that has environmental and social goals. The building blocks of the European Green Deal are sustainable development and a circular economy model that gives back to the planet more than it takes. This translates into a set of actions targeted at controlling pollution, reducing gas emissions, and minimising dependency on non-renewable materials, in order to implement cleaner and regenerative practices of production and consumption that preserve Europe’s biodiversity – its natural capital.

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The final objective is moving towards a dematerialised economy of new relationships with consumers and innovative solutions powered by digital technologies like big data, artificial intelligence, and the Internet of Things. The Circular Economy Action Plan envisions that the Green Deal will have positive widespread effects on quality of life, fostering inclusion and prosperity, “provided that workers acquire the skills required.” Indeed, are Europeans fit for this? Whereas sectors of the population will easily adapt to the changes ahead, others will most likely be left behind. These are the culturally-disempowered, the migrants, the uneducated that already have limited to no access to the labour market due to low qualifications. The social economy that will grow out of the Green Deal will reflect whether Europe will be able to implement policies of care and support of its vulnerable subjects. The speakers and participants of the forthcoming International School on Migration will look critically at Europe’s green policies, elaborating solutions in support of a truly inclusive growth for all. https://www.migrationschool.eu/

The transition must be accompanied by solid social policies. Actions will have to be aimed at combating inequalities and polarization of people’s possibilities and conditions, which have become even more urgent in the light of the switch to digital accelerated by the pandemic. Developing skills and abilities to bring everyone up to date with the functioning of the non-linear economy is a mandate of the path to a sustainable future. To meet these goals the Union will implement an updated Skills Agenda, a new Pact for Skills, and the Action Plan for Social Economy. Read more about Europe’s plan for the social economy at this link: https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/economy-works-people_en

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