Un racconto che passa attraverso storie, dati e buone pratiche territoriali, per dimostrare che il fenomeno migratorio può rappresentare una grande opportunità di sviluppo e arricchimento della nostra società.
È questo, in breve, il progetto Voci di Confine, al quale partecipa anche l’associazione Africa e Mediterraneo. L’obiettivo principale è raggiungere 4 milioni di contatti, offrendo una narrazione alternativa a quella che racconta la migrazione come un’invasione, un “problema” da risolvere. La realtà – dei fatti, dei dati e delle singole storie – smentisce, infatti, questa visione purtroppo diffusa. Voci di Confine vuole quindi dare visibilità alle opportunità che la migrazione può generare, non solo per chi parte, ma anche per chi accoglie.
Per raggiungere questo obiettivo, il sito Voci di Confine dedica una sezione alle storie di migranti, che testimoniano la ricchezza degli incontri fra culture, un’altra ai dati statistici, che chiariscono l’effettiva portata del fenomeno migratorio ed evidenziano le possibilità di sviluppo.
Si racconta l’aspetto economico del fenomeno, ma anche quello sociale, con approfondimenti su razzismo, religioni, corridoi umanitari, seconde generazioni e molto altro. Tra i temi, oltre a quello del lavoro, la campagna toccherà quello dei matrimoni misti, che sono circa il 10% del totale delle unioni nel nostro Paese, attestandosi tra i 20 e 17 mila celebrati ogni anno.
Molti sono i dati a livello economico, forniti dal Centro Studi e Ricerche IDOS e raccolti nel sito di Voci di Confine. Basti pensare che i lavoratori stranieri versano ogni anno 9 miliardi di contributi previdenziali, un apporto fondamentale per il sistema pensionistico italiano. I numeri smentiscono anche alcuni luoghi comuni molto diffusi: secondo le stime fornite da IDOS, per esempio, l’Africa è il continente con la più bassa percentuale di migranti internazionali nel mondo (13,4%).
Tra i canali utilizzati dalla campagna ci sarà anche la radio, con vari passaggi su diverse emittenti nazionali, che daranno esposizione ad alcune storie significative. Inoltre, saranno promossi video realizzati in alcune regioni africane di confine, come quello che racconta la risposta dell’Uganda per quanto riguarda l’accoglienza di profughi sudsudanesi e non solo.
Il progetto prevede anche percorsi educativi nelle scuole e negli spazi di educazione informale; incontri territoriali che vedranno protagonisti le associazioni delle diaspore e di volontariato, gli enti locali, le ONG e i soggetti privati.
Voci di Confine è un progetto finanziato dall’Agenzia Italiana Cooperazione allo Sviluppo.
Amref Health Africa è capofila di una rete composta da Amref Health Africa – Headquarters, Africa e Mediterraneo, Associazione Le Réseau, CSV Marche – Centro Servizi per il Volontariato delle Marche, Centro Studi e Ricerche Idos (IDOS), Comitato Permannte per il Partenariato Euromediterraneo (COPPEM), Comune di Lampedusa, Comune di Pesaro, Etnocom, Internationalia, Provincia Autonoma di Bolzano, Regione Puglia, Rete della Diaspora Africana Nera in Italia (REDANI), Step4, Terre des Hommes Italia.
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L’Africa non è solo uno spazio geografico, ma una pluralità di immaginari, culture, temporalità. Crescono in un’ottica transnazionale riviste, esposizioni, mostre, pubblicazioni, istituzioni che ne fanno il proprio orizzonte di riferimento: la stessa definizione di arte o cultura “africana” si svuota di significato nel momento in cui si attiva un’interazione e una contaminazione tra comunità creative differenti. Ad esempio, il progetto di Palazzo Litta Cultura a Milano si pone l’obiettivo di valorizzare la trasversalità delle visioni artistiche, portando sulla scena contemporanea realtà culturali apparentemente lontane come il Giappone e, appunto, l’Africa subsahariana.
(Nyanye, Osborne Macharia)
Con la mostra AfricaAfrica, exploring the Now of African design and photography, dal 15 marzo al 2 aprile 2018, e patrocinata dall’Ambasciata della Costa d’Avorio, dal Consolato del Sudafrica e dal Consolato del Burkina Faso, la fotografia e il design di artisti africani hanno offerto in questo spazio italiano un’estetica e un linguaggio che vogliono essere dinamici e interdisciplinari: non riguardano, come riferisce Maria Pia Bernardoni – curatrice dei progetti internazionali di LagosPhoto Festival – «solo il continente ma hanno una risonanza globale».
(Chair Recycled Arms, Gonçalo Mabunda)
Questa esposizione, dunque, ideata da MoscaPartners e MIA Photo Fair Projects, si è articolata in 40 progetti di design e 55 opere fotografiche che si sono prestate a una narrazione collettiva, ad esempio, sugli eventi storici di guerra e devastazione nelle installazioni di Gonçalo Mabunda, dove proiettili, pistole, bombe e armi recuperati nel 1992 alla fine della guerra civile in Mozambico, diventano mobili e scultore antropomorfe; uno sguardo fantastico a un problema urgente è stato dato invece dall’afrofuturista Osborne Macharia, le cui immagini si sono concentrate su un gruppo di ex circoncisori femminili; la fotografa ivoriana Joana Choumali ha esplorato i paesaggi della migrazione e ha offerto ritratti di donne che vacillano tra naturalezza e bellezza convenzionale; le tinte e la fantasia dei tessuti africani sono stati presentati dallo storico marchio olandese Vlisco.
(Adorn, Joana Choumali)
Cifre tecniche, stilistiche e tematiche si sono incrociate sperimentando un pensiero aperto alle pluralità e alle possibilità. Porre la questione della trasversalità creativa significa attuare nuove forme di conoscenza e di soggettivazione, oltre che attivare un processo di riorganizzazione sociale intorno a un’estetica capace di pensare e pensarsi al di fuori delle definizioni restrittive: in questo modo, si può pensare alla differenza in termini di risorsa e vantaggio per lo sviluppo intellettuale e culturale.