30 novembre 2009
2-3/12/09 – “Rom città aperta”, uno sguardo sui giovani rom a Torino
Evento: “Rom città aperta”, due giorni di proiezioni, incontri ed eventi sulla condizione dei giovani rom e sinti in Italia ed Europa, organizzata da Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza e Sottodiciotto Filmfestival – Torino Schermi Giovani.
Dove: Torino.
Quando : 2 e 3 dicembre 2009.
Informazioni: Iniziativa di sensibilizzazione sulla cultura romanì rivolta soprattutto ai più giovani. Il programma della manifestazione qui.
Parole chiave : Rom
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Venerdì 27 alle 9 e 30 nella sala del Consiglio Comunale di San Pietro in Casale sono stati presentati a sindaci e assessori dei comuni del distretto i risultati di “Immigrazione ad Est”, una ricerca realizzata dalla Società Cooperativa Lai-momo, in collaborazione con la Provincia di Bologna, la Regione Emilia-Romagna e il Dossier Statistico Caritas Migrantes.
L’obiettivo dell’indagine è stato quello di fotografare l’immigrazione nel territorio e fornire agli amministratori strumenti e dati per la lettura degli aspetti locali di questo fenomeno.
Sono intervenuti l’Assessore Provinciale Giuliano Barigazzi, il Presidente del Comitato di Distretto e Sindaco di Budrio Carlo Castelli, Raffaele Lelleri dell’Osservatorio Provinciale delle Immigrazioni, Andrea Stuppini, del Servizio Politiche per l’Accoglienza e Integrazione della Regione, Pietro Pinto e Silvia Festi rispettivamente direttore e coordinatrice della ricerca e Franco Pittau direttore del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, che ha sostenuto e supervisionato la ricerca in quanto innovativa esperienza di analisi di un contesto territoriale inferiore all’ambito provinciale.
Innanzitutto la ricerca delinea statisticamente le caratteristiche della popolazione immigrata residente sul territorio: il primo aspetto rilevato è la conferma che il distretto è un’area a forte vocazione immigratoria in cui la presenza di persone di origine straniera è ormai un dato strutturale. La percentuale di popolazione straniera sul totale dei residenti era al 31.12.2008 del 7,2% e, visti i trend di crescita, è destinata a crescere nei prossimi anni.
La giovane età dei residenti stranieri (l’83% ha un’età inferiore ai 44 anni e quasi un quarto ha meno di 15 anni) e l’alta presenza nelle scuole (già al 10,3%) confermano che si tratta di un fenomeno non passeggero, che si sta radicando nel territorio e che contribuisce in misura crescente al sistema economico (delle oltre 9100 imprese presenti nel territorio, 766 pari all’8,4% ha un titolare nato in paesi extraeuropei).
Il Report della ricerca – pubblicato come Dossier tematico di approfondimento dell’Osservatorio Provinciale delle Immigrazioni di Bologna – contiene anche un’analisi estremamente innovativa sull’incidenza fiscale degli stranieri che evidenzia, tra gli altri dati, come l’apporto dei contributi INPS versati dai cittadini stranieri nella Regione Emilia-Romagna nel 2007 costituisca il 7,5% del totale dei contributi (analisi a cura dell’Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio).
Ulteriore obiettivo della ricerca era quello di rilevare eventuali criticità e attriti, che potrebbero generare in futuro conflitti, e fornire elementi conoscitivi utili agli Enti locali per agire preventivamente. Per quanto riguarda i possibili focolai di tensione, emerge un quadro secondo il quale la presenza di immigrati stranieri nel Distretto è in gran parte una presenza discreta, quasi invisibile e non si registrano al momento significative situazioni di conflitto, anche se l’attuale crisi economica potrebbe generarne.
Uno degli strumenti di prevenzione a questo riguardo è il miglioramento della comunicazione delle politiche locali per l’immigrazione.
Emerge chiaramente, infatti, che è diffusa una conoscenza parziale delle azioni che le amministrazioni locali promuovono, rispetto alle quali emergono opinioni spesso orientate dai media nazionali e la necessità di superare le generalizzazioni improprie attraverso uno sforzo di mutua conoscenza.
La ricerca è stata promossa nell’ambito delle attività previste dal Piano di Zona distrettuale per la salute e il benessere sociale del Distretto Pianura Est. Il Distretto è oggi impegnato in un profondo sforzo per garantire una piena integrazione sociale dei cittadini stranieri sul territorio, attraverso una doppia azione: da un lato i servizi rivolti alla popolazione straniera, con la presenza, per esempio, di sportelli informativi e di orientamento in tutti i Comuni e una vasta offerta di corsi di italiano, dall’altro con il supporto ai servizi pubblici grazie ad un servizio qualificato di consulenza e mediazione culturale e un forte investimento sulla formazione (rivolta a 160 insegnanti e 150 persone impiegate nei comuni e nell’AUSL).
Parole chiave : Bologna, Caritas, Distretto pianura est, Laimomo
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Evento: “Voce della nuova Africa”.
Dove: Spazio Permess de séjur, Fabbrica del vapore, Via Procaccini 4, Milano.
Quando: Venerdì 20 Novembre ore 18.30.
Informazioni: incontro promosso da Maschere nere e Sunugal in collaborazione con il comune di Milano, che, a partire dall’attuale situazione della Guinea, proporrà una riflessione sulle nuove strategie di pace messe in atto dalle associazioni locali e sulle potenzialità di una rete per la pace transnazionale.
L’incontro sarà condotto da Saran Daraba Kaba, ex Ministro degli affari sociali della Guinea e attuale vice presidente del Consiglio Nazionale delle Organizzazioni della Società Civile in Guinea, e da Raffaele Masto, giornalista della redazione esteri di Radio Popolare.
Parole chiave : Guinea, strategie di pace
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17 novembre 2009
Immaginando l’inimmaginabile: arte visuale e memoria a Ouidah
Presentazione dell’articolo “Immaginando l’inimmaginabile: arte visuale e memoria a Ouidah”, pubblicato sul numero 67 di Africa e Mediterraneo a firma di Toni Pressley-Sanon, dottorando presso il dipartimento di Lingue e Letteratura africane dell’Università del Wisconsin-Madison.
La Porta del Non Ritorno, disegnata e decorata da Fortuna Bandiera, può essere considerata il simbolo dell’iniziativa Slave route project che l’UNESCO ha promosso in Bénin. In tale progetto la spiaggia è emblema del luogo da cui migliaia di persone furono imbarcate, durante il periodo della schiavitù, verso il nuovo mondo.
Tra le raffigurazioni presenti sulla Porta del Non Ritorno, collocata su una larga piattaforma circolare, ci sono quattro bassorilievi che riproducono un litigio tra alcuni schiavi incatenati che aspettano la nave che li porterà dall’altra parte dell’Atlantico. Figure maschili e femminili inginocchiate sono ripetute fino alla cima di entrambe le colonne della Porta. Nel lato in cui la piattaforma affaccia sull’oceano sono collocate due statue di Kulito (parola fon che indica o gli antenati o “coloro che stanno per intraprendere il cammino della morte”) le quali simboleggiano gli spiriti di coloro che torneranno attraverso la Porta. Anche gli spiriti dei soggetti della diaspora, facendo parte del pantheon vodun, ritorneranno nella terra dei loro antenati.
Gli artisti incaricati dall’UNESCO di disegnare la Porta dovevano creare una struttura, mai realmente esistita, che fosse capace di evocare e rappresentare la continuità storica tra l’oggi e il passato – sia a livello nazionale che internazionale – senza, tuttavia, occultare l’assenza di materiale documentario per la storia della schiavitù beninese. L’intero complesso creato da Bandeira non solo rende tangibile la continuità col passato, ma evoca l’intensificarsi dell’alienazione e della dislocazione degli schiavi dalla loro terra materna.
I monumenti e i musei di Ouidah sono veri e propri siti della memoria. Essi, tracciando un resoconto della diaspora africana iniziata con la tratta transatlantica degli schiavi, non solo rafforzano la coscienza e la continuità storica nel presente dei beninesi ma, soprattutto, personificando la memoria come qualcosa “che si radica nel concreto, negli spazi, nei gesti, nelle immagini e negli oggetti”, strutturano il presente e modellano il futuro. In altri termini, questi siti “concretizzano” e rendono tangibile la storia della tratta degli schiavi che, prima di tale progetto, rischiava di cadere nell’oblio. Tali luoghi della memoria possono essere considerati, inoltre, siti di contestazione perché, rendendo pubblicamente accessibile il passato, ne fanno, al contempo, l’elemento a partire da cui strutturare “criticamente” presente e futuro.
Parole chiave : Bénin, N67, Porta del Non Ritorno
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13 novembre 2009
Il tempo ritrovato, la Collezione Corsi a Verona
Si inaugura oggi 13 novembre “Il tempo ritrovato. Forme e storia dell’arte africana nella Collezione Corsi”.
Sentire parlare Fabrizio Corsi della bellezza delle sue opere d’arte africane è un momento prezioso. E’ un’esperienza che non si dimentica vederlo mentre le maneggia e le rigira, con le mani forti che non hanno paura di rovinare i colori e le patine, che sanno se i cauri e le perline sono ben fissati o si possono staccare, che accarezzano il legno impastato dal tempo quasi per aggiungere usura (nel senso di uso) e quindi valore all’oggetto.
Oggi il Museo Africano di Verona, uno dei più antichi, qualificati e visitati musei “etnografici” presenti in Italia, inaugura una mostra sulla nuova collezione raccolta da Fabrizio Corsi dopo la donazione della sua prima collezione al Museo Civico “E. Caffi” di Bergamo.
Il Museo di Verona sta caratterizzando la propria azione culturale con un grande impegno nella didattica interculturale e nella divulgazione presso i giovani della conoscenza delle culture africane. Questo nuovo incontro con Fabrizio Corsi (dopo la prima mostra Il Cantico delle Creature sugli animali nell’arte africana), anche lui molto attento alla trasmissione alle giovani generazioni della conoscenza e della capacità di comprensione di questo grande patrimonio culturale, non può che essere feconda.
E poi, Fabrizio Corsi è uno degli storici collaboratori di Africa e Mediterraneo, quindi oggi è una festa anche per noi.
Fino al 20 giugno 2010. Info: Museoafricano .
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12 novembre 2009
Aquino de Bragança: continuare a sognare
L’artista goana-mozambicana Silvia Bragança ha presentato il 22 settembre al Centro Internacional de Conferências Joaquim Chissano a Maputo il suo libro “Aquino de Bragança – Batalhas ganhas, sonhos a continuar”.
Silvia continua così la sua opera di risveglio della memoria su suo marito Aquino da Braganca, anche lui originario dell’isola di Goa, conosciuto soprattutto come il mitico intellettuale delle rivoluzioni contro la dominazione coloniale portoghese: Aquino da Bragança era il consigliere di Samora Machel, leader del movimento di liberazione del Mozambico, e viaggiò come diplomatico della rivoluzione raccogliendo sostegno politico alla lotta del FRELIMO. Purtroppo, Aquino da Bragança viaggiava assieme al Presidente Samora Machel sull’aereo che precipitò in circostanze mai chiarite il 19 ottobre 1986, portandosi via prematuramente la leadership del Mozambico indipendente.
Le mie congratulazioni a Silvia, che ha altri libri in lavorazione, tra cui alcuni libri d’arte. E’ un’artista colta e raffinata, che innova continuamente i propri linguaggi artistici ed è un punto di riferimento a Maputo per tanti artisti della nuova generazione. Sulla copertina del libro è riprodotto un ritratto del marito realizzato con la tecnica della poesia integrata come elemento figurativo. Silvia de Bragança tiene anche un blog storico sulla figura del marito.
Parole chiave : Aquino de Bragança, Indipendenza del Mozambico, Maputo, Samora Machel, Silvia de Bragança
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11 novembre 2009
Le Afriche oltre l’Africa. Intervista a Daniele Mezzana
Africa e Mediterraneo ha intervistato Daniele Mezzana, sociologo ricercatore presso il CERFE e autore di un interessantissimo blog, “Immagine dell’Africa“, molto vicino alle tematiche di nostro interesse.
Perché ti interessi dell’immagine dell’Africa?
Ho lavorato in molti progetti di studio, assistenza tecnica e formazione in Paesi africani.
Mi ha sempre colpito la grande diversità tra quello che man mano osservavo e scoprivo sulle società africane e quello che, a casa nostra, la gente comune (e molti addetti ai lavori) sanno di queste società.
Quando studiavo a Bologna negli anni ’80, mi fu molto utile la lettura, suggerita dal professor Roberto Grandi, del famoso “Rapporto MacBride” sui problemi della comunicazione nel mondo, da cui emergeva l’esistenza di un forte squilibrio tra Nord e Sud per quanto riguarda la produzione e la circolazione delle informazioni, con gravi conseguenze geopolitiche e culturali nelle relazioni tra i popoli.
Ma è stata l’esperienza della rivista online “Società africane” che mi ha portato a comprendere e a formalizzare con maggiore attenzione un grande problema purtroppo sottovalutato: il fatto che nei Paesi occidentali esistono tuttora rappresentazioni fortemente riduttive, o quanto meno incomplete, dell’Africa e degli africani, in particolare per quanto riguarda la parte sub-sahariana di questo continente.
Ad esempio, si parla giustamente molto della povertà, ma poco di quello che gli africani stessi fanno per combattere la povertà; si parla molto delle bellezze naturalistiche e della dimensione del “villaggio” e poco dell’importante realtà urbana africana, con tutti i suoi problemi aperti; si parla molto del folklore, ma poco della modernità africana; si parla molto di golpe e dittatori, ma poco delle esperienze di democratizzazione in corso e di cosa fa la società civile; o ancora, si parla molto della musica, della danza, dell’arte figurativa o anche (un po’ meno) del cinema in Africa, ma poco o nulla delle università, o delle numerose istituzioni pubbliche, private e non governative africane che svolgono ricerca scientifica e tecnologica per risolvere i problemi alimentari, sanitari, di sicurezza della gente in una prospettiva di sviluppo sostenibile e attento alle esigenze locali.
Inoltre, si parla di Africa in generale, ma non delle tante Afriche realmente esistenti.
Insomma: molti di noi conoscono l’Africa solo per alcuni suoi aspetti, per quanto importanti siano, e oltretutto spesso per sommi capi, per mitologie e per stereotipi, e tutto questo incide negativamente sulle relazioni di cooperazione e sui rapporti che abbiamo, nella quotidianità, con gli immigrati che provengono dai Paesi africani.
Di qui nasce, almeno per me (e per molti miei colleghi, amici e conoscenti), la necessità di contribuire a dare un’immagine più completa e realistica delle società africane. Il blog è uno degli strumenti che utilizzo per dare risposta a questa esigenza. Quando parlo di dare un’immagine più realistica e completa non intendo affatto affermare che l’Africa non ha problemi, anzi proprio il contrario.
L’Africa ha molti più problemi di quanto comunemente si pensi e si dica (ad esempio nei nostri media): non solo questo continente affronta le gravissime questioni economiche, politiche, sanitarie a tutti note, ma anche sfide enormi come la fuga dei cervelli, il governo della ricerca e dell’innovazione al livello nazionale e regionale, la gestione delle politiche urbane, la promozione della presenza femminile nelle società, il divario digitale, e molto altro.
Inoltre, se ci si fa caso, nel discorso corrente su questo continente si preferisce parlare di quello che “noi” facciamo per gli africani, piuttosto che di quello che gli africani fanno per affrontare le loro questioni. A volte le stesse organizzazioni umanitarie si fanno involontarie portatrici di una visione paternalistica della gente africana. Questo è un altro grande problema, di tipo culturale. C’è poi, al tempo stesso, da favorire anche una maggiore informazione e consapevolezza su quello che di positivo (e non è poco) avviene nelle società africane, dal punto di vista politico, economico, della produzione culturale, scientifica e tecnologica.
Ecco, credo che sarebbe già un passo importante promuovere presso un più ampio pubblico una conoscenza un po’ più accurata delle società e dei popoli africani, e senza dare per scontato che studiosi e intellettuali di casa nostra non abbiano bisogno anch’essi di rivedere molti luoghi comuni di cui sono spesso portatori.
Quando nel 2004 hai deciso di cominciare a bloggare che cosa ti aspettavi dalla decisione di aprire un blog? Cosa è cambiato da allora?
Lo strumento del blog, all’epoca, mi è sembrato uno strumento agile, semplice e immediato per discutere di alcuni dei temi e dei problemi che ho appena richiamato. Mi sembrava che il blog permettesse una forma di comunicazione più diretta e interattiva rispetto ai comunque indispensabili strumenti di comunicazione scientifica, come le riviste o i libri, o ad altri canali di comunicazione di massa come la radio, la televisione e i giornali.
Devo dire che i risultati sono stati per lo più conformi alle aspettative, nel senso che ho avuto effettivamente la possibilità, sia di formalizzare in modo semplice e, spero, chiaro, alcune questioni chiave sul modo in cui le società africane vengono rappresentate, sia di ricevere molti indispensabili contributi e consigli da tante persone che, in un modo o nell’altro, per lavoro, per studio, per interesse o per passione, sono interessate a questa materia. In questa maniera, si è anche creata una rete, anche se piccola, di persone appassionate all’argomento. Ma non è facile mantenere una certa continuità e qualità, a meno di non passare a un livello di impegno superiore, direi professionale; credo che questo sia un problema diffuso tra i blogger.
Qualche mese fa, ho avuto l’esigenza di dare una maggiore strutturazione dei materiali presentati nel blog nei vari post pubblicati (ad oggi sono 332). In effetti, con il tempo, le riflessioni e i documenti di un blog come il mio si accumulano, anche sulla spinta di esigenze contingenti, e spesso si fa fatica a trovare collegamenti e criteri che facilitino la lettura e un minimo di accumulazione di informazioni.
Per questo, ho creato un rudimentale sistema di tags (o parole chiave) per fornire almeno un filo rosso rispetto ai temi affrontati.
Sarebbe per me interessante esplorare ulteriori modi per leggere e rielaborare questi materiali, ma probabilmente si tratterebbe di letture e rielaborazioni che condurrebbero a sintesi (come articoli, dossier, libri, ecc.) di genere e livello diverso rispetto a quel che un blog può offrire, da un punto di vista comunicativo e della qualità dei contenuti.
I tuoi post sono molto vari per quanto riguarda gli argomenti; qual è, se c’è, un tema che reputi più importante o centrale?
Effettivamente i temi del blog sono diversi, in quanto si va dalla scienza alle religioni tradizionali, dalle società civili al giornalismo, dal calcio al rapporto città/campagna, dai fumetti al razzismo. Direi che tutti i temi in quanto tali sono importanti. Questi temi sono organizzati, grosso modo, attorno a due assi principali, che hanno varie intersecazioni: il primo è la critica delle rappresentazioni inadeguate dell’Africa; il secondo è la presentazione di informazioni su processi, fatti, gruppi umani e personaggi poco conosciuti e che invece a mio parere vale la pena di conoscere.
Se dovessi dire quali sono, più che i temi, i contenuti generali più importanti o centrali per me direi questi qui: innanzitutto il fatto che gli elementi immateriali e cognitivi (informazioni, miti, simboli, rappresentazioni collettive, ecc.) hanno un peso enorme nell’orientare scelte ed azioni nei confronti dell’Africa, o delle Afriche, anche se non ce ne rendiamo conto; in secondo luogo, che occorre far conoscere meglio e più a fondo gli attori africani, cioè le persone, le istituzioni, le organizzazioni della società civile, le imprese, gli enti di ricerca, gli enti professionali, le cooperative di donne e contadini, i media locali e nazionali, ecc..
Oggi si parla molto di Africa in generale, ma si parla poco degli attori africani e di quello che fanno, a meno che non si tratti di leader politici, di premi nobel, o di persone in difficoltà. Se si prova a fare una elementare analisi delle fotografie che corredano gli articoli o i reportages su particolari realtà africane, emerge un fenomeno che mi pare rivelativo a questo proposito, quasi un lapsus su larga scala: si preferisce rappresentare l’Africa dei bambini piuttosto che quella degli adulti. Dunque, quando leggo o sento parlare di Africa senza riferimenti ai concreti attori africani mi accorgo che manca qualcosa di molto importante, e questa assenza nel discorso sull’Africa non è mai innocente e senza danni.
Per questo trovo sia cruciale un forte intervento sul piano dell’informazione e dell’educazione critica, come sta facendo anche “Africa e Mediterraneo”.
Chi sono i lettori del blog di Daniele Mezzana?
E’ difficile avere una idea precisa di chi legge il blog. Ho solo alcuni indizi, che sono gli interventi di commento e i messaggi che mi vengono inviati privatamente.
La maggioranza di chi passa a far visita al blog sono intellettuali africani che vivono in Italia, funzionari della cooperazione internazionale, esponenti di organizzazioni non governative e professionisti (medici, avvocati, comunicatori, tecnici) che hanno lavorato o lavorano periodicamente in Africa. Poi ci sono anche persone che – per mestiere, per passione o perché svolgono una particolare attività – si interessano a vario titolo dei rapporti interculturali, di lotta al razzismo, di valorizzazione delle diversità, di relazioni internazionali. Il blog è letto anche da giornalisti, educatori e docenti universitari.
Ognuno prende qualcosa e da’ del suo, e questo mi sembra molto interessante: è un piccolo esempio di come può funzionare l’apprendimento collettivo.
Come descriveresti la situazione della blogosfera italiana in rapporto ai temi riguardanti l’Africa?
Direi che negli ultimi tempi c’è stata una evoluzione in positivo, perché sono nati diversi blog che si occupano di Africa, con un taglio informativo, di servizio o anche più semplicemente esperienziale. Bisogna poi dire che spesso molti contenuti interessanti sull’Africa vengono proposti da blog non specializzati in questo senso.
Credo comunque che, rispetto ad altri Paesi del Nord del pianeta, ci sia ancora molto da fare: parecchi blog hanno una vita breve o parecchio discontinua; inoltre (lo rilevo anche su me stesso) si fa fatica a “fare rete”, a connettersi – anche semplicemente tramite lo strumento dei links – ad altri blogs, siti o portali. Inoltre, chi apre un blog dovrebbe forse avere più chiara una propria strategia di massima, anche rispetto a quanto già fanno agenzie stampa e riviste specializzate.
Si parla molto del contributo di internet al progresso della comunicazione globale. Pensi che questo miglioramento stia valendo anche per l’Africa?
L’Africa vive più di altri continenti il divario digitale rispetto ai Paesi del Nord. Gli utenti di internet in Africa non credo arrivino al 5% della popolazione. Al tempo stesso, come mi ricordava tempo fa il direttore dell’agenzia Pana Press, l’Africa è l’area in cui si registra forse, con le dovute proporzioni, il maggiore dinamismo nella diffusione di Internet.
Tra il 2000 e il 2006, a fronte di dati assoluti fortemente deficitari, in percentuale l’Africa ha visto aumentare del 625,8% gli utenti di internet, rispetto al 195,5% del resto del mondo (che però evidentemente è più “saturo” di tale tecnologia). Nei vari Paesi africani ormai si assiste a un proliferare di siti web e blog a carattere informativo, culturale, politico, e questo è un fatto di per sé positivo. Internet offre una straordinaria opportunità per far conoscere direttamente e senza troppe distorsioni quel che gli africani pensano e fanno.
Quali sono i blog e siti di cui non potresti fare a meno?
Ce ne sono tanti, ma ne segnalo alcuni come esempi, sicuramente facendo torto a molti. Per l’informazione, direi i siti MISNA, Pana Press , Jeune Afrique, Africa Time , Africa Times News o il blog Sociolingo. Per contenuti scientifici e culturali posso citare ASA e CADE. Su temi specifici, potrei segnalare ad esempio African Traditional Religion, o AfriGadget sull’inventività e l’innovazione, o ancora Timbuktu Chronicles sull’imprenditoria africana. Altri blog sull’Africa che leggo, o ho letto, volentieri sono Blog Africa, AfroItaliani/e, Italian Blogs for Darfur, Jambo Africa, In Senegal e Afrik Blog.
Tanti altri sono citati nei links del mio blog, compreso naturalmente Africa e Mediterraneo…
Chi è che vorresti convincere ad aprire un blog?
In generale, tutti quelli che hanno qualcosa da dire, purché guardino al di là del proprio, sia pur acuto e sensibile, ombelico.
Parole chiave : Africa, blog
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09 novembre 2009
Sviluppo, turismo e protezione del patrimonio culturale del Bénin
Presentazione dell’articolo “Sviluppo, turismo e protezione del patrimonio culturale del Bénin”, pubblicato su Africa e Mediterraneo n.67, a firma di Caroline Gaultier-Kurhan- fondatrice del dipartimento di gestione del patrimonio culturale dell’Università di Senghor e Sandrine Léontina Dossou, curatrice presso l’università di Senghor di un progetto di valorizzazione del patrimonio bati di Ouudah.
Lo sviluppo, il turismo e la preservazione del patrimonio culturale sono da sempre al centro degli interessi del Departement patrimoine culturel dell’Université Senghor d’Alexandrie. In questo spirito, dal 2006 sono stati realizzati due tipi di attività.
La prima, in collaborazione con il Ministero della Cultura e il Ministero del Turismo concerne la formazione di professionisti locali per lo sviluppo del turismo, guide e operatori turistici in Bénin.
La seconda riguarda la realizzazione di una ricerca, sponsorizzata dal AIMF (Association Internazionale des Maires Francophones – l’associazione internazionale dei sindaci francofoni) sul patrimonio architettonico e sulle possibilità di sviluppo turistico in Ouidah (città emblematica della ricchezza di patrimonio materiale ed immateriale).
Il Bénin è spesso solo un paese di transito per i turisti; tuttavia ha grande fama intellettuale di “quartiere latino dell’Africa”, ed è conosciuto per lo spirito di accoglienza che offre ai visitatori. La ricerca condotta dall’Università Senghor d’Alexandrie ha identificato i tre maggiori punti di attrazione della città di Ouidah: la storia secolare legata alla tratta degli schiavi, il patrimonio immateriale che influenza altri continenti, e l’ambiente naturale ricco e variegato.
Le autrici osservano che, benché i dati dell’OMT (Organizzazione mondiale del turismo) dimostrino un incremento del turismo, di quest’ultimo non necessariamente beneficiano le popolazioni locali. Notano, inoltre, che il patrimonio architettonico del Bénin è in pericolo a causa della mancanza di fondi per la sua preservazione e ristrutturazione e di interesse, e aggiungono la necessità di salvaguardare queste testimonianze al know-how antico e alla storia.
La ricerca propone di convertire gli elementi del patrimonio architettonico – ad esempio case storiche – in alloggi turistici e pensioni. Il progetto mira a fare di Ouidah una destinazione turistica durevole, di cui conservare e restaurare il patrimonio architettonico, conformemente ai dettami del turismo sostenibile, e quindi coinvolgendo e sostenendo le popolazioni locali dal punto di vista economico, sociale, culturale e politico. Tale tipo di turismo è inoltre rispettoso della cultura, della società e dell’ambiente e permette uno scambio culturale autentico e una comprensione reciproca tra persone e culture.
Parole chiave : Bénin, N67, preservazione patrimonio, sviluppo, Turismo
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04 novembre 2009
“Manifesta!”, le foto dell’evento
Come avevamo preannunciato ieri si è svolta oggi la presentazione del progetto “Manifesta! Immagini, letture e scritture sui diritti fondamentali dell’Unione europea”.
I ragazzi che hanno preso parte al progetto hanno celebrato 20 anni di diritti e democrazia in Europa attraverso letture dei loro brani e esibizioni musicali. Se l’evento ha avuto successo, e ci pare ne abbia avuto, il merito va agli studenti delle scuole e al loro lavoro. Il clima era di impegno ed entusiasmo e, con sincerità, oggi ci siamo sentiti anche noi un po’ più più europei.
Di seguito qualche foto per rendere l’idea di come si è svolta la giornata.
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Parole chiave : Manifesta!
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E’ con piacere che presentiamo l’incontro conclusivo del progetto “Manifesta! Immagini, letture e scritture sui diritti fondamentali dell’Unione europea”, che si svolgerà domani, 4 novembre 2009, dalle 10 alle 12 nella Sala Polivalente della Regione Emilia – Romagna (Viale Aldo Moro, 50, Bologna).
I ragazzi che hanno partecipato al progetto presenteranno i loro lavori realizzati nell’ambito dei laboratori: un video, delle cartoline e alcune scritture creative.
Al progetto hanno partecipato la Scuola Media “G. Galilei” di Sasso Marconi, l’Istituto Alberghiero “B. Scappi” di Castel S. Pietro Terme e l’IsArt di Bologna.
Il progetto è stato realizzato con la compartecipazione e il contributo dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e in collaborazione con la Fondazione “Anne Frank” di Amsterdam.
La partecipazione è gratuita, è gradita l’iscrizione all’indirizzo: progetti@africaemediterraneo.it.
Qui sotto il programma dell’evento: