La didattica a distanza (DAD) ha fatto emergere le differenze, più che costruire inclusione. A sottolinearlo è il Sottosegretario dell’Istruzione Giuseppe De Cristofaro nel recente documento E’ la lingua che ci fa uguali. Note per ripartire senza dimenticare gli alunni stranieri, diffuso dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura. Il 33,8% delle famiglie in Italia non è in possesso di un tablet o un pc (Istat 2019). Inoltre il 57% dei minori deve condividere gli strumenti informatici con i familiari, e il 41,9% vivono in condizioni di sovraffollamento abitativo. L’emergenza Covid-19 ha reso sempre più evidenti le diseguaglianze nell’ambito dell’istruzione: molti alunni stranieri nati in Italia, che costituiscono il 10% della popolazione scolastica complessiva secondo il comunicato stampa del Centro Studi e Ricerche IDOS, sono stati penalizzati dal lockdown e dalla chiusura delle scuole.
Alla povertà economica delle famiglie di origine immigrata si accompagna una povertà educativa per mancanza di dispositivi digitali e di una connessione internet adeguata, inoltre le basse competenze linguistiche dei genitori non agevolano il supporto didattico dei figli. Gli alunni stranieri devono affrontare anche il problema della lingua italiana: la scuola è il luogo privilegiato in cui l’esposizione alla seconda lingua è intensa, continuativa e quotidiana, ma se questo percorso è interrotto, si bloccano anche le possibilità di apprendimento, rischiando di regredire in un tempo “senza lingua”, come esplicita Giuseppe De Cristofaro. Per questo motivo, a fronte anche di una riapertura delle scuole a settembre, occorre intervenire con misure compensative a partire dai mesi estivi, promuovendo progetti, laboratori e attività extrascolastiche per agevolare gli alunni stranieri nell’apprendimento linguistico, scolastico e digitale.
La pandemia ha messo in evidenza le debolezze di un sistema scolastico ancora sprovvisto di tutte le risorse organizzative e professionali necessarie. Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS, attribuisce la responsabilità alla lentezza politica e istituzionale italiana, che ostacola l’integrazione e l’inclusione sociale e culturale.
Occorre, dunque, superare l’illusione di una strategia didattica standardizzata, e quindi l’idea di una “normalità” basata sull’omogeneità di chi apprende, e privilegiare invece una visione di didattica come realtà caratterizzata da un’ampia pluralità di bisogni e necessità individuali. La didattica inclusiva dovrebbe essere intesa come una trasformazione dell’ambiente educativo, che coinvolge e favorisce l’intera comunità scolastica, valorizzando le diversità culturali.