16 gennaio 2015

“Lettre ouverte au monde musulman” da Abdennour Bidar, filosofo francese e musulmano

coran

In seguito a quanto accaduto in Francia la scorsa settimana con la sparatoria al settimanale Charlie Hebdo, numerosi sono i dibattiti, le analisi e le interpretazioni che tentano di capire come e perché sia stata resa possibile una tale esplosione di violenza. Non esiste certo una spiegazione univoca, e risulta complessa l’impresa di districare le diverse influenze che hanno portato a questa tragedia. Uno dei fili da seguire per capire questi processi è, tra tanti altri (le tensioni interne alla società francese, la “scuola del terrorismo” rappresentata dal carcere, gli errori dello Stato e della scuola pubblica, etc.), quello di approfondire il ruolo assunto dal mondo musulmano (“Umma”) come si presenta oggi, e i messaggi che trasmette ai suoi giovani. Il filosofo Abdennour Bidar, cresciuto per sua ammissione tra il taçawwuf (sufismo) e il pensiero occidentale, propone una riflessione critica nella sua “Lettera aperta al mondo musulmano”, pubblicata sul blog dell’Oratoire du Louvre in seguito all’assassinio di Hervé Gourdel, in cui porge uno sguardo critico sull’Islam di oggi e sulle derive autoritarie che troppo spesso lo caratterizzano.
Opponendosi all’atteggiamento che considera lo Stato Islamico come un’istituzione mostruosa totalmente isolata, esonerando così il resto del mondo musulmano delle sue responsabilità, cerca di approfondire la questione delle “radici del male” che si trovano in un modo di vivere l’Islam, purtroppo diffuso, basato sull’interpretazione rigida e arcaica del Corano. Con la volontà di portare una critica costruttiva alla comunità a cui appartiene, Abdennour Bidar chiama il mondo musulmano a mettere in atto delle riforme che affermino chiaramente i principi di libertà, tolleranza e parità di genere. Proponiamo qui la traduzione di alcuni estratti della sua Lettera aperta:

« Caro mondo musulmano, ti vedo partorire di un mostro che pretende chiamarsi Stato Islamico e al quale alcuni preferiscono dare un nome di demonio : DAESH. […] Protesti e dici che questo mostro usurpa la tua identità, e hai certo ragione di farlo. E’ indispensabile che proclami al mondo alto e forte che l’Islam denuncia la barbarie. Ma dalla mia posizione lontana mi pongo un’altra domanda – LA grande domanda: perché questo mostro ti ha rubato l’immagine? […]

Questo problema è quello delle radici del male. Da dove vengono i delitti di questo presupposto “Stato Islamico”? Te lo dirò, amico mio. E non ti piacerà, ma è il mio dovere di filosofo. Le radici di questo male che ti ruba il viso sono in te stesso, il mostro è uscito fuori dal tuo stesso ventre – e ne usciranno fuori altri peggiori di questo ancora fintantoché tarderai ad ammettere la tua malattia, per attaccare finalmente questa radice del male! […] le malattie croniche sono le seguenti: incapacità di istituire democrazie durature nelle quali sia riconosciuta come diritto morale e politico la libertà di coscienza nei confronti dei dogmi della religione; croniche difficoltà a migliorare la condizione delle donne nel senso dell’uguaglianza, della responsabilità e della libertà; impotenza nel separare abbastanza il potere politico dal controllo dell’autorità religiosa; incapacità di istituire rispetto, tolleranza e un vero e proprio riconoscimento del pluralismo religioso e delle minoranze religiose. […] Tutto quello sarebbe quindi colpa dell’Occidente? Quanto prezioso tempo perderai ancora, o caro mondo musulmano, con questa accusa stupida a cui te stesso non credi più, e dietro la quale ti nascondi per continuare a mentire a te stesso?

Hai scelto di considerare che Maometto è profeta e re. Hai scelto di definire l’Islam come religione politica, sociale, morale, che deve regnare come un tiranno sia sullo Stato che sulla vita civile, in strada e in casa così come all’interno di ogni coscienza. Hai scelto di credere e di imporre che Islam significa sottomissione mentre lo stesso Corano proclama che “non c’è costrizione nella religione” (La ikraha fi Dîn). […]
Tante voci che non vuoi sentire si alzano oggi nella Umma per denunciare questo tabù di una religione autoritaria e indiscutibile… […] Questo però non è imposto dal terrorismo di alcuni gruppi di pazzi fanatici imbarcati dallo Stato islamico. Quello che ho evocato – una religione tirannica, dogmatica, letterale, formalista, maschilista, conservatrice, regressiva – è troppo spesso l’Islam ordinario, l’Islam quotidiano, che soffre e fa soffrire troppe coscienze, l’Islam del passato sorpassato, l’Islam deformato da tutti quelli che lo strumentalizzano politicamente, l’Islam che finisce sempre per soffocare le Primavere arabe e le voci di tutti i suoi giovani che chiedono qualcos’altro. Quando farai finalmente questa rivoluzione che nelle società e nelle coscienze farà rimare definitivamente spiritualità e libertà? […]

Certo nel tuo immenso territorio ci sono degli isolotti di libertà spirituale. […] Ma finora rimangono condannati a vivere la propria libertà senza riconoscimento di un vero diritto, a loro rischio e pericolo di fronte al controllo comunitario o anche ogni tanto di fronte alla polizia religiosa.
Questo rifiuto del diritto alla libertà nei confronti della religione è una delle radici del male di cui soffri, o caro mondo musulmano […]. Devi iniziare riformando tutta l’educazione che dai ai tuoi figli, in ognuna delle tue scuole, ognuno dei tuoi luoghi di sapere e di potere. Li devi riformare per dirigerli secondo dei principi universali (anche se non sei l’unico a trasgredirli o a persistere nell’ignorarli): la libertà di coscienza, la democrazia, la tolleranza e il diritto di cittadinanza per tutta la diversità di visioni del mondo e di credenze, la parità fra uomini e donne e l’emancipazione femminile da ogni tutela maschile, la riflessione e la cultura critica del fatto religioso nelle università, la letteratura, i media. […]

Credo in te, credo nel tuo contributo a fare del nostro pianeta domani un universo allo stesso tempo più umano e più spirituale! Salâm, che la pace sia con te.”
Versione integrale in francese

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08 gennaio 2015

Charlie Hebdo: la partecipazione di fumettisti e vignettisti africani

 

Dopo l’assalto terroristico al giornale satirico francese Charlie Hebdo, diversi artisti africani hanno voluto ricordare i loro colleghi scomparsi con disegni, fotografie e messaggi di solidarietà. Abbiamo voluto raccogliere alcune delle loro testimonianze:

  • Il disegnatore gabonese Pahé racconta il suo incontro con Tignous e  Cabu e dedica loro il disegno di due poliziotti che gli ha causato due giorni di prigione in Gabon.
  • Anche Pov dal Madagascar ha voluto dare un segnale su Facebook.
  • Tembo Kash, tra gli autori più riconosciuti della Repubblica democratica del Congo, ha immaginato un supereroe indignato per la morte di altri “freedom fighters”.
  • Geniale e delicata vignetta di Hallain Paluku, congolese, autore nel 2008 di “Bana boul”, primo disegno animato in lingala. Paluku pubblica la foto di un incontro con Tignous in Camerun.
  • Il nigeriano Tayo Fatunla, autore riconosciuto in Inghilterra, ha ricordato così i suoi colleghi.
  • Farahaingo da Antananarivo (Madagascar) dedica questa vignetta ai fumettisiti scomparsi.
  • Il Centre Africain de la Caricature insieme al Festival “KARIKA’FÊTE” (Fête internationale de la caricature et de l’humour dessiné) e alla filiale congolese di Cartoonists Rights Network Internationale, ha lanciato un’iniziativa in solidarietà di Charlie Hebdo chiedendo contributi da fumettisti di tutto il mondo per organizzare un’esposizione itinerante.

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