23 giugno 2009

I problemi del turismo in Africa, alternative al declino

in: Turismo

Mali, dintorni di Segou: il capovillaggio. Foto di Iginio Scharaffl

Mali, dintorni di Segou: il capovillaggio. Foto di Iginio Scharaffl

Presentazione dell’articolo “Africa: turismo in declino?” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo a firma di Igino Schraffl, docente di Public Choice presso l’università Lumsa di Roma e Palermo; senior expert volentario delle Nazioni Unite, attualmente impegnato in una missione consultiva presso il Ministero del Turismo del Mali.

Nell’arco dei prossimi dieci anni il turismo in Africa non è destinato a crescere, come è stato erroneamente detto a più riprese. Molte analisi condotte in passato, infatti, spesso basate su grossolane estrapolazioni demoscopiche, hanno portato ad una conclusione ottimista che invece oggi si è rivelata sbagliata. Non solo quelle analisi non tenevano conto della qualità della spesa, ma nemmeno del cruciale fenomeno dell’avvenuto ricambio generazionale: il tramonto della fascia dei baby boomers e l’arrivo della X-generation. La realtà è che la curva del turismo in Africa evidenzia una discesa costante dal 1970 al 2020.

Lo studio delle caratteristiche del mercato costituito dalla X-generation, fondamentalmente diverso da quello dei baby boomers, è essenziale per non vanificare investimenti impegnativi per lo sviluppo turistico in paesi dove spesso il PIL è decrescente.

L’articolo, usando come riferimento il modello diagnostico del ciclo di vita, avanza due alternative: puntare su una tipologia di turisti a bassa propensione di spesa, standardizzando al massimo l’offerta; oppure puntare sul turismo di élite e prodotti ad alto prezzo. Entrambe le soluzioni, per quanto opposte, necessitano di sostanziosi investimenti: nel primo caso aumentando la capacità di trasporto e quella ricettiva, nel secondo migliorando sensibilmente la qualità delle strutture e servizi. Ma sono proprio i finanziamenti che in questo momento fanno difetto all’Africa. Probabilmente sarà necessario mantenere almeno una quota di quel turismo marginale che è rappresentato dal turismo naturale e culturale, anche se fortemente in riduzione. Anche quest’ultimo orientamento, però, richiede sforzi tanto per quanto riguarda la sostenibilità, che la gestione professionale delle attrattive.

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22 giugno 2009

Il turismo delle origini in Ghana

in: Turismo

Presentazione dell’articolo “Il turismo delle origini, esperienze di incontro con la diaspora nera in Ghana” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo a firma di Gaia Delpino.

Il forte Gross Friedrichsburg in un'illustrazione

Forte Gross Friedrichsburg

Il turismo svolge un ruolo di grande importanza per l’economia del Ghana. L’anno scorso ha contribuito per quasi il 10% allo sviluppo economico del paese e per il prossimo decennio si prevede una crescita del 5% annuo. Se in passato il centro dell’economia turistica ruotava intorno alle attrazioni naturali e culturali, a partire dagli anni ’90 il governo ha cominciato ad interessarsi anche al “turismo di ritorno” o “delle origini”. Questa nuova prospettiva è stata favorita dall’emergere negli Stati Uniti, alla fine degli anni ’80, di una classe media afroamericana desiderosa di conoscere le terre da cui potevano essere giunti i propri avi.

L’articolo si concentra sul caso di Prince’s Town, un centro dell’Ahanta West Distric della Western Region del Ghana dove l’autrice dell’articolo ha condotto diverse ricerche etnografiche. Il luogo è noto per via del forte Gross Friedrichsburg costruito dai brandeburghesi nel 1683 e, oggi, tradizionale meta turistica per i tedeschi in vacanza in Ghana. Nel 2007, però, un primo gruppo di afroamericani si presenta a Prince Town spiegando alla comunità locale di aver ragione di credere che quello era il luogo da cui i propri antenati erano stati deportati. La sovrapposizione del turismo culturale dei tedeschi, con quello delle origini degli afroamericani ha creato effetti sulla rielaborazione della memoria da parte della popolazione locale.

Dalle ricerche condotte nel 2008 emerge come il forte Gross Friedrichsburg abbia smesso di essere soltanto e principalmente testimonianza del rapporto fra ghanesi e brandeburghesi, ma anche e soprattutto sia diventato il monumento che ricorda la tratta atlantica e la partenza degli schiavi per le Americhe. L’articolo approfondisce questo mutamento rapportandolo anche con i fattori economici da cui è, inevitabilmente, interessato.

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21 giugno 2009

Durban International Film Festival 2009

Segnaliamo volentieri la trentesima edizione del Durban International Film Festival. Il festival si terrà a Durban, per l’appunto, dal 23 luglio al 3 agosto.

La manifestazione aprirà con My Secret Sky (Izulu Lami) di Madoda Ncayiyana, film girato a Durban e già premiato ai festival di Tarifa e Cannes.

Gli organizzatori hanno annunciato una forte presenta di pellicole sudafricane e africane, ma ancora non è stato presentato il programma. Il festival è promosso dal Center for Creative Arts dell’università di KwaZulu-Natal.

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19 giugno 2009

Africa e Mediterraneo al Campus Euroafricano di Maputo sulla cooperazione culturale

English version here: Africa e Mediterraneo will particiate at the first Euroafrican Campus for Cultural Cooperation in Maputo, Mozambique.

Dal 22 al 26 giugno saremo a Maputo, in Mozambico, per partecipare al prossimo Campus Euroafricano sulla Cooperazione Culturale dove condurremo un workshop sull’educazione formale e non formale dal titolo: “Culture and education”.

Il workshop avrà come obiettivo generale quello di approfondire alcune tematiche chiave in campo educativo-culturale come il ruolo dello sviluppo artistico in campo educativo e le strategie di formazione degli insegnanti e dei docenti. Saranno infine presentati alcuni programmi educativi messi in campo da organizzazioni culturali sia in Africa che in Europa.

Il Campus è un meeting organizzato da Interarts Foudation e l’Osservatorio delle politiche Culturali in Africa (OCPA). Il Campus sarà un’importante occasione di incontro tra tutti gli operatori culturali africani ed europei e ha come obiettivo quello di creare concreti momenti di incontro per poter riflettere, scambiare conoscenze ed esperienze, e per poter discutere su possibili iniziative nel campo della cooperazione culturale, in un’ottica che vede la cultura come un importante strumento di sviluppo sostenibile e di salvaguardia dei diritti umani.

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18 giugno 2009

Lo zambia e il turismo etnico, identità in divenire

in: Turismo

Presentazione dell’articolo “Ethnic-tourism as oppurtunity for cultural heritage conservation and promotion of local identities” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo a firma di George S. Mudenda, antropologo, direttore del Lusaka National Museum.

Con 73 gruppi etnici distinti per lingua, tradizioni e costumi, lo Zambia è un paese che si distingue per multiculturalismo. Fra le attività culturali di questi gruppi, qui interessano le cerimonie tradizionali per via del notevolissimo processo di recupero avvenuto negli ultimi 15 anni. Se prima degli anni ’90, infatti, le cerimonie rinomate erano quattro (quella dei Kuomboka dei Lozi dell’oves, Mutomboko dei Lunda, Shimunenga degli Ila, il Likumbi lya Mize dei Luvale) oggi se ne contano circa 65.
L’articolo discute ragioni ed effetti di questa rinascita analizzandone opportunità e sfide. Il turismo etnico viene discusso sia come strumento di preservazione dell’identità locale che di marketing. Ampio spazio viene dedicato alla questione di questa forma di turismo come fattore di omogeneizzazione culturale e come spinta di cambiamento del contesto socio-economico. Un’ultima analisi viene fatta sul rapporto fra patrimonio culturale ed etnicità, categoria quest’ultima che non può essere considerata statica, ma derivata da un processo di reinvenzione costante ad opera delle generazioni presenti. In questo senso si può parlare di “invenzione” dell’etnicità.

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14 giugno 2009

In viaggio con Hector

in: Fumetto

Hector Sonon con la redazione

Hector Sonon con la redazione

Dal 18 al 29 maggio è stato qui con noi Hector Sonon, fumettista del Bénin. E’ venuto per fare degli incontri nelle scuole del Piemonte e a Bologna e per inaugurare la mostra a Vercelli, e tra una tappa e l’altra ha dormito da noi. Abbiamo portato insieme la mostra Africa comics da Bologna a Vercelli, facendo un viaggio massacrante su una multipla con il condizionatore rotto e 36 gradi fuori.

“On s’est bien cuits dans la voiture”, ha commentato Hector scendendo stremato dalla macchina, però abbiamo avuto più di tre ore per chiacchierare della condizione dei fumettisti, di politica africana, della “democrazia” italiana. Si divertiva da matti a farsi raccontare le vicende di Berlusconi con le veline, così come i provvedimenti e i discorsi populisti e razzisti dei ministri italiani. In realtà sapeva già quasi tutto, ma era interessato a sentire il punto di vista di un’italiana depressa e non tanto rassegnata

E’ stato interessante conoscere lui e il suo percorso d’artista. Ha cominciato come autodidatta a disegnare. Fin da piccolo la sua passione erano i fumetti: in particolare Tex Willer in edizione francese. Poi, deciso a impegnarsi come fumettista e vignettista, e preso da un giovanile eroismo, a 17 anni è andato in Togo, un paese governato dalla dittatura, per lavorare nei giornali. Come tanti vignettisti africani, lavorava in incognito, per i suoi compagni di stanza era uno studente come gli altri, ma di nascosto lavorava per i giornali. E’ stato lì tre anni poi è tornato in Bénin.

E così ha continuato nella sua carriera professionale, facendo grafica, fumetto e caricatura, libri per l’infanzia. Nel 2008 ha vinto la quarta edizione del nostro Premio Africa e Mediterraneo, con una poetica storia sul Darfur.

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14 giugno 2009

Alessandro Jalal Manzoni, l’integrazione che funziona

La commedia di fine anno scolastico (5° elementare) di mio figlio Iginio era “Questo matrimonio non s’ha da fare”, una trasposizione comica e musicale dei Promessi Sposi pensata e diretta dalla maestra Tina Fiorita.

La voce narrante Alessandro Manzoni, il nostro Scrittore Nazionale nonché principale esponente del Romanticismo italiano nonché padre della lingua italiana nonché protagonista di una esemplare conversione al Cattolicesimo, era interpretato da Jalal, un bimbo marocchino, alto, magro ed elegantissimo in un completo nero con ottocentesco collo di pizzo.

Ho letto su Metropoli che quella italiana è la società più razzista d’Europa, secondo una ricerca di Europolis. Che i casi di discriminazione, di veri e propri insulti razzisti nelle nostre scuole si stanno intensificando. Io nella scuola dei miei figli ho sempre visto una buona integrazione dei bimbi di origine straniera. La naturalezza e sincera amicizia con cui ho visto rapportarsi i bimbi italiani con quelli stranieri, i miei figli con quelli delle signore etiopi, marocchine o rumene con cui chiacchiero del più e del meno fuori da scuola, non può che essere il riflesso di un’apertura che i ragazzi respirano dagli insegnanti, da una scuola ancora forte e strutturata, dove gli insegnanti prendono sul serio il loro lavoro. Certo, ogni tanto arriva qualche frase strana, probabilmente sentita in casa, “Federico ha detto che i tunisini sono tutti delinquenti”, ma non passa allo strato profondo, non cambia le cose nella quotidianità.

Jalal Manzoni è un simbolo della scuola aperta e accogliente che i maestri – e i bidelli! -costruiscono ogni giorno, una scuola in cui ognuno ha un ruolo, ognuno può essere protagonista, e non contano le differenze, nemmeno, bisogna dirlo, nel caso dei bimbi portatori di handicap. Tutti hanno partecipato a questi Promessi Sposi, e si sono dovuti impegnare, facendosi travolgere da quel vulcano di idee e impegno che è la maestra Tina, ritrovandosi in un divertente ma anche faticoso vortice di audizioni teatrali, balletti, canzoni, prove costumi… E tutti si sono alla fine goduti gli applausi.

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10 giugno 2009

L'arte a Capo Verde

Patrick Monteiro, Senza titolo
Presentazione dell’articolo “Arte a Capo Verde, un caleidoscopio di stili e di influssi” pubblicato sul numero 49 di Africa e Mediterraneo a firma di Igino Schraffl.

Se della musica e letteratura capoverdiana si parla e ci si può documentare con facilità, lo stesso non si può dire per quanto riguarda l’arte che si produce nell’arcipelago. L’assenza di scuole d’arti ufficiali, la discontinuità territoriale e la mancanza di luoghi deputati, infatti, non hanno mai permesso l’affermarsi di una tradizione artistica consolidata. In questo quadro e in condizioni di relativo isolamento operano alcune personalità della pittura e della scultura di rilievo. Quasi tutti gli artisti sono il più delle volte di rientro dalle accademie europee, e spesso dall’arte europea sono influenzati in maniera maggiore che dalle radici dell’arte africana. Questa situazione si pone come un dilemma identitario che produce un’estetica che oscilla fra il nomadismo artistico e una più marcata tendenza a seguire alcuni stereotipi dell’arte europea.
L’articolo introduce un’esauriente carrellata dei principali artisti di Capo Verde.

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02 giugno 2009

UNESCO e pigmei aka, la difficoltà di tutelare una tradizione

in: Turismo

pigmei akaPresentazione dell’articolo “I canti polifonici dei pigmei aka: patrimonio immateriale dell’umanità” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo a firma di Maria Chiara Caccia.

Sono passati sei anni da quando la Repubblica Centroafricana festeggiava il riconoscimento delle tradizioni orali dei pigmei aka come patrimonio culturale mondiale. Tale riconoscimento sancito dall’UNESCO nel 2003 è stato motivato dal rischio di sparizione di questa cultura, minacciata dalla deforestazione, l’esodo rurale, dalla folklorizzazione del patrimonio a fini turistici. E’ sulle insidie di questo ultimo punto che l’articolo si sofferma per discutere criticamente effetti e limiti della politica operata dall’agenzia delle Nazioni Unite. Gli aka, infatti, sono custodi di una tradizione di canti polifonici che ha suscitato la curiosità dell’industria del turismo.
All’interno della cornice fornita dall’UNESCO, la Repubblica Centrafricana si è attivata per definire e difendere il patrimonio aka lavorando su due direzioni. Da un lato l’istituzione di un museo dove al quale gli aka collaborano attivamente, ma che prevede danze e canti nuovamente a beneficio dei turisti, e dall’altro un sistema contro lo sfruttamento delle tradizioni orali dei pigmei basato su una tassazione. In sostanza è stato vietato di introdursi nei accampamenti dei pigmei, ma è possibile richiedere dei lasciapassare al “Comitato per la salvaguardia delle tradizioni orali aka”, anche questo aperto alla collaborazione degli aka. Ad ogni tipo di visita (semplice, con possibilità di fare foto, scientifica, con possibilità di assistere alla danza) corrisponde una tassa. In questo contesto l’equilibrio fra promozione culturale e difesa dell’identità è diventato difficile. Il rischio analizzato dall’articolo è che gli obiettivi posti dall’UNESCO non vengano realizzati e che si ottengano invece risultati opposti. Nel tentativo di salvare gli aka da una globalizzazione culturale il timore è che siano gli stessi beneficiari del progetto a commercializzare la propria cultura.

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01 giugno 2009

L'”heritage” e l'”heritage tourism”, fra autenticità ed interpretazione

in: Turismo

logo-patrimonio-originalePresentazione dell’articolo “Heritage, turismo, autenticità” pubblicato sul numero 65-66 di Africa e Mediterraneo a firma di Silvia Barberini, docente di Antropologia Culturale presso l’Università Milano-Bicocca.

Come si definisce l’heritage e come la sua tutela si declina nel turismo? All’interno del dibattito attuale heritage indica un bene ereditario, pubblico, connotato da un’idea di possesso. Soprattutto, poi, è centrale il processo di selezione del passato che esso comporta (non tutto il passato è considerato, infatti, eredità da valorizzare, ma solo quegli elementi a cui un gruppo o una società attribuiscono un valore in funzione dei valori attuali). Il passato trasmesso ed ereditato è oggetto di un costante processo di re-interpretazione e re-iscrizione nel presente che, lungi dall’essere esente da conflitti, anche violenti, va a definire aspetti fondamentali quali l’origine e l’identità di una società.
La tutela di questi patrimoni culturali non è solo fine a stessa, ma anche in funzione di un uso turistico dell’heritage, da cui questa forma particolare di turismo culturale che è l’heritage tourism. L’articolo affronta nel dettaglio la questione dello sguardo del visitatore e del problema dell’autenticità. Non potendo ricorrere al concetto di autenticità oggettiva della concezione museale, i siti dichiarati patrimonio culturale si definiscono all’interno di una autenticità relativa, negoziabile, i cui significati sono direttamente connessi alla pratica sociale. Il turista non è interessato di un autenticità degli oggetti visitati, ma in se stesso.

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