20 luglio 2009

Walid Raad in mostra a Como

Siamo capaci di far piovere ma nessuno ce l’ha mai chiesto: questo è il titolo della XV edizione del Corso Superiore di Arti Visive promosso dalla fondazione Ratti fino al 22 luglio (Como).

Oltre ai workshop e alle conferenze, la fondazione promuove diverse mostre fa cui segnaliamo, dal 2 luglio al 30 agosto, la prima personale di Walid Raad dal titolo Scratching on Things I Could Disavow: A History of Art in the Arab World, Part I _ Volume 1 _ Chapter 1: Beirut (1992-2005).
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20 luglio 2009

“Esperienze_donne”, laboratori interculturali e inclusione sociale nella Provincia di Bologna

Pubblichiamo il report Esperienze_donne realizzato da Lai-momo nell’ambito del progetto Intercultura ad Ovest, nella Provincia di Bologna, nei comuni di Anzola dell’Emilia, Calderara di Reno, Crevalcore, Sala Bolognese, San Giovanni in Persiceto e Sant’Agata Bolognese.

Obiettivo del progetto è stato quello di proporre un modello innovativo di lavoro di rete sul tema dell’inclusione sociale della popolazione immigrata, in questo caso femminile. Le materie principali affrontate dai corsi sono state la scrittura creativa, l’auto-narrazione, l’espressione artistica sul corpo femminile, l’orientamento socio-linguistico e i corsi di italiano.

Potete leggere il rapporto direttamente online qui sotto, oppure scaricare il Pdf qui.

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17 luglio 2009

Nulu e Baga, arte, patrimonializzazione e e prospettive turistiche

in: Turismo

Familia

Presentazione dell’articolo “Arte, patrimonializzazione e prospettive turistiche: il caso delle popolazioni Nalu della Guinea” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo.

I Nalu e i Baga, sono noti, sin dall’epoca coloniale, per la produzione di sculture impressionanti, caratterizzate da forme complesse e monumentali e da una ricca policromia.

Questi due gruppi sociali, stanziati lungo il litorale guineense, utilizzavano tali oggetti nel corso di pratiche di culto e rituali specifici quali i riti di passaggio, come le iniziazioni a società segrete, o ancora, in occasione di cerimonie commemorative e festività a cui partecipavano tutti i membri della comunità.

Dal XIX secolo in poi, esploratori, amministratori coloniali e commercianti hanno collezionato molti di questi oggetti che oggigiorno troviamo nei musei. Il problema che dovrebbero porsi i professionisti museali, gli addetti al turismo e alla conservazione del patrimonio culturale, è che questi oggetti inalienabili, una volta estratti dal loro contesto naturale, diventano per certi versi estranei al popolo che li ha prodotti.
La ricerca in questo ambito si rivela tanto più urgente poiché i Nalu e i loro vicini Baga, per motivi religiosi, politici e sociali, hanno abbandonato i loro antichi rituali e il supporto materiale costituito dalle sculture.

In quanto depositari della tradizione della società, gli anziani si occupano ancora di tramandarne la memoria e talvolta l’uso. Essi giocano quindi un ruolo cruciale nella trasmissione alle giovani generazioni e le loro testimonianze costituiscono una fonte insostituibile di informazione sul senso e il significato degli oggetti sia rituali che ordinari.

Un altro ruolo determinante all’interno della società nalu è quello delle donne che, oltre a partecipare alla vita economica e sociale dei villaggi, si occupano di manifestazioni culturali specificamente femminili. Tali pratiche, attraverso canti, danze, incantesimi e stati di trance sono tese a rinforzare la memoria sociale del gruppo.

Dal 1960, le maschere tradizionali non intervengono più molto nelle pratiche iniziatiche e i giovani, come accade presso tutti i gruppi etnici del paese, si sono allontanati dalle cerimonie legate ai riti di passaggio e agli oggetti rituali che li caratterizzano. Oggigiorno, i giovani nalu organizzano essenzialmente le danze del Banda, che costituiscono ancora un grande spettacolo nell’ambito di manifestazioni ludiche, feste ed eventi pubblici.

In Guinea Bissau, gli scultori, giovani e vecchi, partecipano attivamente alla promozione dell’artigianato nalu.
Un lavoro sulla memoria, individuale o collettiva, diviene oggi essenziale per poter raccogliere le reminiscenze degli anziani e trasmetterle alle nuove generazioni, nonché al mondo esterno.

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17 luglio 2009

Drop out scolastico, il progetto “Provaci ancora Sam!”

Presentazione dell’articolo “Provaci ancora Sam! Un progetto di contrasto al drop out scolastico” pubblicato sul numero 58 di Africa e Mediterraneo.

Il drop out scolastico è un fenomeno pluridimensionale che va oltre il contesto scolastico stesso. La dimensione culturale e relazionale occupano un ruolo importante, le cause del abbandono riguardano sia la scuola, ma anche i “luoghi di vita” e la socialità dell’adolescente. Prevenzione e recupero sono azioni possibili solo quando questi i due mondi si avvicinano.

L’articolo esamina la storia e il caso del progetto “Provaci ancora Sam!”, laboratorio extrascolastico nato nel 1989 a Torino, rivolto ai pluribocciati che devono affrontare l’esame di terza media. Se in principio ad usufruire del progetto erano quasi esclusivamente ragazzi italiani, nel corso degli anni la percentuale si è invertita a favore degli stranieri, generando una prospettiva interculturale.

Il fattore che determina il successo del laboratorio è soprattutto la capacità di garantire “continuità” su tre livelli: continuità scuola-extrascuola, continuità formativa, continuità relazionale.
Oltre ad esaminare gli elementi teorici della sperimentazione, l’articolo offre la testimonianza di un rapporto educatore/studenti.
Obiettivo del progetto, oggi riconosciuto dal ministero dell’Istruzione, è quello di diventare un’organizzazione complementare alla scuola, istituzionalmente riconosciuta.

Link: Provaci ancora Sam!, il sito del progetto.

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16 luglio 2009

L’UNESCO e l’isola di Gorée, diaspora senza memoria collettiva

in: Turismo

gore-senegalPresentazione dell’articolo “L’isola di Gorée, patrimonio mondiale dell’UNESCO: le contraddizioni memoriali di un sito riconosciuto e abitato” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo.

L ’isola di Gorée (Senegal), dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, costituisce un sito turistico di notevole interesse in quanto rappresenta un simbolo e un riferimento identitario strettamente legato sia ai suoi visitatori occidentali sia agli “Africani della Diaspora”. Tuttavia, oltre ad essere un luogo della memoria, Gorée è uno spazio abitato e, in virtù di tale duplice identità, costituisce l’oggetto di usi e rappresentazioni estremamente diversi. Inoltre, la popolazione locale si caratterizza per la sua costante ricomposizione, un fenomeno strettamente legato all’attrattiva turistica che il sito genera a partire dagli anni 80 del secolo scorso.

Le politiche culturali, locali e internazionali si sono interrogate troppo poco rispetto al duplice valore di questo patrimonio dell’umanità che, di fatto, si rivolge ai visitatori stranieri. Ne consegue che la popolazione dell’Isola di Gorée non ha costruito una “memoria collettiva” attorno a questo sito e ancor meno si è ancorata al ricordo di una schiavitù fortemente mediatizzata, commemorata dai turisti, dallo Stato e dall’UNESCO.

Gli studi e le ricerche condotte in Senegal mostrano che tale assenza di identificazione e di memoria collettiva locale in relazione alla tratta degli schiavi non concerne solo la popolazione dell’isola, ma anche quella di Dakar, quindi del Paese nel suo complesso. Gorée, a livello locale, rappresenta una vecchia città coloniale divenuta meta turistica, dove si va per piacere, solitamente durante il periodo estivo, a godere della tranquillità delle spiagge. Il ricordo della tratta schiavista resta qualcosa di molto teorico: il periodo storico che evoca ha radici troppo lontane per poter ravvivare qualunque tipo di investimento locale.

La società senegalese, infatti, non si è strutturata a partire dalle conseguenze socio-politiche della tratta atlantica, contrariamente a quanto si è verificato per le comunità sorte dalla schiavitù delle piantagioni, ma si è costituita principalmente at- torno all’evento storico della colonizzazione. Inoltre, la valorizzazione di tale passato non può essere il frutto di una rivendicazione locale comu- ne, in quanto non è compreso in un più ampio patrimonio culturale transgenerazionale: solo i membri delle antiche famiglie meticce dell’isola possono essere portatori di questa memoria collettiva. Il problema è che le famiglie in questione, designate dall’amministrazione come “antica anima di Gorée”, non contribuiscono all’elaborazione di una memoria locale della storia dell’isola poiché non vi abitano più.

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15 luglio 2009

“Turismo e patrimonio culturale”, è uscito il nuovo numero di Africa e Mediterraneo

in: Turismo

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The new issue of Africa e Mediterraneo is available: Click here for English version

Che cosa si può definire patrimonio in culture altre da quella europea occidentale, l’unica ad aver elaborato la nozione universalistica di “patrimonio culturale”? Si potrebbero identificare in “patrimonio” i luoghi della memoria, i monumenti, le architetture, le feste, i segni, le immagini, insomma oggetti certamente rappresentativi, ma di quale storia?

Ed ecco il primo punto sul quale questo dossier curato da Giovanna Parodi da Passano e da Alessandra Brivio intende indagare: il significato stesso di patrimonio in contesti che non siano occidentali.

Il tema della costruzione del patrimonio (artistico, paesaggistico, umano) e dei processi che tale costruzione mette in gioco, è centrale all’interno del pensiero critico contemporaneo degli studi culturali ed è strettamente legato a quello del turismo.
E il tema del turismo rappresenta il secondo punto attorno al quale si sviluppano i contributi di questo dossier.
Il turismo, infatti, così come in genere si sviluppa nei paesi del Sud del mondo, non è soltanto l’incontro di individui appartenenti a differenti comunità e dei loro rispettivi desideri, scopi e pratiche, ma è anche, inevitabilmente, le nuove forme culturali e le scelte che scaturiscono da questi incontri.

Gli autori invitati a collaborare a questa pubblicazione non hanno trascurato nei loro scritti il ruolo della negoziazione delle identità all’interno delle dinamiche di appropriazione e di riappropriazione culturale.
Presi nell’insieme i contributi, pur partendo da angolature diverse, sono ampiamente riusciti a raggiungere il duplice obiettivo individuato in partenza, ovvero di focalizzare la ricerca sui processi di patrimonializzazione e sulle molteplici declinazioni dell’autenticità.

La rivista è acquistabile on-line su Laimomo.it.

E’ possibile leggere l’introduzione alla rivista in Pdf qui sotto, oppure in html qui.

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14 luglio 2009

Le parole di Obama in Ghana, c’è chi le aveva già dette

Tanto per cominciare, ha detto che nelle sue vene scorre sangue africano, e che in lui si uniscono la tragedia e la vittoria dell’Africa. La tragedia appartiene soprattutto al nonno, un keniano che lavorava come “boy” per i colonialisti britannici, e che fu imprigionato perché lottava contro il colonialismo. Ha precisato che non era un grande eroe (“era nella periferia della lotta di liberazione del Kenya”), per dire che era un uomo comune che faceva la sua parte. Un primo messaggio.

Nella vita di suo nonno, ha continuato, “il colonialismo non è stato solo la creazione di un confine innaturale o condizioni ingiuste per il commercio, è stato qualcosa di sperimentato personalmente, giorno dopo giorno, anno dopo anno.” Il che equivale a dire: so di cosa parlo.
E anche la storia di suo padre, da pastore in un villaggio a studente in una università americana, è emblematica di un momento di grandi speranze per l’Africa.

Insomma, a Barack appartiene la vittoria, ma anche la tragedia, perché ha vinto risalendo da una situazione personale e famigliare estremamente sfavorevole, in una epopea entusiasmante che tutti conosciamo.

Dopo questo inizio, azzeccatissimo per tagliare le gambe a ogni contestazione, ha pronunciato una serie di constatazioni chiare e coraggiose, che il discorso terzomondista non si azzarda mai a fare emergere.

Le parole di Obama sono state accolte come incredibilmente nuove, ma io le avevo già sentite tante volte. Le hanno dette Soni Labou Tansi, Ahmadou Kourouma, Nuruddin Farah, Ken Saro-Wiwa, Wole Soyinka nei loro romanzi e racconti pubblicate soprattutto negli anni 80. Le hanno scritte chiaramente, senza nessun distinguo o premessa o captatio benevolentiae. Africani che parlavano agli Africani e denunciavano che la responsabilità dei mali presenti dei loro paesi era degli Africani che avevano potere (un qualsiasi straccio di potere: politico, poliziesco, economico…) e lo usavano per il loro vantaggio invece che per quello del popolo.

Ma incredibilmente questo punto di vista non è mai passato nel discorso corrente sulla situazione del continente africano. E questo ha avuto conseguenze gravissime nella presa di responsabilità concreta da parte delle élite africana.
Adesso che è uscito dalla bocca di Obama, forse le cose cambieranno… Intanto, appaiono improvvisamente decrepite le star degli aiuti Bob Geldof e Bono Vox.

Faccio qui solo un elenco dei concetti espressi da Obama, come promemoria.
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14 luglio 2009

Il Mozambico patrimonio dell’umanità, i problemi della valorizzazione turistica

in: Turismo

Giardino della memoria a ricordo della schiavitù. Foto di Elisa Magnani

Giardino della memoria a ricordo della schiavitù. Foto di Elisa Magnani

Presentazione dell’articolo “Patrimonializzazione e processo di valorizzazione turistica nell’Africa contemporanea” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo a firma di Maria Ângela Penicela Nhambiu Kane, di nazionalità mozambichiana, docente di Antropologia dello sviluppo e e della trasformazione sociale presso l’Università del Sussex.

Il Mozambico, dopo pochi anni dalla sua costituzione, ha ratificato la Convenzione per la Protezione del Patrimonio culturale e naturale, rendendosi eleggibile ad ospitare beni culturali e naturali classificati come patrimonio dell’umanità.

Nel 1991, l’Isola di Mozambico diventa quindi “Sito patrimonio dell’umanità”, portando così il governo mozambicano a impegnarsi, sia a livello centrale che locale, nell’elaborazione di strumenti legali e tecnici, frutto del lavoro multidisciplinare nazionale e internazionale, volti a creare le condizioni necessarie alla riabilitazione dell’Isola nel suo complesso.

L’inclusione dell’Isola di Mozambico nella lista del Patrimonio mondiale è dovuta al fatto di riconoscere l’Isola come patrimonio di tutti e non solo dei Mozambicani. Infatti, benché territorialmente mozambicana, essa costituisce un esempio chiaro e vivo dell’idea di patrimonio come costruzione permanente, in evoluzione e creata attraverso l’incontro tra culture diverse e concatenate, che le conferiscono una propria peculiare identità insita nella memoria e nel presente dei suoi abitanti.
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13 luglio 2009

Fumetto africano in mostra ad Algeri

in: Fumetto

La copertina del fumetto Aficavi

La copertina del fumetto Aficavi

All’interno del secondo Festival Panafricano che si tiene ad Algeri sino 20 luglio è stata realizzata una grande esposizione consacrata al fumetto africano. Inaugurata dal ministro della Cultura Khalida Toumi, obiettivo dell’esposizione è quello di “fare conoscere il fumetto africano, incoraggiare i giovani talenti a costituire uno spazio di scambio tra i fumettisti del continente africano”, riferisce l’agenzia di stampa algerina APS.

Duecentotrentacinque sono le tavole esposte, realizzate da artisti venuti da 18 paesi. Tra loro anche i fratelli togolesi Accoh Anani e Accoh Mensah (vincitori nel 2005 del premio “Premio Africa e Mediterraneo” per il “miglior fumetto inedito di autore africano 2005-2006” nella sezione “Fumetto creativo a soggetto libero”) che hanno ripreso i racconti e leggende africani in “ewe”, la lingua locale tongolese, e hanno presentato l’album Africavi, pubblicato dalla cooperativa Lai-momo nel 2008 all’interno della collana Africa Comics Collection.

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10 luglio 2009

Obama va in Africa

Oggi Obama va in Africa. Io sono nel gruppo di quelli che ancora si entusiamano per lui, insomma non mi ha ancora deluso. Se devo dire la verità, in questi giorni ha fatto un po’ troppi sorrisi al padrone di casa del G8. Ma bisogna sempre pensare a chi c’era prima, e a cosa ha combinato.

Quindi, mi sembra bello godermi la prima visita in Africa di un Presidente di origine africana (Obama è un americano di origine immigrata di seconda generazione! Se Maroni ci pensa un attimo su, lo espelle).

Segnalo due articoli interessanti. Uno di Giovanni Carbone sul nuovo ottimo sito di informazioni sull’Africa, Afronline. Carbone si chiede perché Obama abbia scelto il Ghana, che non ha petrolio e demograficamente non è molto importante. Si risponde che praticamente, dovendo avere un partner simbolico dal punto di vista della rispettabilità democratica e del rilancio economico, non c’era molta scelta. Le elezioni presidenziali di dicembre 2008 si sono svolte democraticamente: dopo due mandati, John Kufuor ha deciso di rispettare la Costituzione e di ritirarsi. Il candidato dell’opposizione, John Atta Mills, ha vinto per pochi voti, e il partito al governo ha riconosciuto questa vittoria. Una situazione che in Africa è rara, basti pensare a quanto successo alle ultime elezioni in Zimbabwe e in Kenya.

Un altro articolo che fa il punto sulla visita lo si trova su Nigrizia. Loro mettono in evidenza un altro motivo secondo me importante nel determinare la scelta del Ghana. E’ un paese simbolo della tratta degli schiavi e la diaspora africana residente negli Stati Uniti lo ha recentemente scoperto come luogo per il cosiddetto “turismo delle origini”.

Tanto che nel 2006 hanno rinominato il ministero del turismo “Ministry of Tourism and Diaspora Relations” e nei depliant turistici, oltre alle bellezze naturali e alla “cultura tradizionale”, si nomina sempre la “tratta negriera”. Obama visiterà Cape Coast, antica capitale e scalo delle navi schiaviste, da dove migliaia di africani sono stati portati nelle Americhe.

Nel nostro ultimo numero 65-66 su Africa: turismo e patrimonio c’è un interessante articolo di Gaia Delpino dal titolo “Il turismo delle origini. Esperienze di incontro con la diaspora nera in Ghana”.

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