11 aprile 2014
Donne migranti di ritorno dall’Europa al Marocco
Nell’incontro “Marocco, la nostra prima Africa”, tenutosi lunedì 7 aprile presso il Centro Interculturale Massimo Zonarelli (Bologna), alcune rappresentanti di associazioni hanno sottolineato l’importanza di parlare dell’integrazione della comunità marocchina anche in una prospettiva di genere. Vi proponiamo qui un estratto dell’articolo Aicha è tornata: making of di un documentario sulle donne migranti di ritorno dall’Europa al Marocco, scritto da Gaia Vianello e pubblicato sul numero 79 di Africa e Mediterraneo.
L’articolo si propone di riassumere il percorso di ricerca sul campo – svolta in Marocco tra il 2007 e il 2009 – che ha portato alla realizzazione del documentario Aicha è tornata, prodotto nel 2011, focalizzato sulla questione dei ritorni femminili dall’Europa verso il Marocco.[…] I risultati di questa ricerca qualitativa, condotta per due anni nelle provincie di Khouribga e Beni Mellal su un campione eterogeneo di settanta donne selezionate sulla base di variabili quali l’età, che varia dai sedici ai cinquanta anni, lo stato civile, il livello d’istruzione, la condizione legale, il tempo di permanenza in Europa, hanno fatto emergere tre tipologie di donne migranti di ritorno. […]
La prima e più consistente è la tipologia che comprende le donne che partono con ricongiungimento familiare, attraverso matrimoni, nella maggior parte dei casi, combinati. I cosiddetti “matrimoni d’estate”, per il fatto che vengono celebrati durante il mese di vacanza dei migranti uomini che già si trovano in Europa e che, non avendo tempo per trovare moglie, chiedono alle famiglie di combinare il matrimonio in Marocco con una loro connazionale. Molto spesso questi matrimoni finiscono con i cosiddetti “divorzi d’inverno”: le giovani spose si ritrovano catapultate dall’oggi al domani in una realtà a loro del tutto estranea, di cui non condividono né la lingua né la cultura, isolate dal resto del mondo e dipendenti da un marito che a malapena conoscono e che, oberato dal lavoro e reso fragile dai disagi connessi alla migrazione, non riesce a comprendere le esigenze della moglie. Nascono così incomprensioni coniugali che si risolvono spesso attraverso il ritorno al paese d’origine di queste donne: in molti casi gli uomini, incapaci di gestire le difficoltà matrimoniali, riportano le mogli in Marocco e ripartono in Europa dopo aver sottratto loro i documenti necessari all’espatrio.[…]
Il secondo gruppo di donne comprende giovani ragazze nate in Europa o emigrate con i genitori quando erano ancora molto piccole e poi tornate in Marocco ancora in età scolare. L’impatto del ritorno su queste giovani è spaesante, soprattutto per quelle rientrate dopo aver già cominciato un percorso scolastico in Europa. Il problema che si pone per queste ragazze è l’impossibilità di proseguire nei propri studi, poiché, parlando l’arabo, ma non sapendolo scrivere, fanno fatica ad essere reintegrate nel sistema scolastico locale e si trovano quindi costrette a rimanere a casa, aiutando la propria famiglia nelle faccende domestiche e sposandosi molto giovani. Diventa inoltre estremamente complessa la ricerca della propria identità, in quanto si tratta di giovani donne cresciute e formate all’interno della società europea, che hanno frequentato scuole e coltivato amicizie in Europa, e che quindi hanno goduto per molti anni di grande libertà.[…]
Vi sono infine donne sole che decidono di migrare per ragioni economiche, e che lo fanno spesso clandestinamente. Si tratta di donne nubili o divorziate, quindi senza obblighi coniugali e, nella grande maggioranza, provenienti dalle campagne attorno a Khouribga, dove le condizioni di vita sono estremamente dure e dove vi è un alto livello di povertà. Spesso queste donne vengono inviate in Europa dalle famiglie, le quali si privano di tutti i loro averi per poterne finanziare il viaggio, che avviene illegalmente attraverso il pagamento di un passeur. I percorsi intrapresi per raggiungere le coste europee sono lunghi e pericolosi, soprattutto per una donna sola, e nella metà dei casi non vengono portati a termine, o perché gli intermediari si danno alla macchia dopo aver riscosso la somma o perché le migranti, una volta sbarcate in Europa, vengono subito intercettate dalla polizia.[…] La condizione di clandestinità impedisce loro di integrarsi nel paese di accoglienza, costringendole ad accettare lavori malpagati al nero, spesso come badanti, in qualche caso come cameriere; ed è proprio questa situazione di precarietà che favorisce un ritorno al Paese d’origine, vuoi per espulsione o volontariamente, perché incapaci di reggere tali condizioni di stress.
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